06 Aprile Festa delle Rune

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    06 Aprile Festa delle Rune
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    Il 6 Aprile cade la Festa delle Rune questa festa è stata dedicata al mito di Odino e delle Rune.


    Le rune (dal nordico antico runar, “scrittura segreta”) sono i 24 caratteri grafici particolari del mondo germanico. Raggiunsero la massima diffusione tra il 400 e il 1100, poi cedettero...


    Le rune (dal nordico antico runar, “scrittura segreta”) sono i 24 caratteri grafici particolari del mondo germanico. Raggiunsero la massima diffusione tra il 400 e il 1100, poi cedettero all’avanzata del cristianesimo e dei caratteri latini. Gli ultimi a usarle, molto modificate e sino alla fine dell’Ottocento, furono gli abitanti di un piccolo villaggio svedese.
    Le iscrizioni runiche più antiche (100 a. C. - 200 d. C.) dovevano probabilmente essere su legno, perché non ne resta documentazione. I primi documenti runici databili (circa IV secolo d. C.) provengono dalle regioni meridionali scandinave e sono iscrizioni su armi, ornamenti e altri oggetti.
    A differenza dell’alfabeto greco e latino, che prendono il nome dalle prime due lettere, alfa e beta, ‘a’ e ‘b’, la serie delle rune germaniche è chiamata “futhark” dai primi sei dei 24 segni (che si associano a gruppi di otto: f, u, th, a, r, k, g, w - h, n, i, j, p, e, r, s - t, b, e, m, l, ng, d, o).

    Ma deriva dal latino. Ogni runa può avere valore ideografico, cioè rappresenta anche un concetto. Per esempio, la runa ‘m’ significa uomo. Infatti, in gotico, tedesco e inglese la parola uomo inizia con la lettera ‘m’: “manna”, “mann”, “man”. L’origine delle rune non è ancora certa. In passato fu messa in relazione con l’alfabeto greco (che ha 24 segni), ma questa possibilità è stata poi scartata. Più accreditata è l’origine latina.

    Esistono varie sfumature della Leggenda (che più o meno è sempre la stessa) di come Odino ottenne le rune...
    Quella che riporto qui è la più diffusa e se non erro è tratta dal poema di "Edda"

    Se letta con attenzione ci si accorge del grande significato che ha questa "poesia" o questo "racconto", quindi non leggetela di fretta, o vi risuleterà banale.

    So che restai appeso ad un albero
    sferzato dal vento per nove notti intere,
    ferito da una lancia e consacrato agli Dei
    offerto da me stesso a me stesso.

    I più sapienti non sanno dove nascono
    le radici di quest’albero antico.
    Non mi confortarono con il pane,
    né mi porsero il corno per bere.

    Guardai verso il basso,
    afferrai le Rune,
    gridando le afferrai;
    caddi dall'albero.

    Appresi nove canti di potere
    dal figlio famoso di Baldur,
    padre di Bestla,
    ed ebbi un sorso del prezioso idromele
    misto con magico Odrerir.

    Poi diventai dotto, sapiente,
    crebbi e prosperai:
    parola da parola mi diedero parole;
    azione da azione mi diedero azioni.




    Nella prima strofa Odino è consapevole del sacrificio che fa per se sesso e per tutti gli uomini, non è una cosa decisa così alla cieca.
    Nella seconda strofa Odino attende e comincia a distrarsi, ad essere confuso, a non capire più le sue radici e i perchè(le radici dell'albero a cui è appeso)
    Nella Terza strofa Odino trova ricompensa ai suoi sacrifici, Trova le Rune, trova la conoscenza
    Nella Quarta strofa comincia a rendersi conto e a sperimentare la conoscenza che ha acquisito, scopre il novo potere trovato
    Nell'ultima Strofa Odino è completamente sapiente, diventa maestro ed è più forte di prima.

    Credi:
    http://it.wikipedia.org/
    www.bethelux.it

    Edited by Black&White - 1/4/2012, 23:39
     
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  2. lilith8
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    wow lo stesso giorno in cui sono nata...un vero onore!
     
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    Antriani Fidelis
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    aggiungo una strofa Black&White (sperando che lo possa fare XD)
    mi piace molto

    "Meglio non chiedere che promettere troppo Perché un dono richiede un dono. Meglio non inviarle Che inviarne troppe
    Il primo in cantesimo che conosco è ignoto ai sovrani o a chiunque del genere umano; aiuto viene chiamato, perché aiuto può dare in tempi di dolore e angoscia.
    Un secondo ne conosco che i figlio degli uomini Devono imparare se desiderano essere cerusici.
    Un terzo conosco: nel folto della battaglia, se il mio bisogno è abbastanza grande, esso spunterà il filo delle spade nemiche, le loro armi non produrranno ferita.
    Un quarto conosco: mi libererà velocemente se i nemici dovessero legarmi stretto con forti catene, un canto
    che libera i piedi dai ceppi, fa aprire i legacci dalle mani.
    Un quinto conosco: nessuna freccia volante Diretta a recare danno agli uomini Vola troppo veloce che le mie dita non possano prenderla E tenerla a mezz’aria.
    Un sesto conosco: Mi salver à se un uomo Intaglierà rune sulle radici di un giovane albero Con l’intento di fare del male; esso muta l’incanto; colui che odia viene danneggiato, non io.
    Se io vedo la sala Avvampare intorno a coloro che sono seduti insieme a me, per quanto calde siano le fiamme essi non sentiranno nulla se io sceglierò di cantare l’incantesimo. (il settimo)
    Un ottavo conosco Di cui tutti sono lieti, sommamente utile all’uomo: se l’odio impiaga il cuore di un guerriero esso in breve lo calma e lo cura.
    Un nono conosco: Quando ho bisogno Di riparare la mia nave dai marosi Il vento esso calma, le onde appiana
    E mette a riposo il mare.
    Un decimo conosco: Se spiriti fastidiosi Corrono sulle travi del tetto Io posso operare così da farli smarrire, Incapaci di trovare le l oro forme, Incapaci di trovare le loro case.
    Un undicesimo conosco: Quando guido in battaglia i vecchi camerati in armi Devo solo cantarlo dietro al mio scudo Ed illesi essi vanno alla guerra, Illesi tornano dalla guerra, Incolumi dovunque siano.
    Un dodicesimo conosco: Se un albero porta (su di sé) Un uomo impiccato al capestro, Io posso incidere e colorare potenti rune Che faranno parlare il cadavere, rispondere a qualunque cosa io chieda.
    Un tredicesimo conosco: Se lancio una tazza di acqua su un guerr iero Egli non cadrà nella più cruda delle battaglia, né affonderà sotto la spada.
    Un quattordicesimo conosco, che pochi conoscono: Se parlo ad una truppa di guerrieri
    Degli Elevati, Elfi e Dei, Posso chiamarli nome per nome. (Pochi può nominarne l’idiota)
    Un quindicesimo conosco, C he per primo Thjodrerir C antò davanti alle porte di Delling D ando potere agli Dei, coraggio agli Elfi, Preveggenza a Hroptatyr Odhinn.
    Un sedicesimo conosco: Se vedo una fanciulla Con cui amerei giocare Posso mutare i suoi pen sieri, toccare il cuore Di qualunque donna dalle bianche braccia.
    Un diciassettesimo conosco: se lo canto la giovane fanciulla sarà lenta ad abbandonarmi.
    Un diciottesimo conosco di cui non ho mai parlato A fanciulla o moglie d’uomo, Un segreto nascondo a tutti Eccetto all’amata che giace tra le mie braccia O altrimenti a mia sorella.
    Per imparare a cantarli, Loddfafnir, Ti ci vorrà molto tempo, Per quanto utili esse siano se le comprendi, Utili se le usi,
    Indispensabili se hai bisogno di loro.
    Il Saggio ha pronunciato parole nella sala Indispensabili agli uomini da conoscere, Inutili per i Troll da conoscere.
    Salute al relatore, Salute al conoscitore, Gioia a colui che ha compreso, Delizia a coloro che hanno udito".
    tratto da Magia Pratica - Il manuale delle bindrunes - la potenza delle rune di Donald Cameron
     
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