L’abbazia di Staffarda

I molti enigmi dell’abbazia di Santa Maria di Staffarda

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    A pochi chilometri da Torino un santuario cistercense apre le porte ai visitatori verso una dimensione incredibile: non vi si scorge un elemento uguale all'altro, ma in compenso permette di viaggiare nel tempo, tra antichissimi simboli, sistemi stellari incisi prima di Copernico e Galileo, caratteri di scritture sconosciute.

    Storia del sito

    Staffarda, frazione di Ravello (CN), è un piccolo centro ad appena quindici chilometri da Torino, posto tra Cavour e Saluzzo.
    L’area dove oggi sorge l’abbazia di Santa Maria di Staffarda era posta, nel periodo di occupazione romana, alla confluenza dell’organizzazione territoriale delle località di Pollentia (Pollenzo), di Forum Vibii (Cavour) e di Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna). Il territorio si caratterizzava per un’economia collegata soprattutto alla caccia, al pascolo, alla pesca e alla coltivazione estensiva per via della presenza di boschi, prati e paludi.

    Nel III secolo d.C. i fondi di età romana sembrano sopravvivere come attesterebbe la persistenza toponomastica dei nuovi insediamenti che sorsero sui resti delle ville romane. Questa fase in particolare risulta segnata dal venir meno del sistema delle ville romane, dagli inizi della colonizzazione del territorio ad opera degli enti ecclesiastici e dall’impatto generato dall’insediarsi delle nuove genti germaniche, il cui stanziamento risulta tuttavia difficile da individuare se non ricercandone la presenza tramite una serie di toponimi individuati come germanici. Tuttavia l’annessione di questi territori al regno longobardo dovrebbe essere datata verso i primi anni del VII secolo. Indicativa in tal senso può essere la menzione degli anni di regno sub rege Adlowa[ldo] (620) presente nella stele funeraria di Onorata. Questa epigrafe sepolcrale venne dissotterrata nel 1811 a Staffarda ad una profondità di tre piedi sotto il pavimento di una stalla. Si tratta di una lastra marmorea di cm. 88 x 58, in cattivo stato di conservazione (ora al Museo di Antichità di Torino). L’iscrizione può essere interpretata come la testimonianza di una possibile struttura religiosa (?) che precedette l’insediamento monastico cistercense.

    Dopo l’anno 1000 iniziano a comparire i primi segni di un rinnovato interesse verso il territorio, e nella zona di Staffarda si assistette ad una ridistribuzione degli insediamenti rurali con la conseguente fondazione di nuove cappelle. In questa fase furono le chiese a giocare un ruolo aggregativo nel costituire attorno a sé nuovi centri abitati. Ed in questo contesto in particolare furono i Marchesi di Saluzzo a promuovere la fondazione del monastero di Santa Maria del bosco di Staffarda. Tale nome è dovuto al fatto che agli inizi del XII secolo la regione di Staffarda si presentava come un’immensa boscaglia: era la grande selva, il nemus Stapharde attorno alla quale nei secoli successivi ruoteranno gli appetiti dei vari poteri locali e regionali. Ad oggi non vi è più traccia del lago, ma all’epoca vi era attestata la presenza di acque, come ricordano le numerose attestazioni di “fonti” e “fontabili”.
    L'abbazia di Staffarda venne peranto fondata nel XII secolo da dei monaci cistercensi, sui resti di una costruzione romana sotto la quale si dovrebbero trovare tracce celtiche o addirittura preceltiche. L’ordine monastico dei cistercensi, di famiglia benedettina, venne istituito nel 1098 a Cîteaux (allora Cistercium), presso Digione, da Roberto di Molesme, allo scopo di riportare i benedettini stessi alla stretta osservanza della regola di San Benedetto. Ben presto l’ordine si diffuse in tutta Europa, soprattutto per merito di Bernardo di Chiaravalle, e riuscì a rivestire un ruolo di una certa rilevanza nella vita religiosa dell’epoca, ma anche nei secoli seguenti, nella sfera sociale ed economica, oltre che ad influire nella creazione di un nuovo stile di architettura ecclesiastica. Volti soprattutto alla meditazione, con una spiccata tendenza all’agricoltura, questi religiosi furono da molti considerati poco amici dell’arte, che avrebbero ritenuto dispendiosa e non troppo utile, tanto da caratterizzare i loro monasteri per l’estrema semplicità.

    Negli anni successivi alla sua fondazione, l'abbazia di Staffarda ricevette diversi riconoscimenti papali e imperiali, godendo di numerosi privilegi. Acquistò prestigio diventando un importantissimo centro fieristico e commerciale; fu oggetto di numerosi lasciti e donazioni, ma verso la fine del XIII secolo cominciò a perdere rilievo. Caso, questo, comune a moltissime abbazie cistercensi, e forse da ricollegarsi con il decadere di un altro ordine con cui condivideva la stessa Regola, quello Templare. È probabile infatti che da quel momento le abbazie cistercensi iniziarono a non godere più degli appoggi finanziari o dei floridi scambi commerciali di un tempo. L’abbazia comunque sopravvisse fino al 1463, quando fu data in Commenda. Nel 1690 venne assalita dalle truppe francesi e saccheggiata; successivamente per mano del re Vittorio Amedeo II di Savoia venne restaurata, ma il 10 ottobre 1750 passò per ordine del papa Benedetto IV all'Ordine Mauriziano e dal 1804 divenne Parrocchia.

    Particolarità dell’abbazia di Staffarda

    I visitatori dell’abbazia meno preparati la considerano armoniosa in tutte le sue componenti, dagli archi alle volte, ai pilastri, alle finestre, alle colonne del chiosco, allo strano labirinto che lo caratterizza. Tuttavia ogni suo singolo elemento, dal più minuscolo al più vistoso, è diverso dall'altro: la disposizione degli archi, le mattonelle che li compongono, le volte sconcertanti nella loro elaborazione, i pilastri più o meno alti, più o meno tozzi, le finestre tutte diseguali nella loro ampiezza, nella loro lunghezza, nella loro distanza, le colonne del chiosco differenti per la struttura, la grossezza del fusto, per le basi, per i capitelli e le tre absidi semicircolari risultano anch’esse diverse l'una dall'altra: la sinistra è più bassa della destra e presenta una sola monofora, mentre quella a destra ne ha ben tre.



    Pianta dell'abbazia con gli edifici annessi



    Vista dell'abbazia sul lato delle absidi



    Si è rimarcato di frequente il fatto che questa abbazia non presentasse le caratteristiche dell'architettura cistercense e in particolare lasciano una certa perplessità le tre absidi di quella forma, quando invece le altre chiese dell'ordine le hanno generalmente quadrate o rettangolari.
    Ma in tutta questa irregolarità vi è armonia. Infatti nonostante i capitelli e gli archi risultino tutti diversi, sono disposti in modo tale che soltanto un attento osservatore ne può riscontrare le differenze. Si intuisce la volontà di fare apparire il piccolo più grande e viceversa. Gli studi prospettici sono talmente accurati da rendere pressoché impossibile rilevare le dimensioni e le posizioni reciproche di due dettagli. L’armonia centrale della costruzione è talmente evidente da escludere immediatamente l'ipotesi delle involontarie imprecisioni di un costruttore affrettato. Unici elementi di palese disturbo sono i restauri. Le disarmonie originali sono tutte assolutamente funzionali e si compensano l’una con l’altra.



    I capitelli del chiostro sono uno diverso dall'altro



    Ci si interroga su quale fosse il motivo di queste diversità inconcepibili e incomparabili. Secondo alcuni, tali irregolarità avevano lo scopo di rimarcare che la perfezione apparteneva solo a Dio e rappresentasse pertanto la base indispensabile per aspirare ad un cammino iniziatico verso di Lui. Un’altra tesi ricerca una possibile spiegazione nell’ammirazione che i cistercensi mostravano nei confronti della natura e nella conseguente volontà di volerla imitare nelle architetture e decorazioni dell’abbazia evidenziando come questa non realizzasse mai due cose identiche. Ma perché solo in questo luogo tale ammirazione avrebbe dovuto rispecchiarsi in un modo tanto singolare e anche tanto poco comprensibile?
    Le curiosità dell’abbazia non finiscono qui. Il campanile, ad esempio, risulta posto in modo tale che, nonostante la sua altezza, possa 'scomparire' dietro le mura della chiesa se soltanto ci si muove di qualche passo. Una prospettiva stranissima viene offerta, inoltre, se ci si pone in un determinato punto presso il labirinto: come in un montaggio fotografico ci appare a sinistra una parte del colonnato, e a destra l'aperta campagna.
    Curioso è anche il labirinto. C’è chi lo ritiene destinato alle abluzioni dei monaci, chi alla purificazione dei pellegrini, chi ancora lo considera un percorso iniziatico.
    Una visita all'abbazia di Staffarda costituisce senza dubbio un viaggio nel tempo, nell'ignoto. Vi si trova persino un enorme osso ricurvo, lungo circa un metro e mezzo. La leggenda lo dice appartenuto a una balena mandata da Dio a sfamare i monaci durante una grave carestia. Ma non si tratta ovviamente di questo, bensì della vertebra di un gigantesco animale preistorico.



    Il famigerato osso di balena



    Il chiostro e il labirinto



    Di preistoria ci parla anche il monolite posto davanti all’ingresso dell'edificio. Esso è sicuramente molto più antico di quest’ultimo, e se presenta simboli cristiani, questi vi furono incisi posteriormente. Stando ad alcune versioni, i buoni monaci, incappandovi, lo avrebbero interpretato come un segno celeste per la costruzione del loro santuario.



    Il monolite



    Nell’interno, poi, una scala a chiocciola murata porta chissà dove. Qualcuno parla di una semplice cripta pericolante, altri addirittura di un labirinto di corridoi sotterranei con le pareti coperte d’incisioni indecifrabili…
    Testimonianze di un possibile culto solare si riflettono sulle incisioni presenti su una grossa pietra proveniente dalla vecchia cappella che fanno pensare alla rappresentazione sommaria di un sistema planetario. Ma non solo. Sul soffitto è affrescato il Sole con le caratteristiche del volto umano, il classico "mascherone’ di tante remote culture e, fatto ancor più sorprendente, l’asse della chiesa non è retto, ma leggermente ruotato, in modo da permettere che i raggi luminosi cadano al mattino esattamente sull’altare, a mezzogiorno sul campanile e al tramonto davanti al portale principale. Si è quindi tenuto conto dei movimenti di rotazione e di rivoluzione della Terra, e ciò ben prima delle scoperte di Copernico e Galileo.



    Il sole con volto umano



    Sul frontale dell’abbazia, anch'esso ricavato dall'antica cappella, si può notare un segno solare al centro, con rosoni e fiori di loto di origine orientale.



    Architrave inciso



    E non manca neppure la spirale, che si trova, incisa o dipinta sin da tempi antichissimi. Nelle volte si trovano invece: stelle, alberi della Vita, cerchi, elementi in cui ricorre un preciso intento simbolico e numerologico, come i 33 gradini che conducono al Dormitorio dei Monaci, o come le stelle a sei e a otto punte.
    Alcuni dei particolari esposti fanno pensare senz’altro a una matrice comune di tante grandi civiltà, ma altri motivi decorativi lasciano ancora sconcertati, come la cosiddetta “rosa di Staffarda”. Si tratta di una decorazione ad affresco che raffigura un curioso intreccio di linee curve, a formare un nodo quadruplo, intersecante un doppio cerchio concentrico.



    La "rosa di Staffarda"



    A causa di terremoti e saccheggi, nel corso del tempo l’abbazia ha subito alcuni interventi di sostegno, come l'apposizione degli archi rampanti sul lato di settentrione avvenuta nel corso del XV-XVI secolo. Risale invece al XVII secolo la facciata, che denuncia stili vistosamente diversi rispetto all’architettura generale.
    Nonostante gli interventi successivi, quanto presente nell’abbazia dimostra che chi originariamente costruì l'edificio doveva sicuramente avere conoscenze astronomiche, matematico-architettoniche e filosofiche, quelle che in età medievale erano riunite in quella che veniva ricordata come “Tradizione”. Ma perché conferire all’edificio proprio queste peculiarità? Cosa rappresentava Staffarda? Un microcosmo in armonia con il macrocosmo, creazione perfetta di Dio.
    Quali e quanti enigmi cela dunque l’abbazia di Santa Maria di Staffarda?

    Riferimenti bibliografici:
    S. Beltramo, L’abbazia cistercense di Santa Maria di Staffarda, Editrice L’Artistica Savigliano, Savigliano (CN), 2010.
    G. Coccoluto, Prima di Staffarda: il territorio circostante l'abbazia fra V e XII secolo, in L'abbazia di Staffarda e l'irradiazione cistercense nel Piemonte meridionale (Atti del Convegno, Abbazia di Staffarda-Revello, sabato 17-domenica 18 ottobre 1998), a cura di R. Comba - G. G. Merlo, Cuneo, 1999 (Storia e Storiografia, 21), pp. 19-46.
    C. Peano, I segreti Solari di una Abbazia cistercense, Gribaudo Editore, 1999.
    E. Rotunno, L’Abbazia di Staffarda (Guida storica illustrata), Editrice L’Artistica Savigliano, Savigliano (CN), 2011.


    Edited by Black&White - 1/6/2018, 10:14
     
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    Questo articolo della chiesa di Staffarda è veramente interessante. Non solo per quell'osso di balena, che secondo una leggenda scese una balena dal cielo per sfamare i monaci, anche epr le colonne, l'una diversa dall'altra, intendi i capitelli. Poi il fatto che più stai dentro quella basilica cistercense, più credi di viaggiare in qualsiasi epoca del tempo.
     
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    Non solo le decorazioni dei capitelli sono diversificate… a volte pare proprio che il diametro delle colonne sia lievemente diverso… Io trovo affascinante vedere come questa “disarmonia” sia così celata ad un occhio non attento, è come nascondere un qualcosa, un mistero, davanti agli occhi di tutti, in modo che solo alcuni “iniziati” possano interpretarlo. ^^

    Oltre a questo ritengo interessante come anche questo edificio di culto nasca su un territorio caratterizzato, ancora durante il medioevo, dalla presenza di boscaglia e acque (diverse sorgenti, fonti, un lago), infatti l’abbazia è dedicata a Santa Maria del bosco di Staffarda. Inoltre bisogna ricordare che all’epoca con il termine Staffarda non si intendeva tanto il nome del sito, bensì quello dell’intera regione posta a destra del torrente Martina. Chi si è occupato dell’analisi toponomastica del nome lo ha ricondotto ad un’origine germanica. Secondo alcuni deriverebbe dalla voce, fard, nel senso di feld, ossia «campo», oppure dalla voce toscana “staffa”, nel senso di "ciglione su cui si monta", che si adatterebbe proprio alla tipologia del sito, rendendolo così in forma figurata. Prevale comunque in entrambi i casi un forte riferimento alla tipologia di territorio naturale, boschivo, in cui l’abbazia dovette sorgere in origine.
     
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2 replies since 31/5/2018, 17:34   518 views
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