La camminata di potere

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  1. Lady Lu
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    Lo Straordinario risiede nel Cammino delle Persone Comuni.” Questa frase è tratta da “Il cammino di Santiago” di Paulo Coelho (lettura interessante che io consiglio a chi già non la conoscesse).

    Cammino: cosa significa camminare? Muoversi spostando alternativamente in avanti i piedi e le gambe.
    È qualcosa che facciamo tutti i giorni, senza pensarci, in maniera automatica, ci viene spontaneo e assolutamente naturale. Si impara a camminare fin da quando si è molto piccoli e chiunque è capace di farlo.
    La camminata apparentemente è solo un movimento del corpo che ci consente di spostarci da un luogo ad un altro, che ci permette di lavorare e svolgere tutte le attività quotidiane che permeano la nostra esistenza.
    Essa è anche l’attività fisica più semplice e ben noti sono i suoi effetti sulle condizioni di salute. I medici la consigliano, anche solo mezz’ora al giorno, perché contribuisce a mantenere un buono stato di salute generale. Camminare aiuta ad abbassare la pressione arteriosa e controllare il rischio di diabete, aiuta a ridurre il livello di colesterolo cattivo e ad aumentare quello buono, concorre a mantenere o recuperare la forma fisica deiderata e, equilibrando la produzione degli ormoni dello stress nell’arco della giornata, aiuta a migliorare l’umore. Tutto ciò è attestato da comprovati studi scientifici che fanno della camminata un’attività terapeutica per il nostro corpo, un vero farmaco per l’uomo.
    È vero che tutti siamo in grado di eseguire questo esercizio, di camminare, ma l’uomo, soprattutto l’uomo moderno travolto dalla vita frenetica delle città, sopraffatto dalla tecnologia e dalle preoccupazioni, sa camminare nel modo giusto?
    Per poter rispondere dovremmo capire cosa sia questo camminare nel modo giusto, quasi come se esistesse un modo giusto e uno “sbagliato”.
    La camminata è una vera e propria arte. Esistono delle tecniche e dei metodi di camminare che consentono a chi li pratica di entrare in contatto con il proprio potere personale (per questo è denominata camminata di potere). In altre parole si tratta di una forma di meditazione, la meditazione camminata.

    Meditazione camminata significa praticare la meditazione mentre camminate. È una pratica che vi darà gioia e pace. Camminando, ansie e preoccupazioni scivoleranno via. Per avere la pace della mente, per ottenere l’autoliberazione, imparate a camminare così. Tutti sono in grado di farlo. Basta un livello iniziale di consapevolezza e il sincero proposito di essere felici.” (Thich Nhat Hanh, Maestro Zen).

    Esistono pratiche simili in tutto il mondo, in culture diverse e lontanissime fra loro.
    Per i Toltechi (popolo nativo americano che dominò nel Messico) “imparare a camminare è imparare a vivere”. I Toltechi camminavano per lungo tempo, giorni e giorni, in fila indiana e nell’assoluto silenzio. La Camminata di potere sciamanico si trasforma così, da atto istintivo, in preghiera per un contatto vero e profondo con la parte più autentica di noi stessi, del nostro essere. Il fine di questi “pellegrinaggi” era la pulizia interiore. Camminavano senza fermarsi, si confrontavano con i limiti della resistenza fisica e vincendo la stanchezza forgiavano la volontà. Sviluppando peculiari forme di attenzione imparavano a collegarsi con gli elementi, con gli animali, con i luoghi di potere, acquietando la mente e facendo cessare il dialogo interiore.
    La camminata di potere consentiva loro di rinascere a se stessi, più forti nel corpo e nell’anima, e dopo aver rinsaldato il legame con lo Spirito erano realmente pronti per affrontare la vita in armonia ed equilibrio.
    Proprio dai nativi americani ci provengono gli elementi principali del modo giusto di camminare. Camminare è quindi un percorso che si compie non solo all’esterno, fuori si sé, ma anche dentro di sé.

    La camminata come “mezzo” e non solo come strumento di trasporto era conosciuta anche nel medioevo da quei pellegrini che partivano sì per curare dei mali fisici ma anche per risolvere problemi interiori, e spesso era proprio il cammino in sé la vera meta del pellegrinaggio piuttosto che il luogo nel quale fisicamente si giungeva.

    Comunque la si chiami, camminata di potere o camminata dell’attenzione o camminata consapevole, è uno degli esercizi migliori per fermare il dialogo interno. Camminare con consapevolezza e gioia significa vivere con consapevolezza e gioia.

    Si può camminare da soli o in gruppo, in ordine sparso o in fila indiana (se si è in gruppo) anche se io preferisco camminare da sola, mi concentro di più, riesco a rilassarmi maggiormente. Solitamente si cammina in silenzio ma è possibile recitare anche dei mantra e concentrarsi su questi per liberare la mente. L’obiettivo è proprio quello di liberare la mente e fermare il dialogo interiore e lo si fa concentrandosi sui propri passi e sul proprio respiro, il quale non deve mai essere forzato bensì rilassato.
    La nostra mente è percorsa da numerosissimi pensieri che corrono veloci, la mente vaga ininterrottamente, sembra essere costantemente pervasa da un continuo chiacchiericcio. Rischiamo così di identificarci nei nostri pensieri e finiamo col pensare di essere i nostri pensieri. Come si può fermare la mente? Sembra semplice ma non lo è ed è necessaria tanta pazienza, soprattutto all’inizio. Avevo letto delle critiche contro la meditazione camminata in quanto si asseriva non portasse alcun beneficio, ma se praticata nel modo giusto essa può cambiarci e può cambiare la nostra vita.
    Come fermare il fluire dei pensieri?
    I pensieri arrivano nella nostra mente e noi non dobbiamo far altro che lasciarli passare, lasciare che entrino ed escano dalla nostra mente senza dare loro alcuna importanza né contrastarli, osservandoli semplicemente.
    Come il respiro, allo stesso modo anche il passo deve essere rilassato, non veloce e frenetico, non faticoso e “pesante”, la nostra camminata deve essere lieve e leggera, ferma, calma e silenziosa, si potrebbe dire quasi dignitosa. Mentre si cammina non si deve avere nulla in mano, lo si può fare eventualmente anche ad occhi chiusi (ad esempio se si è in campo aperto e si può stare ad occhi chiusi in tutta serenità), ci si immerge totalmente nel luogo in cui si cammina e si percepiscono maggiormente i suoni, soprattutto quelli naturali che non si riesce a sentire quando si è impegnati con i propri pensieri. Dove camminare? Io direi dove si preferisce. Sicuramente anche il luogo può influenzare, positivamente o negativamente, la meditazione per cui potrebbero preferirsi luoghi immersi nella natura, se possibile incontaminata, come i boschi, le verdi campagne solitarie, il mare, luoghi particolari come quelli chiamati luoghi di potere o di energia (camminare tra menhir o immersi in una necropoli ha i suoi vantaggi).
    Più la camminata sarà lunga nel tempo, più la meditazione sarà profonda.
    Per camminare in modo giusto e irreprensibile è necessario fermare la sfrenata produzione di pensieri, realizzando il silenzio interiore e spostando l’attenzione sul “qui e ora”.
    Ciò che è fondamentale è essere consapevoli di un’unica cosa durante l’esercizio pratico, come essere consapevoli dei propri passi. quando si cammina si procede muovendo le gambe e i piedi e mentalmente si deve fare lo stesso: muovo il piede destro e con la mente “passo destro”, muovo il piede sinistro e con la mente “passo sinistro”, fino a che si raggiunge (dopo varie volte) la consapevolezza piena di due elementi, di due fatti: il sollevare e l’appoggiare il piede. Continuando la meditazione nei giorni seguenti si sarà istruiti anche su altri fatti che concernono il camminare, sull’avanzare del piede che si è stato sollevato e poi più tardi sul toccare e premere il terreno con il piede. Il movimento del camminare è apparentemente unico e continuo ma in realtà si compone di più fasi di cui si deve avere consapevolezza.
    Praticando la meditazione regolarmente la concentrazione aumenterà fino a che si sarà consapevoli anche di altre cose: si percepirà, per esempio, la leggerezza del piede che si solleva e la pesantezza dello stesso nel poggiarsi e si riuscirà a distinguere perfettamente le varie fasi senza confondere il sollevare e l’appoggiare come se fosse un’unica cosa.
    Non ci sarà più solo il movimento e lo spostamento del corpo fisico ma anche la mente sarà conscia di ciascun movimento (sollevo, abbasso, poggio ecc.). In questo modo chi cammina si renderà conto che ogni movimento che compie, anche il più piccolo, il più naturale, spontaneo e (apparentemente)automatico, è compiuto perché lo si vuole compiere. Al movimento corrisponde la consapevolezza della mente: non si compie alcun movimento se non lo si vuole. Come nella legge causa-effetto non c’è effetto senza causa, in questo caso ogni singolo movimento (effetto) è preceduto dall’intenzione (causa) di compierlo.
    Con la meditazione camminata si comprende pienamente la relazione causa-effetto e la natura condizionata degli avvenimenti, i quali non avvengono mai da se stessi, non possono verificarsi senza una causa.
    Siamo abituati a distinguere tra ciò che è movimento fisico (del corpo) e ciò che è spirituale ma concentrando la nostra attenzione sull’esercizio unico del camminare possiamo superare questo dualismo in quanto, camminando, sia i movimenti compiuti sia le sensazioni sono finalizzati alla padronanza del corpo e dei sensi.
    Compresa la relazione causalistica si può arrivare a superare così ogni dubbio su mente e materia e raggiungere una sorta di "illuminazione" (se così la vogliamo chiamare) o più esattamente un primo livello di "illuminazione". Conseguita la comprensione che la mente e la materia scompaiono ad ogni momento, si capirà l’impermanenza del movimento di sollevamento del piede e l’impermanenza della consapevolezza del sollevamento del piede (e ciò per ogni movimento e la relativa consapevolezza del movimento). Per capire se un qualcosa è impermanente è sufficiente vedere, attraverso la meditazione, se quel qualcosa è soggetto al venire all’esistenza e poi allo scomparire.
    Nel camminare ogni movimento e la corrispondente coscienza appare e scompare lasciando il posto ad un altro movimento e alla relativa coscienza, compaiono e scompaiono. Nel momento in cui sollevo il piede da terra (e con la mente ne ho consapevolezza) e poi lo sposto in avanti (sempre avendone consapevolezza con la mente) il sollevare il piede è già venuto meno, è scomparso, e ha lasciato il posto allo spostamento (con relativa consapevolezza) che è apparso quando è scomparso il movimento precedente e che scomparirà col mio abbassare il piede verso terra e così via. E così la materia e la mente. Allora si può dedurre che materia e mente siano impermanenti (per essere soggette all’apparire e poi scomparire)e se lo sono, siccome sorgono e poi passano si può dire che siano insoddisfacenti e che non è possibile esercitare alcun potere su esse. Affermare ciò significa affermare che ogni cosa appare e scompare solo per leggi naturali, ma se è così, allora, niente e nessuno ha potere sulle cose naturali (e si giunge così al concetto di non-Sé).
    È questa consapevolezza il beneficio che può portare la camminata di potere e che ci consente di entrare in contatto con il nostro potere interiore, così come tramandatoci dai nativi americani.
    Che altro dirvi…camminate, camminate, camminate ma con consapevolezza.

    Vi invito, inoltre, a leggere l'interessante articolo sulla meditazione camminata secondo l'insegnamento del maestro Thich Nhat Hanh.

    Edited by Lady Lu - 7/12/2013, 10:57
     
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    Salve Lady Lu, non ho capito una cosa... :D ma in che senso non si ha potere sulla mente e sulle forze naturali perché sono soggette a mutamenti ?
     
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  3. Lady Lu
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    Ciao Balaramax.
    Io intendo dire che essendo la materia e così la mente impermanenti (se questa è la conclusione alla quale si giunge) nessuno, nessuna entità (nè divinità) o potere può fare in modo che siano permanenti, nessuno può renderli permanenti e questo vuol dire che nessuno può avere autorità (potere) sulle cose naturali, su ogni cosa insomma.
    Noi non possiamo vedere l'impermanenza delle cose in quanto essa viene nascosta dall'illusione della continuità. Se invece di pensare alle cose come un movimento continuo le si "osserva" più attentamente si può andare oltre la continuità. Questa sarà rotta dal nostro percepire le cose come fatte di piccolissimi e numerosissimi frammenti in continuoo movimento e sarà così possibile scoprire l'impermanenza celata dietro la continuità. Se le cose vengono viste in questo modo, come agglomerati di pezzettini, di segmenti, ci si rende conto che non c'è nulla in questo mondo al quale essere attaccati e così ci si distacca dalle cose.
    Ora non so se sono riuscita a spiegarmi (non sono tanto brava), mi auguro di essere riuscita a risponderti.
     
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  4. RedJackson
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    Il cammino estatico, molto praticato in oriente, come hai ben definito, è usato principalmente per schairirsi la testa! ^^ Lo uso anche io, se pur non come fanno loro, ovvero non per giorni interi mangiando ciò che viene offerto e senza chiedere, ma facendo semplicemnete qualche chilometro pensando ai problemi e a come risolverli... problemi spirituali ovviamente, legati al come affrontare le cose!
    Questo, come esercizi fisici ed altro, servono ad abbassare livelli energetici del corpo, e dando più spazio alle energie sottili e mentali, aumentando così la nostra sensibilità ed esse! Concetto di base molto semplice, in effetti, ma spesso nella società moderna accantonato causa impegni molto spesso sedentari. :)
     
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    Thich Nhat Hanh in effetti ha fatto della meditazione camminata un pilastro della propria pratica, e la consiglia a tutte le persone, buddiste o no. Al di là del titolo di Maestro Zen, egli ha operato un'interessante e proficua (secondo me) contaminazione fra approccio zen, spunti delle altre scuole mahāyāna (grande veicolo), essenza delle scuole del buddismo di base.

    Thich Nhat Hanh ha scritto moltissimi libri, la maggior parte di semplice lettura, fra cui una storia di Buddha con approccio moderno ma rigorosamente basata sugli antichi sutra; ha fondato -tra gli altri- un centro di pratica in Francia, Plum Village, e a volte è venuto anche in Italia per condurre ritiri settimanali.

    SPOILER (click to view)
    Ad uno di questi ritiri, qualche anno o millennio fa, ero presente anch'io.
    Esso si svolgeva all'interno di una grande struttura, una sorta di campeggio fra gli alberi, con tende e bungalows e grandi strutture per ascoltare gli insegnamenti e fruire dei pasti.

    In quei giorni il cielo era piovoso e spesso il terreno si ammorbidiva in fango e si allargava in pozzanghere.
    Tutte le mattine si praticava la meditazione camminata.
    Moltissime erano le persone presenti al ritiro (e non tutte particolarmente silenziose) e io non sopportavo di camminare in mezzo alla folla.

    Così, quando il maestro muoveva il primo passo, io mi allontanavo verso il muro di confine. Avevo individuato un punto in cui un albero dall'esterno calava un grosso ramo, come un forte braccio amichevole, all'interno della struttura.
    Mi arrampicavo, scendevo dall'altra parte (non c'erano strade o fabbricati nelle vicinanze) e continuavo la mia pratica in solitudine, salvo incrociare qualche passeggiatore occasionale che giungendo sin lì chissà cosa pensava nel vedere una persona sospesa ora su un piede ora sull'altro, che impiegava mezz'ora per percorrere pochi metri!

    Anche a distanza, sperimentavo la connessione con l'energia illuminata del maestro.
    Avevo preso l'abitudine di camminare scalzo quanto più potevo e le mie meditazioni camminate non facevano eccezione. Terra, fango, foglie, sassi, cortecce e radici, rovi e spine, tutto era felicemente al suo posto sotto i miei piedi.


    A chi pratica una qualche forma di meditazione camminata, consiglio -come si dovrebbe sempre fare anche in una meditazione seduta- di dedicare un po' di tempo per svuotare la mente.
    Mentre si cammina, porre l'attenzione sul respiro, com'è stato indicato, è la chiave; ma anche rimanere aperti alle percezioni del proprio corpo, vento, suoni, fragranze, terreno, equilibrio, e così via (do per scontato che la camminata avvenga in un contesto privo di fattori eccessivamente distraenti). Quando i flussi mentali si saranno calmati, e forse anche l'andatura sarà ulteriormente rallentata, allora si potrà passare ad una fase analitica, senza però perdere del tutto il contatto con l'ambiente circostante; anzi, che esso sia di ispirazione risolutiva.
     
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4 replies since 19/11/2013, 16:41   1042 views
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