Le torture alle streghe...

Se siete deboli di cuore non leggete...

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    Le torture alle streghe

    Qui si vede meglio - Sito


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    Come abbiamo potuto constatare ,la Chiesa si abbatté con il suo sacro maglio su particolari forme di eresia, prevalentemente su quella Catara, per poi toccare solo successivamente i casi di magia e stregoneria. Comunque fino al 1200, prima dell'avvento al pontificato di Federico II, chiunque fosse accusato di pratiche occulte era passibile di scomunica, mentre successivamente cominciarono ad accendersi i primi roghi e ad innalzarsi i primi patiboli.

    Il tribunale dell'Inquisizione si aggiudicò il potere decisionale assoluto grazie alla bolla "Ad Extirpanda", promulgata da Innocenzo IV, che introdusse legalmente per la prima volta nella storia della Chiesa l'utilizzo della tortura come complemento giuridico per lo svolgimento dei processi. Grandi figure inquisitorie divengono i crudeli miti della caccia alle streghe e spiccano altisonanti i nomi degli spietati Nicholas Eymerich, Pierre de Lancre e Torquemada, terrorizzando i tribunali di tutta Europa.

    Dal 1300 in poi la Chiesa definisce eretici coloro che attraverso rapporti diabolici entrano in possesso di conoscenze magiche e vengono altresì considerate pratiche eretiche l'invocazione di potenze infernali, la lettura di formule magiche ed addirittura il mettersi in cerchio a danzare o a suonare. Dal 1320 al 1420 solo in Europa vengono pubblicati tredici trattati giuridici sulla stregoneria, all'interno dei quali vengono toccati temi quali la metamorfosi, il volo ed il Sabba, termini che da questo momento in poi entreranno a far parte del vocabolario accusatorio di ogni tribunale ecclesiastico.

    L'apertura ufficiale della caccia alle streghe è datata 5 dicembre 1484, quando Giovan Battista Cybo (Innocenzo VIII) promulga la bolla papale "Summis Desiderantes Affectibus", con la quale lancia l'offensiva giuridica contro le "malefiche" e dà incarico all'ordine dei Domenicani di occuparsi dello svolgimento delle indagini, nonché dell'effettiva conclusione dei processi. In particolare invita gli alsaziani Heinrich Kramer (Institoris) e Jacob Sprenger a stilare un sorta di "manuale del perfetto inquisitore". Il Malleus Maleficarum diviene dunque il trattato legale contro la stregoneria, il "vangelo processuale" da cui attingere tutte le informazioni giuridiche per poter agire, anche con l'ausilio della tortura, contro chiunque si opponesse alle regole morali della Chiesa e del pontificato.


    La pera ed il crogiuolo

    La pera era uno marchingegno in legno o in bronzo con una struttura meccanica a forma del frutto della pera quando era chiuso. Tuttavia con un sistrema di viti e bulloni poteva esser aperto espandendone il suo volume e la sua dimensione. Lungo la superficie vi erano lembi di ferro e delle incanalature studiate appositamente per strappare e lacerare. Questo strumento di tortura, una volta richiuso, veniva impiegato contro le presunte streghe durante il processo di tortura ed inserito sia nella bocca, nella vagina oppure nell'ano. Successivamente veniva "avvitata" la vite centrale che fungeva da perno, facendo lentamente espandere l'arnese. Veniva poi fatta ruotare all'interno dell'orifizio nel quale era stata inserita ed infine brutalmente estratta, procurando dolore tremendo, lacerazioni gravi e qualche volta la morte.

    Questo metodo di tortura veniva impiegato nei confronti di coloro i quale erano accusati vi aver avuto rapporti carnali con i demoni.

    Il crogiuolo era uno strumento terribile. Esso serviva a far colare piombo fuso o olio bollente nella bocca o nelle orecchie della vittima, provocando nella migliore delle ipotesi gravi ustioni alle mucose; nel peggiore dei casi provocava la morte.


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    Lo strappaseni (Mastectomia)

    Le tenaglie che potete osservare nella foto qui a destra venivano impiegate per la lacerazione delle mammelle o dei capezzoli dei torturati. Spesso il carnefice arroventava tali pinze prima di utilizzarle sulla vittima.

    Pinze simili allo strappaseni venivano anche usate per strappare le unghie delle mani e dei piedi.

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    La squassata

    La vittima (in genere una donna) veniva legata con le mani dietro la schiena. Alla sua chioma veniva assicurato un palo in legno alle cui estremità ruotavano due uncini in ferro. La strega veniva sollevata ad un'altezza stabilita e lasciata cadere fino a pochi centimetri da terra. Le lesioni di questa tortura provocavano il distacco dello scalpo. La squassata alle braccia invece provocava lo slogamento degli arti.


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    Pinze per la lingua

    Questo genere di tortura veniva inflitta solitamente agli accusati di eresia e alle streghe colte in flagranza di maleficio verbale. Si tratta di vere e proprie forbici affilatissime con le quali il carnefice tagliava parte della lingua alla vittima, lasciandola morire dissanguata a causa del grande flusso sanguigno che irrora quest'organo.


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    L'impiccagione

    L'alternativa al rogo e alla decapitazione era l'impiccagione. Potrebbe sembrare un metodo di morte meno feroce ma dobbiamo immaginare che, dal momento che il cappio si stringe al collo - eludendo ogni tipo di sforzo respiratorio - fino a quando non sopraggiunge il decesso, può trascorrere un periodo di sopravvivenza pari fino ai 10 minuti. Una vera e propria lenta agonia.


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    Il Signum Diabolicum

    Dal XIV secolo in poi molti saranno i trattati sulla spiegazione dei fenomeni stregoneschi attribuiti al "maligno" ed anche questi saranno fonte, per i secoli a venire, di miti e leggende. In questi trattati si tentava di dare una spiegazione a fenomeni come il volo sulla scopa, la metamorfosi delle streghe in animali e la capacità di scatenare tempeste ed epidemie. Queste, infatti, erano le accuse maggiormente imputate. Inoltre bastava avere un neo o una voglia per essere accusati di essere stati "marchiati a pelle" dal demonio in persona


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    La candela della strega

    Sembrerebbe una pratica sadomaso a vedersi, in realtà questo tipo di tortura procurava alla vittima tremende ustioni in tutto il viso, poichè, a differenza delle attuali candele in paraffina, quelle in sego utilizzate durante il periodo medioevale raggiungevano un'elevata temperatura di scioglimento.


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    Il rogo

    Il più delle volte la tortura inquisitoriale terminava con la condanna al braccio secolare e milioni di persone hanno terminato la propria esistenza osservando la folla esultare dalla pira. Il rogo degli eretici era stato motivato teoricamente da Tommaso d'Aquino: "Gli eretici e le streghe sono figli di satana e devono essere bruciati, come lui, già qui sulla terra". Furono pertanto le fantasticherie degli inquisitori a spalancare la porta al rogo delle streghe.


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    Pinza da pira

    Questo strumento serviva esclusivamente per tenere saldo il collo della strega al palo della pira nell'eventualità che la stessa riuscisse a liberarsi dalla stretta delle funi che la immobilizzavano. In realtà questo arnese veniva raramente utilizzato poichè, a causa dello stordimento che le vittime accusavano per l'ingerimento di sostanze soporifere da parte di qualche magnanimo carnefice, esse arrivavano il più delle volte al patibolo in uno stato di incoscienza tale da non mostrare alcun segno di ribellione


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    La forchetta

    Era uno stumento di tortura che consisteva in una cinghia di cuoio legata intorno al collo della vittima, nel cui centro si sviluppavano due forchette di ferro acuminate ed opposte. Questo marchingegno impediva alla vittima di muovere il capo in qualsiasi direzione, tantopiù non lasciava al torturato la possibilità di potersi addormentare. Veniva utilizzato nella tortura tramite ordalìa del sonno.


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    Il sambenito

    L'eretico o la strega che abiurava e che si rimetteva alla fede cristiana era costretto ad indossare il sambenito, un abito scapolare, consistente in due pezzi di tela che ricadevano davanti e dietro e con un apertura per la testa. Generalmente era di colore giallo con disegni che ricordavano le fiamme eterne dell'inferno, in modo da far sì che il graziato ricordasse vita natural durante la magnanimità della Chiesa e che tenesse bene a mente ciò da cui la Chiesa lo avesse salvato. Era di uso comune far camminare l'eretico tra la gente della città a piedi nudi e con un copricapo a forma di cono in testa(coroca), a monito per tutti.

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    La cosa più sconvolgente che ho voluto (magari anche un po' crudemente) sottolineare è che l'uomo sia riuscito a farsi merito di tutto questo orrore nel nome di Dio.

    Meditate gente, meditate...



    Fotografie tratte dal museo della stregoneria e della tortura di San Gimignano
    Thanks to ImageShack for Free Image Hosting

    Edited by Black&White - 25/10/2017, 21:13
     
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  2. sweetily
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    ehm...mi sn venuti i brividi...raga meno male ke siamo al giorno d'oggi se no a noi c facevano ttt qst torture e la cosa nn era sicuramente piacevole...=P

    p.s. black nn si vede una foto (la forketta)...poi nn so se a voi si vede a me no d certo...
     
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  3. .:;Xardas W4;:.
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    io riesco a vedere tt le immy, e devo dire che sono ributtanti.... che brividi!
     
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  4. **persefone**
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    Visto che hai aperto questa discussione che a me fà molto male...xchè è come se mi reicarnassi a quelle povere donne e quello che hanno potuto soffrire..ora vi posto alcune confessioni di donne che naturalmente prendo da libri...buona lettura...o meglio buoni brividi!!!

    Queste confessioni sono un esempio dell’ignoranza devastante delle persone, un’ignoranza talmente incredibile da fare ribrezzo!
    Quello che raccontano questi processi sono fatti ovviamente inventati dagli inquisitori. Spesso loro stessi scrivevano le confessioni e obbligavano le povere Streghe, dilaniate dalle atroci torture, a firmarle come se le avessero scritte loro, e queste povere sorelle lo facevano per evitare anche solo un istante in più di sofferenza disumana. Altre volte le Streghe, sempre soffocate dal dolore delle torture, si mettevano a “confessare” tutto quello che veniva loro in testa, inventavano storie e fatti, ammettevano di mangiare i bambini e di trasformarsi in gatti e topi solo perché, così facendo potevano smettere di sentire dolore, la morte, infatti, diventava loro amica e loro si abbandonavano tra le braccia della Madre Morte che, così dolce e gentile, le portava via dal mondo ignorante e crudele…



     
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  5. **persefone**
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    La prima:

    La Bambina che non aveva paura...

    “Da piccola non avevo paura di niente. Ricordo una volta che eravamo noi sole donne a passare la serata davanti al fuoco. Ad un tratto la Signora Zia sussultò, biascicando con un fil di voce “Che sta succedendo?”. Qualcosa o qualcuno si era mosso, con un tonfo sordo, al di là della porticina che dava sulla scala della torre. Il rumore si ripeté ad intervalli abbastanza regolari. “Il diavolo” strillò la cuoca. “Prima lo avete nominato! Me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa!”. “Domani chiameremo il cappellano per una benedizione” dichiarò mia madre, autorevole come sempre. Ma era chiaro che anche lei era inquieta. “Potrebbe essere tardi” sussurrò rabbrividendo la Signora Zia. “I passi si stanno avvicinando. Chi di noi è in peccato? Io lo confesso davanti a Dio e ai santi, e voi tutte mi siete testimoni, ho di nuovo…”, “Nessuno vuole ascoltare la vostra confessione”, la tacitò bruscamente mia madre. La cuoca le diede una mano, incominciando a snocciolare a gran voce le sue giaculatorie. “Anime sante, anime purganti, pregate Gesù per noi, che ricorriamo a voi…”. Così rimasi con la curiosità di sapere di quali colpe fosse recidiva la Signora Zia. Di una cosa ero certa: non era il diavolo a scendere la scala della torre, perché lui se ne torna in inferno, se sente anche solo nominare Nostro Signore. Ad un nuovo tonfo, seguito da una specie di fruscio, mi alzai di scatto. “Vado a dare un’occhiata, almeno ci togliamo lo spavento.” Non aprire quella porta!” gridarono tutte e tre insieme. Ma io ero già scomparsa al di là dell’uscio cigolante, reggendo in mano un lumino. Scoppiai a ridere quando scorsi il mio micio limonato, che scendeva dalla terrazza della torre, trascinandosi dietro per un ala, di gradino in gradino, un piccione morto, per andarlo a mangiare chissà dove. Lo afferrai per la collottola, vincendo la sua resistenza. “Ecco qui il vostro diavolo! Sentite ancora rumori sospetti?”. Mi fissavano come inebetite, non saprei se più sollevate per lo scampato pericolo o turbate per la mia iniziativa. La Signora Zia fu la prima a ricomporsi. Raddrizzò la schiena, ricacciò dietro la cuffia un ricciolo ribelle, si lisciò le fitte piegoline del corpetto e, squadrandomi dalla testa ai piedi, mi redarguì con aria severa “Ma che razza di bambina sei? Non hai paura nemmeno del demonio?”. “E perché mai dovrei?” replicai. “Se tu fossi timorata di Dio”, riprese, agitando l’indice della destra con aria ammonitrice, “non correresti il rischio di incontrarlo. Ad ogni vizio sono preposti principi infernali, alle cui dipendenze stanno innumeri spiriti maligni, che spingono le anime al male e riferiscono ridendo al loro signore i misfatti compiuti dagli uomini”. “Signora Zia”, intervenne mia madre, “si trattava del gatto”. E la cosa al momento finì lì. Più tardi il diavolo lo incontrai davvero, ed imparai a riconoscerlo sotto le sembianze più varie, a percepirne la mutevole voce, ad individuarne le impronte e a interpretarne i segni, provando di lui timore e desiderio…”



     
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  6. **persefone**
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    la seconda:

    La Strega Mosca

    I quattro che mi consegnarono nelle mani della Giustizia erano lavoranti stagionali. Non potevano lamentarsi per come li trattavo, ogni giorno procuravo loro pasti abbondanti innaffiati da un bicchiere di vino, e li avevo sistemati per la notte non sul fienile ma nella camera di fianco alla mia, dove tenevano i sacchi delle granaglie, in fondo al ballatoio che correva lungo la casa. Per entrare e uscire dovevano per forza passare davanti alla mia finestra. Ma a me non dava fastidio. Anzi, provavo un certo piacere nel cogliere le occhiate furtive che lanciavano verso l’interno, sperando magari di sorprendermi, attraverso le persiane accostate, mentre mi lavavo nel catino di porcellana fiorata o mi pettinavo, davanti allo specchio, con i capelli disciolti lungo la schiena. Ma quel pomeriggio passarono il segno. Faceva un gran caldo e, distesa sul letto, sopra le coperte, con addosso soltanto la camicia slacciata, ero stata sorpresa nel sonno. Mi ridestò un suono di risate soffocate e, levandomi di scatto a sedere, mi accorsi che erano tutti e quattro davanti alla finestra, che si spintonavano, per ficcar dentro la testa. “Via, villani!” urlai, cercando di coprirmi il seno. “Dirò a mio marito che siete dei porci!”. Mi prevennero. Con l’aria imbarazzata di chi parla a malincuore gli rivelarono che aveva sposato una strega. “Sapete, è capitato anche al nostro paese: una strega che si trasformava in mosca, per compiere malefici. Una volta punse un bambino. Un bel maschietto sano e vispo come ce n’è pochi. Si buttò a terra, tutto d’un tratto, contorcendosi come un ossesso; e solo il prete riuscì a calmarlo, gettandogli addosso la stola. In testa ci trovò la spina che la strega ci aveva piantato. La tirò via e la bruciò, costringendo quella megera a confessare”. “Diventava mosca, capite, per andare in giro a combinare guai. Gli altri credevano che fosse addormentata, ma lì, sul letto, c’era solo il suo corpo: lei se ne usciva fuori dalla bocca. Quando aveva fatto quello che doveva fare, tornava a infilarsi dentro”. “Vostra moglie noi l’abbiamo sorpresa gettando per caso un’occhiata dalla finestra. Le passeggiava sulle labbra un tafano, che poi se ne volò via rabbioso. Eravamo lì che non sapevamo che fare: per via di quella storia che vi abbiamo detto. Stavamo consultandoci, quando il moscone è tornato ed è andato ad infilarsi nella bocca della padrona. E lei si è tirata su a sedere sul letto, come se si svegliasse da un bel sonno”. “Dateci retta, mettetela alle strette, per farvi dire dove se n’è volata e di quali orribili colpe si è macchiata”. Non ebbe il coraggio di farlo da solo. Poiché era un uomo pio, mi mise nelle mani dell’inquisitore.

     
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  7. **persefone**
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    La terza:

    L'Aggredita

    Stavo passeggiando con le mie amiche appena fuori città, e mi godevo quella primavera anticipata, che aveva anzitempo rinverdito i prati, quando dal bosco sbucò fuori un uomo a torso nudo con un ascia in mano. Venne verso di noi brandendola minaccioso, e dalla bocca gli usciva un profluvio di parole incomprensibili. Le mie compagne si fermarono, invase da sgomento. Io mi misi a gridare “è pazzo, corriamo via!”. La campagna intorno era deserta. L’uomo urlava ora come un forsennato, menando colpi nell’aria alla cieca. Ci salvò solo il fatto che fossimo in tre, e lui buttò via la scure appena ci raggiunse, per avere libere le mani. Ci difendemmo a morsi e a graffi; ma eravamo malconce, quando riuscimmo a sfuggirgli. Raggiungemmo la porta orientale e denunciammo l’aggressione al capoposto. Alcune guardie ispezionarono i dintorni e ritrovarono l’uomo. Condotto davanti al giudice, prese a supplicarlo di dirgli almeno quali accuse gli erano rivolte, perché potesse discolparsi, dal momento che si sentiva innocente di ogni colpa. “Hai aggredito e ferito tre dame della nostra comunità, e fingi di ignorare la ragione del tuo arresto?”, ribatté il magistrato. “Ma quando? Ma dove? Io non ho fatto niente vi assicuro”.
    Come spieghi allora i graffi che hai sulle braccia e sul volto? Sei caduto nei rovi o qualcuno ti ha lasciato quei segni?”.
    È una storia strana, illustrissimo; stenterete a crederla, ma la voglio raccontare lo stesso. Stavo tagliando la legna, quando all’improvviso mi assalì un grosso gatto. Lo cacciai via, minacciandolo con la scure. Ma subito ne arrivò un altro, più feroce ancora. Quando credevo di aver messo in fuga anche quello ne comparve un terzo, aggressivo anche più dei primi due. L’ascia mi sfuggì di mano e, mentre mi piegavo a raccoglierla, tutti e tre mi saltarono addosso. Ecco perché ho quelle sgraffiature. Mi difesi come potevo; ma soltanto quando riuscii a farmi il segno della croce quelle dannate bestiacce si dileguarono nel bosco. Non erano gatti, erano diavoli o streghe”.
    Il giudice incominciò ad indagare. Ci ritrovammo con i ceppi ai piedi.



     
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  8. **persefone**
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    La quarta:

    La Torturata

    Sapevo bene che sarei stata torturata fino a che non avessi inventato una qualunque soddisfacente confessione, e poi sarei finita con un cappio al collo, come quelle tre che avevo visto penzolare dalla corda delle Forche. Ma quando mi domandarono se sapevo perché ero lì, risposi: “Per false accuse e disgrazia”. “Meglio per te se confessi di tua spontanea volontà”, ribatterono. “Altrimenti ti metteremo a confronto con i testimoni, e faremo venire il carnefice”.
    La mia coscienza è pura: nemmeno mille accusatori possono farmi paura”.
    Il boia mi schiacciò i pollici, con le mani legate insieme. Il sangue usciva dalle unghie e per quattro settimane non fui più in grado di usare le mani. Poi mi spogliarono per sottopormi alla strappata. Pensai che il cielo e la terra fossero giunti alla fine: otto volte mi sollevarono e mi lasciarono ricadere.
    Quando mi resi conto che non sarei riuscita a sopportare altri tormenti supplicai “Aiutatemi padre, per pietà, con le vostre domande! Confesserò ogni cosa!”
    Ammisi di essere stata al Sabba, ma aggiunsi di non aver riconosciuto nessuno. “Vecchia briccona, vuoi costringerci a richiamare il carnefice? Al gioco non hai visto per caso il notaio che sta in piazza grande, a pochi passi da casa tua?”. Così dissi che c’era.
    "E chi altro?”.
    "Non ricordo”.
    "Ti insegniamo il modo. Segui una strada dopo l’altra, a cominciare dal mercato. Percorrila per intero, e orna indietro per quella seguente. Vedi tra quelle che ci abitano, di ricordare qualche nome”.
    Nominai alcune persone. Poi arrivai alla via lunga, dove non conoscevo nessuno. Mi fecero radere ogni parte del corpo e mi legarono di nuovo alla fune.
    "Tiratela su!”, ordinò l’inquisitore.
    Cercai di inventarmi qualcosa “Avrei dovuto uccidere un bambino, ma uccisi un cavallo”. Non si contentarono. Soltanto quando dissi di avere, in obbedienza al diavolo, calpestato un crocifisso, mi lasciarono in pace.
    Almeno per quel giorno.

     
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    Belle anche se nn ho capito quella della bambina...
     
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  10. Cate182
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    molto inkuietante devo dire...
     
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  11. .:;Xardas W4;:.
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    Inquietante.... ancor di + se si pensa che sono storie vere ^^
     
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  12. ambra91
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    Sn state veramente delle cose terribili... mi sembra assurdo che sia potuto succedere davvero...
     
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  13. internetdj
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    Pensiamo che questi tempi siano tanto lontani, ma non è così!!! Almeno in Europa le streghe e i maghi vengono ancora torturati ma con strumenti più effimeri come la stampa, la televisione o le malelingue in generale. Nel resto del mondo vengono ancora torturate/i crudelmente. Troppe volte l'uomo ha inflitto il male nascondendosi dietro la religione (basta aprire un qualsiasi giornale per averne prova). Sempre di più occorre considerare il fatto che non sono pericolose le religioni in sè, ma come vengono interpretate.
     
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  14. ambra91
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    Quando ho letto quello che è successo x la prima volta ho sentito lo stimolo di ammazzare qualcuno... come si fa a trattare le persone in questo modo? Nn dico nemmeno che nn hai cuore, qualcuno di estremamente peggiore! Delle torture che fanno male solo a pensare, nessuno ha il diritto di far soffrire in questo modo le xsone!!! E' assolutamente orribile...
     
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  15. internetdj
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    CITAZIONE (ambra91 @ 15/8/2005, 20:02)
    Quando ho letto quello che è successo x la prima volta ho sentito lo stimolo di ammazzare qualcuno... come si fa a trattare le persone in questo modo? Nn dico nemmeno che nn hai cuore, qualcuno di estremamente peggiore! Delle torture che fanno male solo a pensare, nessuno ha il diritto di far soffrire in questo modo le xsone!!! E' assolutamente orribile...

    Lo stimolo di ammazzare qualcuno tienilo in disparte per l'evocazione di demoni...!!! Anche se è un modo crudele di trattare le persone devi anche considerare che la diffusa ignoranza (comunque ancora in parte presente ai giorni nostri) rendeva le persone facilmente influenzabili, pertanto l'opinione pubblica era manovrata da persone spregevoli che hanno fatto catalogare dalla gente le streghe come assassine e sterminatrici. Pertanto per la "salvaguardia dell'incolumità delle persone" era necessaria la loro eliminazione. Agl'occhi del popolo questa era una pratica giusta e necessaria per liberarsi di potenziali assassine. Le torture venivano poi giustificate dal fatto che potessero essere l'inizio di una redenzione e quindi di una nuova iniziazione. Chiaramente queste torture difficilmente erano sostenibili da fisici già provati da continue percosse. Per la gente comune era tutto normale, anzi un atto dovuto per la propria difesa.
     
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58 replies since 2/3/2005, 18:18   14887 views
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