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La donna, intanto, dalla sua bocca di fragola,
contorcendosi come un serpente sulla brace,
e modellando i seni sul ferro del busto
lasciava fluire parole impregnate di muschio;
«Ho labbra umide e ben conosco la scienza
di perdere in un letto l'antica coscienza.
Asciugo tutte le lacrime sui miei seni trionfanti
e faccio ridere i vecchi del riso degli infanti.
Io sola, per chi mi vede nuda e senza veli,
rimpiazzo la luna, il sole, le stelle e tutto il cielo!
Sono, caro sapiente, tanto dotta in voluttà
quando soffoco un uomo nelle mie temibili braccia
o quando lascio in balia dei morsi il mio busto,
timida e libertina, fragile e robusta,
che su questi materassi travolti e languenti
per me si dannerebbero gli angeli impotenti!»
Quando m'ebbe succhiato tutto il midollo delle ossa,
come languidamente verso di lei mi volsi
per un ultimo bacio, io non vidi al suo posto
che un otre pieno di pus, dai fianchi vischiosi!
Chiusi gli occhi nel freddo, improvviso spavento,
e quando alla luce viva li riapersi,
al mio fianco, invece della possente bambola
che sembrava aver fatto la sua provvista di sangue,
tremavano confusi pezzi di scheletro, fra loro
producendo il gemito d'una banderuola
o di qualche insegna appesa a un'asta di ferro
che il vento fa oscillare nelle notti d'inverno.
Brucia. -
kingartu90.
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bella! . -
RedJackson.
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Baudelaire ha sempre il suo fascino... . -
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Non è in rima ma è poesia ed è vera:
La capacità di stare da soli è la capacità di amare. Può apparirti paradossale, ma non lo è. E’ una verità esistenziale: solo le persone in grado di stare da sole sono capaci di amare, di condividere, di toccare il nucleo più intimo dell’altra persona, senza possederla, senza diventare dipendenti dall'altro, senza ridurla a un oggetto e senza diventarne assuefatti. Le riconoscono libertà assoluta, perché sanno che se l’altro se ne va saranno felici come lo sono adesso: l’altro non può privarli della loro felicità, perché non è da lui che arriva.. -
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Abbasso l'amore! ^^ . -
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viva ciò che ne deriva ahahahaha . -
Ambicatus.
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Epigramma di Giovan Battista Strozzi a "La Notte" di Michelangelo:
« La Notte che tu vedi in sì dolci atti dormir, fu da un Angelo scolpita in questo sasso e, perché dorme, ha vita: Destala, se nol credi, e parleratti »
Risposta di Michelangelo:
« Caro m'è 'l sonno, e più l'esser di sasso, mentre che 'l danno, e la vergogna dura: Non veder, non sentir, m'è gran ventura. Però non mi destar, deh! parla basso »
Edited by Ambicatus - 3/2/2015, 00:26. -
Kyhodo.
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Dedica di Giovan Battista Strozzi a "La Notte" di Michelangelo:
« La Notte che tu vedi in sì dolci atti dormir, fu da un Angelo scolpita in questo sasso e, perché dorme, ha vita: Destala, se nol credi, e parleratti »
Risposta di Michelangelo:
« Caro m'è 'l sonno, e più l'esser di sasso, mentre che 'l danno, e la vergogna dura: Non veder, non sentir, m'è gran ventura. Però non mi destar, deh! parla basso »
Avevo già letto questa frase... In un qualche telefilm forse?
Potrei anche sbagliarmi.... -
Ambicatus.
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Non saprei,la risposta di Michelangelo all'epigramma di Strozzi è abbastanza famosa,è probabile che l'abbiano usata come citazione da qualche parte . -
Ambicatus.
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L'uccelletto
Era d'Agosto e il povero uccelletto
Ferito dallo sparo di un moschetto
Andò per riparare l'ala offesa,
a finire all'interno di una chiesa.
Dalla tendina del confessionale
Il parroco intravvide l'animale
Mentre i fedeli stavano a sedere
Recitando sommessi le preghiere.
Una donna che vide l'uccelletto
Lo prese e se lo mise dentro il petto.
Ad un tratto si sentì un pigolio
Pio pio, pio pio, pio pio.
Qualcuno rise a sto cantar d'uccelli
E il parroco, seccato urlò: "Fratelli!
Chi ha l'uccello mi faccia il favore
Di lasciare la casa del Signore!"
I maschi un po' sorpresi a tal parole
Lenti e perplessi alzarono le suole,
ma il parroco lasciò il confessionale
e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!
Tornate indietro e statemi a sentire,
solo chi ha preso l'uccello deve uscire!"
a testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte usciron pian piano.
Ma mentre andavan fuori gridò il prete:
"Ma dove andate, stolte che voi siete!
Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"
Ubbidienti in quello stesso istante
le monache si alzarono tutte quante
e con il volto invaso dal rossore
lasciarono la casa del Signore.
"Per tutti i santi - gridò il prete -
sorelle rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l'equivoco e la serie degli errori:
esca solo chi è così villano
da stare in chiesa con l'uccello in mano.
Ben celata in un angolo appartato
Una ragazza col suo fidanzato,
in una cappelletta laterale,
ci mancò poco si sentisse male
e con il volto di un pallore smorto
disse: "Che ti dicevo? Se n'è accorto!". -
Kementàri.
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Raccoglimi
Vieni,
inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell'angolo più nero,
osservami.
Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti.
Io ti seguirò
ovunque.. -
Kementàri.
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Elevazione
Al di là degli stagni, delle valli e dei monti,
al di là dei boschi, delle nuvole e dei mari,
al di là del sole, al di là dell'aria,
al di là dei confini delle stellate sfere,
Tu, mio spirito, ti muovi con agilità
e, come buon nuotatore che gode tra le onde,
allegro solchi la profonda immensità
con indocile e maschia voluttà.
Fuggi lontano dai morbosi miasmi,
voli a purificarti nell'aria più alta,
e bevi, come un puro liquido divino,
il fuoco chiaro che colma spazi limpidi.
Le spalle alla noia e ai vasti affanni
che opprimono col loro peso la nebbiosa vita,
felice chi con ali vigorose
si eleva verso campi sereni e luminosi;
Chi lancia i pensieri come allodole
in libero volo verso il cielo del mattino;
chi si libra sulla vita e comprende senza sforzo
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!. -
Fozeya.
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Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
(Alda Merini da Vuoto d’amore, 1991). -
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E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
e la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
della bellezza e della gioia
risplendevano nella polvere
della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
ero un fuoco di gioia
e tu ubriaca viva
nuda nelle mie braccia.
Fiesta - Jaques Prévert. -
Ambicatus.
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C'è
un salice che
cresce di
traverso
a un ruscello e
specchia le sue
foglie
nella vitrea
corrente; qui
ella venne,
il capo adorno
di strane
ghirlande
di ranuncoli,
ortiche,
margherite
e di quei lunghi
fiori color
porpora
che i licenziosi
poeti bucolici
designano con
più corrivo
nome
ma che le
nostre ritrose
fanciulle
chiaman "dita
di morto"; ella
lassù,
mentre si
arrampicava
per appendere
l'erboree sue
ghirlande ai
rami penduli,
un ramo,
invidioso, s'è
spezzato
e gli erbosi
trofei ed ella
stessa
sono caduti nel
piangente
fiume.
Le sue vesti,
gonfiandosi
sull'acqua,
l'han sostenuta
per un poco a
galla,
nel mentre
ch'ella, come
una sirena,
cantava spunti
d'antiche
canzoni,
come
incosciente
della sua
sciagura
o come una
creatura d'altro
regno
e familiare con
quell'elemento.
Ma non per
molto, perché
le sue vesti
appesantite
dall'acqua
assorbita,
trascinaron la
misera dal letto
del suo canto a
una fangosa
morte.
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