Prontuario di medicina Naturale

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  1. A lai xiya
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    Questo post non vuole in nessuno modo essere sostituito ad un parere medico, la NATUROPATIA E' INFATTI UNA MEDICINA PARALLELA, NON ALTERNATIVA e le informazioni sono tutte prese dal libro del Dot. Umberto Cinquegrana. Qui verrà postata solo la seconda parte del libro con integrazioni della prima.

    In ordine alfabetico saranno qui di seguito elencate le malattie più o meno comuni e come utilizzare i rimedi naturali per curarle. Nel libro è precisato che questi rimedi possono essere adottati anche per gli animali.

    (questo elenco verrà aggiornato periodicamente, se vi interessa una patologia non ancora inserita sollecitatemi e ve la manderò)


    ABORTO - MINACCE DI ABORTO - Quando ci siano delle minacce d'aborto, la primissima cosa da fare è rivolgersi al proprio ginecologo, per le cure necessarie. Mentre fate la terapia prescrittavi dallo specialista che vi tiene in cura, vorrei consigliarvi di aiutarvi anche con l'amaro svedese, usandolo per fare degli impacchi sul bacino, con ovatta bagnata con esso, a ritmo continuo, possibilmente, nel periodo ritenuto dal ginecologo "fase di rischio"; uno la mattina, e uno la sera - ciascuno della durata di mezz'ora circa - nei tempi successivi. L’amaro svedese ha il potere di rimettere a posto la circolazione sanguigna, laddove si sia verificata una stasi venosa, o altre alterazioni della emodinamica distrettuale, per eventuali processi necrotici, associati ad alcune fasi della risposta infiammatoria: quello che sicuramente si verifica quando si è in presenza di una minaccia d'aborto. L'evento necrotico nel punto dell'annidamento dell'embrione si può tentare di superarlo, a mio avviso, con più probabilità di successo, se, accanto alle terapie consigliate dal ginecologo, la paziente esegue il suddetto ciclo di applicazioni locali di amaro svedese. Siccome questi impacchi non hanno mai arrecato danni, dovunque siano stati applicati, perché dovrebbero fare del male in questi casi? Se il ragionamento vi convince, fate gli impacchi; altrimenti, astenetevi. Vi ho semplicemente confidato una mia convinzione, ritenendo con ciò di potervi essere utile. Sarebbe interessante se i ginecologi si sensibilizzassero a questo suggerimento, controllandone direttamente l'efficacia. Fate un ciclo di terapia, seguendo i consigli dati a proposito delle malattie dell'utero in generale; in questo modo, fate opera di prevenzione, essendo, quelle, cure che rinforzano l'utero in toto, rendendolo meno predisposto all'aborto. Maria Treben consiglia alle donne incinte, a partire dal terzo mese di gravidanza, di bere, quotidianamente, un litro di tisana di alchemilla, preparato nel modo seguente: fate bollire un litro d'acqua, spegnete, aggiungete 4 cucchiaini di alchemilla, filtrate dopo mezzo minuto. Bevete lentamente, a sorsi, lontano dai pasti, durante il dì. L'alchemilla è detta in tedesco, «Frauenmantel», cioè mantello che protegge le donne, ad indicare la benefica e specifica azione di questa pianta officinale, sull'apparato femminile della riproduzione. Allo scopo di rafforzare l'utero, Maria Treben consiglia, alle donne in gravidanza, anche il timo, o una miscela, in parti uguali, di alchemilla ed achillea. Queste tisane si preparano, e si bevono, allo stesso modo che l'alchemilla, nella quantità giornaliera di mezzo litro, o di tre quarti.

    ACNE GIOVANILE - Tormento di tanti giovani, nell'età puberale, ma anche dopo, questo singolare stato patologico può essere combattuto, e vinto, solo se si è severi e costanti, nella esecuzione dei consigli che dò qui di seguito. Insisto soprattutto sul concetto di costanza, perché il tempo di cura, necessario per debellare questo male, è molto variabile, ma sicuramente non di breve durata. Disarmonia nella orchestrazione ormonale, dovuta al particolare momento di assestamento dell'organismo, nella fase dello sviluppo dell'età puberale, e postpuberale, l'acne giovanile si autoalimenta, e si autoaggrava, per "la disperazione" che s'impossessa del giovane, che si guarda nello specchio, vede il suo volto deturpato, si agita, vuole guarire subito, a tutti i costi, ma si sente dire dal medico che ci vuole pazienza, perché questo male andrà via da solo, ma solo dopo anni di attesa. Al massimo, sono disponibili delle pomate e dei saponi speciali, oppure cicli di terapie antibiotiche e cortisoniche mirate. Al giovane, che intende guarire da questa fastidiosa situazione, dico: Attieniti scrupolosamente a quanto indicato nel paragrafo sulla dieta ad azione epatoprottettiva allo scopo di purificare il sangue. Esegui un ciclo di terapia con tisane, come consigliato nel paragrafo relativo alle malattie della pelle. Ogni volta che puoi, naturalmente quando stai a casa, nel tuo ambiente familiare, tieni unto il tuo volto con olio di iperico, che rimuoverai usando sapone neutro, o un sapone allo zolfo, al miele, al catrame, all'argilla; se non hai l’olio di iperico, usa tranquillamente l’olio di oliva. Se sei un giovane che deve radersi, ungi il tuo volto con olio di iperico, o con un olio semplice, sia prima che dopo la rasatura. Se sei una ragazza, agirai su utero ed ovaie, facendo una serie di applicazioni di foglie di verza o di cavolo cappuccio sul bacino, tutte le sere, fino al mattino successivo. Per sapere quando devi porre fine al ciclo di impacchi, leggi quanto è scritto sul cavolo. Questo tipo di impacchi mira, tra l'altro, a stimolare la funzionalità ovarica, perché le gonadi femminili sintetizzano, e liberano, gli ormoni sessuali, con giusto equilibrio: l'acne si combatte anche in questo modo. La sera, fai degli impacchi con foglie di cavolo verza, o di cavolo cappuccio, sulle parti del viso colpite dall'acne - fronte o guance. Questi impacchi li rimuoverai la mattina seguente, e laverai il viso come indicato sopra. Sono sorprendenti i risultati che si ottengono con queste applicazioni, ed anche in tempi brevi. È utile prendere l'abitudine di fare una maschera di argilla al viso, una volta la settimana, a prescindere se si abbia o meno l'acne. Comprate in erboristeria argilla fine ventilata, quella adatta per fare delle maschere, e preparate in una scodella una crema, ottenuta mischiando acqua tiepida ed argilla. Spalmate su tutto il viso l’argilla così trattata, in uno straterello sottile, lasciando che si asciughi all'aria. Rimuovete il tutto con acqua e sapone, e asciugate il volto; quindi, ungete il viso con olio di iperico, o con olio di mandorle, o, se non avete altro, con olio di oliva semplice, che rimuoverete dopo un dieci minuti ( potete tenerlo anche più a lungo ). È utilissimo consumare quotidianamente peperoncino in polvere, aggiunto crudo ai cibi al momento di mangiare. Se ne consiglia un grammo per ogni dieci chili di peso corporeo . Un dado di lievito di birra la mattina, e uno nel pomeriggio, ti aiuteranno certamente a guarire prima: li puoi bere sciolti in acqua, latte, o altri liquidi .Un rimedio radicale, e che porta il tuo organismo anche al peso ideale, è il digiuno teraupetico degli igienisti. I risultati sono ottimi e garantiti, ma alle condizioni che ho precisato. A conclusione, faccio una precisazione. Mi accorgo che sono stato troppo severo nella elencazione dei rimedi da adottare, per vincere questo stato patologico, dimenticando che il paziente è quasi sempre un adolescente, che, per definizione, ha, generalmente, poca pazienza. A questo paziente dalla poca pazienza raccomando di fare almeno due cose: di bere con pazienza le tisane indicate per purificare il sangue, addolcendole eventualmente con miele, o con zucchero di canna; di fare applicazioni con foglie di cavolo sul viso, come indicato sopra. Non è una terapia perfetta, ma dei buoni risultati si avranno ugualmente.




    AFTA. AFTA EPIZOOTICA. STOMATITE AFTOSA -Fate bollire l'acqua, spegnete, aggiungete un cucchiaino abbondante di fiori di camomilla per ogni quarto d'acqua, filtrate dopo 5 minuti: colui che soffre di afta, se ogni quarto d'ora fa degli sciacqui della bocca con questa tisana di camomilla, per tutta la giornata, vedrà scomparire, completamente, questa particolare infiammazione della mucosa del cavo orale. È, questa, la conclusione tirata dal primario dott. H. Brenner, sulla base di due osservazioni cliniche, e riportata da R. Willfort, nella sua opera «Gesundheit durch Heilkräuter.



    ALLERGIA. STATO ALLERGICO- Per capire che cos'è uno stato allergico, si deve fare qualche esempio pratico. Se noi prendiamo due individui, li mettiamo a vivere nelle medesime condizioni ambientali, e facciamo respirare ad essi la stessa aria, osserviamo ad un certo momento che l'uno dei due comincia a star male, e l'altro invece sta perfettamente bene. Cioè, pur avendo respirato la stessa aria, e quindi le stesse particelle che sono sospese nell'aria, ognuno di essi ha avuto una reazione totalmente diversa. Sulla base dei sintomi, espressi da colui che si è sentito male, noi diciamo che siamo in presenza di un soggetto allergico, mentre affermiamo che l'altro non lo è. Cerchiamo di capire che cosa è successo nel soggetto «allergico». La risposta ce la dà una branca della scienza medica, che prende il nome di Immunologia. Secondo questa disciplina, il soggetto allergico ha avuto la crisi cosiddetta allergica perché, in altre occasioni, precedentemente, ha già respirato quel tipo di aria, nella quale erano sospese delle particelle speciali, che, una volta entrate nell'organismo, hanno indotto alcune cellule del sistema linfocitario a produrre, e a immettere nel circolo sanguigno, particolari immunoglobuline, le IgE. Queste hanno il potere di fissarsi, in modo selettivo, a cellule del nostro organismo, denominate «mastcellule», ricche di una sostanza, abbastanza nota anche ai profani, l'istamina. La quale, se è presente in circolo nel sangue secondo un livello fisiologico, cioè normale, ha delle funzioni utilissime per l'organismo. Ma, se il suo livello ematico è superiore alla norma, produce degli effetti patologici, e, tra gli altri, e soprattutto, una risposta allergica più o meno grave. Ora, siamo rimasti al momento nel quale le IgE, prodotte dalle plasmacellule, in seguito alla provocazione da parte delle particelle d'aria inalate, e successivamente presenti nel sangue, si sono fissate sulla superficie delle mastcellule. Queste particolari immunoglobuline sono capaci di legarsi con quelle particelle d'aria, che hanno provocato la loro formazione da parte delle plasmacellule. Per cui, se in un secondo momento, quelle particelle d'aria sono nuovamente presenti nel sangue circolante, ad una certa concentrazione possono venire in contatto facilmente con le IgE, che sono fissate sulla membrana delle mastcellule: se questo contatto avviene, le mastcellule liberano l'istamina, e noi ci troviamo davanti ad una risposta allergica del soggetto, preso in esame. Nell'individuo «non allergico», le cellule del sistema linfocitario sono rimaste indifferenti alla provocazione delle particelle inalate, oppure queste non sono state capaci di entrare nel circolo sanguigno, per cui non hanno per niente provocato i linfociti. Quindi, la risposta allergica presuppone un contatto primo delle cellule immunitarie con gli allergeni - cioè con le particelle capaci di rendere "allergico" un individuo - e un secondo contatto con essi, quando questi siano presenti nel sangue circolante, in una determinata concentrazione. A questo punto, possiamo tentare di proporre una soluzione al problema dell'allergia, proprio sulla base di quanto detto sopra. Precisando anche che, quanto detto, nell'esempio riportato, riguardo alle particelle d'aria, vale per qualunque sostanza entri nel circolo sanguigno, da dovunque provenga, e venga a contatto con cellule immunitarie, predisposte a lasciarsi provocare, e a rispondere con la produzione delle IgE. Possiamo intervenire su uno dei momenti di questo complesso processo, che determina e scatena lo stato allergico. Siccome le terapie idropiniche fitoterapiche - cioè l'assunzione per via orale di tisane, ricavate da determinate erbe - hanno il potere detossicante, antitossiemico, cioè sono capaci di eliminare le tossine, presenti nel circolo sanguigno; siccome le particelle circolanti, capaci di allergizzare, si possono paragonare per i loro effetti dannosi, a delle vere e proprie tossine; dobbiamo concludere che una opportuna terapia con erbe medicinali, ad azione depurativa del sangue, con funzione di eliminazione delle tossine circolanti, non può non essere considerata una vera e propria terapia antiallergica. Difatti, se gli allergeni circolanti vengono eliminati, o non raggiungono la concentrazione «critica» prima di venire in contatto con le IgE, che si trovano sulle membrane citoplasmatiche delle mastcellule, non ha inizio per niente la risposta allergica. Possiamo, quindi, anche dire che tutte le erbe medicinali, capaci di purificare il sangue, sono antiallergiche, e che aiuta a combattere l'allergia qualunque dieta antitossiemica, come anche lo è certamente un digiuno teraupetico assistito. Se, poi, ci troviamo davanti ad un soggetto, nel quale sia oramai in corso la risposta allergica, senza alcuna possibilità concreta - ovviamente - di prevenzione, la terapia disintossicante, di cui prima, conserva tutta la sua validità, esercitando una funzione di progressiva «desensibilizzazione» dell'organismo, fino ad una guarigione completa - almeno è legittimo sperarlo - se si è costanti nel tempo, e non frettolosi. Naturalmente, oltre all'allergia presa in considerazione, mediata dalle IgE, detta anche «ipersensibilità del tipo I», ci sono altre forme di risposte cosiddette allergiche dette ipersensibilità di tipo II, III, IV, ecc....
    Anche in questi casi, una terapia disintossicante, a base di tisane depurative, o con il digiuno, o con una dieta mirata, non può che essere di notevole giovamento. Difatti, è noto che, in ogni processo patologico di qualsiasi natura, che si instauri nell'organismo, si ha accumulo, circolante nel sangue, di sostanze tossiche, che sono sempre il prodotto terminale di qualunque alterazione dei meccanismi fisiologici di un organismo vivente. N.B. Andando a guardare alle voci «allergie dei bambini», «allergie delle vie respiratorie», «mani screpolate», il lettore troverà ulteriori utili e pratici consigli. Inoltre, informo il lettore, che promette buoni risultati - diversi pazienti lo hanno testimoniato – il prodotto naturale «fiori di fieno», della ditta Lifeplan, distribuito dalla Pegaso. Raccomandato, in Svizzera, dal Ministero della Sanità, esso va assunto, anche per lunghi tempi, nella quantità di una compressa tre volte al dì, mezz’ora prima di ogni pasto principale.
    ALLERGIE DEI BAMBINI pazienti dell'età infantile, della prima e della seconda infanzia, sono difficili da trattare, data la loro particolare psicologia. Per aiutare i bambini allergici in maniera efficace, bisogna agire in direzione di un potenziamento delle funzioni dell'apparato digerente, e dare loro tisane calmanti. Schematicamente, procedete in questo modo: a. Impacchi. Due volte al dì, nella mattinata e nel pomeriggio, fate un'applicazione locale sul pancino, con ovatta bagnata con l'amaro svedese della durata di mezz'ora ciascuna, non dimenticando di ungere con olio, o con pomata di calendula, o con olio medicinale, o con sugna di maiale, la zona da trattare, sia prima dell'impacco, che dopo; concludendo l'operazione sempre con l'uso di un buon sapone neutro, per lavare bene il pancino, che asciugherete non solo con l'asciugamano, ma anche con l'asciugacapelli. Al posto dell'amaro svedese, o, anche, oltre l'impacco con l'amaro svedese, potete fare una, o due applicazioni di pomata di calendula, sempre sul pancino, ciascuna della durata di due-tre ore, concludendo con una igiene opportuna. Durante le fasi più acute della forma allergica, il bambino potrebbe trascorrere la notte con un impacco sul pancino con le foglie della verza, o del cavolo cappuccio . Anche gli impacchi sul pancino con ovatta bagnata con olio semplice, o con uno degli oli medicinali , sono utili per rinfrescare l'intestino, il quale, per vari motivi, è sottoposto ad un lavoro eccessivo, quando sia in corso uno stato allergico. Per questi impacchi con olio, non c'è una durata obbligatoria. b. Tisane. Bevande ricavate dalle erbe medicinali, ad effetto rinfrescante sull'intestino, sono indicate nel trattamento delle allergie, perché esercitano anche un'azione calmante sul sistema nervoso, e riducono - in ultima analisi - la particolare sensibilità dell'organismo, che è alla base delle risposte allergiche. I semi di finocchio, i fiori di camomilla, altre tisane di vostra conoscenza, utili per "distendere i nervi" dei piccoli pazienti, trovano indicazione qui; quando le tisane sono pronte per essere bevute, addolcitele con il miele. Schematicamente, potete procedere in questo modo: Nella mattinata, lontano dai pasti, date al bambino sofferente un quarto di tisana, ricavato facendo bollire l'acqua, spegnendo, aggiungendo un cucchiaino di semi di finocchio, filtrando dopo 5 minuti; addolcite con un cucchiaino di miele, quando la tisana non è più bollente. Potete usare anche la bottiglia con il ciucciotto, se i bambini sono nell'età che lo permette. Nel pomeriggio, date al bambino mezzo quarto di tisana di camomilla, o di qualcosa di equivalente, preparando come indicato per i semi di finocchio. Naturalmente, ciascuno di voi conosce i propri pargoletti, e si comporti con essi con tanto amore, ma anche con il giusto tatto psicologico. La sera, poi, all'ultima ora, ove sia possibile, fate bere ai piccoli pazienti un quarto della bevanda indicata nel paragrafo sul trattamento delle insonnie, ricavata dalla bollitura di acqua e bucce di mele, presentata da Breuss come un eccellente calmante, capace di indurre un dolce desiderio di dormire. È una bevanda sicuramente non dannosa, che potrebbe dare sorprendenti risultati, facendo dormire in pace tanto i bambini, quanto gli adulti, specialmente se viene opportunamente addolcita con il miele, quando ha raggiunto la temperatura ambiente, ed è pronta per essere bevuta. Se vi riesce di metterli in pratica con pazienti così particolari, utilizzate anche i rimedi proposti nel paragrafo sulle allergie delle vie respiratorie. Concludo ricordando che esistono diversi prodotti naturali in vendita nelle erboristerie e in molte farmacie, indicati per combattere le allergie; informatevi, a riguardo, e regolatevi come meglio credete.

    ALLERGIE DELLE VIE RESPIRATORIE e la mucosa delle vie respiratorie si è sensibilizzata all'azione degli allergeni presenti nell'aria che respiriamo, si instaura quel quadro clinico morboso, che è detto comunemente allergia; prende il nome di rinite allergica, se la sensibilizzazione interessa la mucosa delle cavità nasali, e si chiama asma allergico, se si tratta della mucosa delle basse vie respiratorie. Accanto alle misure terapeutiche descritte nel paragrafo sul naso, sulle narici, e sulle vie respiratorie, mettete in pratica quanto consiglio qui brevemente. Almeno una volta al dì, ungete con olio semplice di oliva - o con uno degli oli medicinali, le due narici, quanto più profondamente possibile, utilizzando i bastoncini di cotone, e mettete nelle narici dei tamponi di ovatta, bagnata con l'amaro svedese, che rimuoverete dopo 5-10 minuti, ungendo nuovamente con olio le narici; questa operazione la potete ripetere anche altre volte nel corso della giornata. Lo scopo è quello di desensibilizzare la mucosa nasale, rafforzandola con questi metodi, che hanno la capacità di rimuovere lo stato di infiammazione della mucosa, che generalmente accompagna la risposta allergica. Questo primissimo tratto delle vie respiratorie può essere paragonato ad un interruttore dell'elettricità, nel senso che, se esso si sensibilizza all'aggressione degli allergeni dell'aria, mette in moto tutta una serie di reazioni a catena, di risposte a cascata, che si amplificano sempre di più; se questo interruttore non reagisce agli stimoli delle particelle aeree, non si innesca il processo di reazioni a catena. Almeno così si spera; ed in ogni caso, val la pena di fare questo innocente tentativo.


    ALOPECIA AREATA- Per questa malattia del capello e del cuoio capelluto, vale il discorso generale fatto sul capello. Le singole aree, che costituiscono la tipica lesione, possono essere trattate con l'amaro svedese, utilizzato con ovatta, bagnata con esso, e applicato localmente, per tutto il tempo necessario perché sia assorbito. A questo punto, si può fare un intervallo prima di passare ad una nuova applicazione, oppure potete aggiungere sempre altro amaro svedese all'ovatta che risulti asciutta; questo va fatto secondo le disponibilità di tempo, naturalmente. Prima di ogni applicazione, è utile ungere la lesione con olio di oliva, o con uno degli oli medicinali. Se vi è possibile, volendo fare una terapia d'urto, potete ungere con olio il cuoio capelluto tutto quanto, e applicare su tutta la testa un impacco con ovatta, bagnata con l'amaro svedese, la sera, da rimuovere solo la mattina seguente; fate seguire uno shampoo con un buon prodotto di erboristeria, o di farmacia, indicatovi eventualmente dal dermatologo. Questa applicazione totale va fatta solo una o due volte per settimana. Sono efficaci le applicazioni locali, sulle singole aree, o su tutto il cuoio capelluto, di miele, di fieno greco e miele, di pomata di calendula, di argilla. Impacchi con questi prodotti naturali - tutti altamente efficaci - su tutto il cuoio capelluto, possono essere fatti utilmente alcune ore prima dello shampoo, oppure anche per tutta la notte, se avete deciso di fare lo shampoo la mattina seguente. Sottolineo l'importanza di una cura generale ad azione disintossicante, per avere risultati sicuri e definitivi. Se l'alopecia interessa la barba, non si dimentichi di seguire i consigli dati per una buona rasatura.

    ANEMIE- In presenza di uno stato anemico, qualunque sia la sua tipizzazione clinica, oltre a seguire tutte le prescrizioni dello specialista ematologo e/o del medico che segue il caso, tenete presenti i seguenti consigli, relativi a metodiche naturali, utili ed efficaci nel trattamento di tutte le patologie a carico degli elementi figurati del sangue. Preciso, come sempre, che, in ogni caso, si tratta di rimedi inoffensivi, innocui, che non comportano cioè danni ulteriori, ove non risolvessero le malattie trattate - il che poi, è raro, ed in genere è la conseguenza di una incapacità ad essere precisi e costanti nella messa in opera delle terapie naturali consigliate. A. LE TISANE Ogni attività antitossiemica, cioè disintossicante, svolge sicuramente, e logicamente, anche una funzione antianemica; quindi, tutte le tisane, se assunte in modo opportuno, sono indicate nel trattamento degli stati anemici, perché sono sempre, e tutte, più o meno attivatrici dei sistemi di filtraggio del sangue. Tuttavia, alcune erbe medicinali hanno dimostrato di avere più capacità di altre, nel combattere le anemie; tra queste, ne cito e ne indico le seguenti, con l’orientamento di mezzo litro al giorno di tisana, come trattamento medio di base: Le ortiche . Questo dono di Dio esercita sull’organismo una notevole attività antianemica. Fate bollire mezzo litro d’acqua, spegnete, aggiungete due cucchiaini abbondanti di ortiche, filtrate dopo 5 minuti. Quando la tisana è tiepida, potete aggiungere anche un cucchiaino di miele, che è anch’esso antianemico. Bevete a sorsi distanziati, lontano dai pasti, nella mattinata o nel pomeriggio. L'equiseto . Forse è l’acido silicico, che è contenuto in notevole concentrazione nell’equiseto, o sono altri i fattori antianemici: quello che conta è l’efficacia di questa pianta medicinale. Fate bollire assieme mezzo litro d’acqua, e due cucchiaini abbondanti di equiseto, per un minuto; spegnete, e filtrate dopo un minuto. Bevete nella mattinata, o nel pomeriggio, lontano dai pasti, a sorsi distanziati, addolcendo, se volete, con un cucchiaino di miele, quando la tisana è tiepida. La salvia , attiva su tutto l’apparato endocrino, la salvia è anche per questo, sicuramente, un fattore antianemico. Fate bollire assieme, per tre minuti, mezzo litro d’acqua, e tre cucchiaini di salvia; spegnete, e filtrate dopo 10 minuti. B. INTEGRATORI ALIMENTARI : I succhi Breuss. Indicati nel digiuno terapeutico di Breuss, sono sicuramente utili nel trattamento delle anemie, assunti nella quantità media di un quarto al giorno, sempre a piccoli sorsi, ben insalivati prima di essere deglutiti, lontano dai pasti. Le ore migliori sono quelle della mattinata, quando l'assimilazione intestinale è ottimale. Potete prepararli da soli, usando una centrifuga, oppure li comprate nelle erboristerie, o nelle farmacie, che ne siano fornite. Le arance. Il succo delle arance è un alimento tradizionale, che val sempre la pena di consigliare in svariate situazioni patologiche, e che trova una indicazione fondamentale quale integratore nelle terapie antianemiche. Una dose giornaliera media giunge fino al mezzo litro, bevendo, possibilmente, a piccoli sorsi distanziati, oppure almeno a bicchierini distanziati, lontano dai pasti; naturalmente, se i pazienti sono dei bambini, quello che conta è che essi bevano il succo delle arance, e non importa troppo il come, e il quando. Il lievito di birra, con il suo elevato apporto delle vitamine del gruppo B, non può non essere annoverato tra i rimedi antianemici da consigliare. La dose media pro-die è di un cubetto nella mattinata, masticato direttamente, con l'aiuto di un po’ di latte, o acqua, o altro, oppure sciolto in una piccola quantità di acqua, o di latte, o di succhi di frutta, e di uno nel pomeriggio. I prodotti delle api. Oltre alla già indicata terapia con il miele, sono buoni fattori antianemici il polline granulare - di cui se ne possono prendere anche due cucchiaini al giorno, tra mattina e pomeriggio, masticati con un po’ di latte, o di altro liquido - e la pappa reale, assunta nell'ordine di due spatoline ogni mattina, sciolte sotto la lingua, o comunque nel cavo orale, ed ingoiate solo dopo di avere trattenuto il tutto in bocca, per un certo lasso di tempo. L'uva passa può essere utilmente consumata ogni giorno - ove non ci siano controindicazioni, per eventuali stati diabetici - nella quantità di un cucchiaino la mattina, uno a mezzogiorno, e uno la sera, prima dei pasti. Da essa ne viene all'organismo un notevole apporto vitaminico, e di zuccheri facilmente digeribili ed assimilabili: l'effetto ultimo è una attività antianemica sicura. Il peperoncino (pag. XX), quale grande attivatore del metabolismo generale, va annoverato tra i fattori antianemici; è consigliata, la sua consumazione quotidiana, nella quantità di un grammo per ogni 10 Kg. di peso corporeo. Sia assunto crudo, e ridotto in polvere, aggiunto ai cibi nel momento in cui questi devono essere consumati; oppure ingoiato in un'ostia, dopo i pasti principali. L'olio di germe di grano comporta una buona integrazione vitaminica quotidiana, se assunto sotto forma di perle - nell'ordine di 5 perle al giorno - la mattina, a digiuno.
    ALTRO : L'ascorbato di potassio è consigliato in moltissime situazioni di malattia, e può essere indicato anche negli stati anemici. Potrebbe risultare utile un ciclo di terapia di tre mesi, con tre dosi al dì, ciascuna assunta sciolta in un po’ d'acqua, prima di ogni pasto principale, e costituita da 1 grammo di bicarbonato di potassio, e da 0,50 gr. di acido ascorbico. Il controllo della stato di salute di denti e gengive è indispensabile, per potere porre rimedio ad eventuali situazioni patologiche, ricorrendo allo specialista, ed ai rimedi suggeriti alla voce «paradentosi». L'aria pura da respirare, necessaria per il mantenimento di una buona salute, è «conditio sine qua non» nel trattamento delle anemie. «Lautes Lachen macht gesund» è l'equivalente tedesco del nostro «il riso fa buon sangue»: anche la principessa della favola, molto ammalata, guarì, quando a corte arrivò il giullare, capace di farla ridere tanto. Il buonumore, la gioia, l'allegria, esprimono la vita, e la promuovono, sbloccando, da una parte, le inibizioni, e attivando, dall'altra parte, tutti i meccanismi della vita, tra cui, in primis, il sistema emopoietico. «In amaritudine salus»: l'amaro svedese è un attivatore delle funzioni di tutti gli organi, e quindi anche di quelli preposti alla produzione degli elementi figurati del sangue. Prendetene un cucchiaio tre volte al giorno, mezz'ora prima di ogni pasto principale, in forma assoluta, o diluito in un po’ d'acqua.

    APPENDICITE - Si può fare un lodevole tentativo per evitare l’intervento chirurgico di asportazione dell’appendice, se si fanno le seguenti cose: Tutte le sere, applicate sulla regione pelvica, cioè tra l’ombelico e gli organi genitali esterni, previa unzione con. olio, e insistendo eventualmente maggiormente sul lato destro, un impacco costituito da ovatta bagnata con l'amaro svedese, della durata di mezz’ora circa; rimuovete questo impacco, lavate con sapone neutro la parte trattata, e applicate sulla stessa regione corporea un impacco di foglie di verza o cavolo cappuccio. Questo impacco lo rimuoverete il mattino successivo, lavando nuovamente la zona trattata; dopodiché, se possibile, applicate un impacco con ovatta e amaro svedese, come la sera precedente. Continuate in questo modo, fino a quando gli impacchi con foglie di verza o cavolo cappuccio non esprimono l’esaurimento del ciclo, quando cioè non risultano più alterati, puzzolenti, acidi, ecc. Se avete a disposizione pomata di calendula, potete fare impacchi con questa, invece che con l'amaro svedese, spalmandola sopra l’ovatta, o sciogliendola sul fuoco, prima di versarla liquida sull’ovatta. In questo secondo caso, applicate l’impacco solo quando non è più caldo. La durata di un impacco con la calendula è di 2-3 ore. Durante il periodo in cui fate gli impacchi, bevete quotidianamente un quarto nella mattinata, e uno nel pomeriggio, di una tisana preparata con semi di finocchio, comprati in erboristeria. La mattina fate bollire mezzo litro d’acqua, spegnete, aggiungete due cucchiaini abbondanti di semi di finocchio, filtrate dopo cinque minuti. Bevete lentamente, a sorsi, lontano dai pasti. Se il paziente riesce, deve consumare, quotidianamente, un dado e mezzo di lievito di birra, nel seguente modo: mezzo dado la mattina, mezzo nel pomeriggio, mezzo la sera, dopo la cena, sciolti in un po’ d’acqua e bevuti, o sciolti direttamente in bocca, aiutandosi con un po’ di latte, o con altre bevande. Se è presente stitichezza, seguite i consigli proposti alla voce «stitichezza». Osservate un particolare regime dietetico, per lo meno durante la terapia, ma possibilmente anche dopo. Evitate grassi e fritture, insaccati, carne di maiale, uova, cioccolato, aceto, sottoaceti; e tutto quello che, per esperienza, vi siete accorti che comporta turbe digestive. Si deve evitare il pepe, ma si può usare peperoncino in polvere, che si aggiunge crudo ai pasti. Gli igienisti sottolineano la eccezionale validità del digiuno terapeutico per il trattamento dell’appendicite acuta, e di quella cronica. Occorrono da due a quattordici giorni di digiuno assistito, per guarire. Il dott. Hay ha trattato oltre 400 casi di appendicite, acuta o cronica; in diciannove di questi casi, l’appendice era ormai era già lacerata, con minaccia di peritonite: per tutti ci fu la guarigione completa, senza il minimo pericolo, e senza alcun ricorso alla chirurgia. In conclusione, le vie più brevi per tentare una guarigione completa, evitando l’intervento chirurgico, sono gli impacchi con l'amaro svedese, quelli con il cavolo, e il digiuno terapeutico assistito.



    ARCATE DENTARIE - Premesso che il medico dei denti è il dentista, dal quale non si può assolutamente prescindere, propongo i consigli che seguono. Quando avete mal di denti, applicate sui punti dolenti ovatta, bagnata con l’amaro svedese. In questo modo, troverete rimedio per il dolore; ma, per rimuovere le cause, dovete far ricorso al dentista. Se la guancia è gonfia, e la causa della tumefazione risiede in qualche affezione dentale, fate impacchi con foglie di verza o cavolo cappuccio, almeno la sera fino alla mattina: vedrete che presto la guancia, letteralmente «si sgonfia» e potrete fare a meno della cura antibiotica, che altrimenti si rende necessaria per mettere il dentista in condizioni di procedere per eventuali ulteriori trattamenti. Naturalmente, sono efficaci allo stesso modo gli impacchi, sulla guancia gonfia, con ovatta e amaro svedese. Se trattate la gengiva con applicazioni locali di ovatta impregnata con l’amaro svedese, non vi impressionate se, per un certo tempo, la lesione sembra peggiorare, ed allargarsi: è una reazione infiammatoria di liberazione, nel senso che il corpo, provocato dall’impacco, tende ad eliminare verso l’esterno tutto il materiale patologico, che si trova nei tessuti lesionati. È, questa, un’azione di drenaggio, e la lesione si ripara da sola. In questo modo, potete anche tentare di provocare lo svuotamento, per drenaggio più o meno visibile, di tipo transosseo e transgengivale, di una lesione granulomatosa, provocata da pulpite, con infiammazione cronica delle strutture periapicali, o da altre cause. L’impacco locale diretto con ovatta e amaro svedese da una parte, e gli impacchi sulla guancia con il cavolo, dall’altra, potrebbero anche risolvere il problema. In ogni caso non si è fatto alcun danno alle strutture trattate, ma sicuramente si è migliorata la situazione locale. Idem dicasi di eventuali accessi dentali, periapicali e non, ed anche se si tratti di cisti mascellari. Ribadisco che si indica qui «un tentativo», e non una via certa, per la soluzione di questi problemi. Impacchi sulle guance con foglie di cavolo e/o con l’amaro svedese agiscono efficacemente sulle sinusiti mascellari. Inoltre, ne guadagna anche la pelle del viso a livello delle guance, per la riattivazione della circolazione locale, indotta da queste applicazioni.



    ARTRITE - ARTRITE REUMATOIDE GOTTA REUMATISMO ARTICOLARE ECC - Per quanto riguarda il trattamento di artrite, reumatismo, e gotta, ecco quanto dicono gli igienisti, sostenitori del digiuno assistito: «L’artrite, il reumatismo e la gotta rispondono abbastanza in fretta al digiuno. La maggior parte dei pazienti si libera da gravi attacchi artritici, entro pochissimi giorni dall’inizio del digiuno. C’è una graduale scomparsa del gonfiore, ed il completo o parziale assorbimento della deformità, attraverso l’autolisi, che provvede a non far avvenire la completa ossificazione delle giunture. Il dott. Casey A. Wood, professore di chimica al Dipartimento Medico del Bishop’s College di Montreal, pubblicò un rapporto riguardante 7 storie di casi sul reumatismo articolare acuto. Questi pazienti furono portati rapidamente in salute, attraverso un digiuno di 4-8 giorni. Inoltre, il dott. Wood menzionava altri 40 casi simili, proveniente dalla sua propria esperienza privata, in cui veniva menzionata la guarigione da questa malattia, ed in nessun caso si richiedeva un digiuno maggiore dei 10 giorni. Comunque, i pazienti, affetti da artrite cronica da lungo tempo, devono, di solito, intraprendere digiuni piuttosto lunghi. Coloro i quali sono talmente mal strorpiati, da non riuscire a camminare da soli, di solito hanno sollievi molto considerevoli alle giunture irrigidite, durante un unico digiuno, nonostante che la riabilitazione completa (quando essa sia possibile), in alcuni di questi casi richiede un secondo digiuno». Il brano appartiene al libro «Il digiuno terapeutico», della casa editrice Igiene Naturale, Gildone (CB), pagg. 37-38; opuscolo molto utile per eventuali approfondimenti sul digiuno terapeutico «made in USA.

    ARTROSI - ARTRITE ARTRITE REUMATOIDE ARTROSI PROGRESSIVA DEFORMANTE DISCOARTROSI ECC. - ella insorgenza e nel determinismo di queste malattie, si riconosce, oggi, un ruolo fondamentale alla risposta immune, la quale, protraendosi oltre un certo limite fisiologico, assume un carattere decisamente patologico; per cui, il sistema immunitario finisce col creare danni all’organismo, nel momento stesso che continua a compiere il suo dovere, consistente nel tentativo di neutralizzare, e distruggere, tutte le particelle viventi e non viventi, che ha individuato come estranee all’organismo. Nelle forme reumatiche, e nelle artropatie, le cose vanno più o meno così: quando nel nostro organismo si determina la presenza di focolai infettivi, se questi non vengono spenti in tempi rapidi, o non vengono isolati completamente e controllati a vista, ma si cronicizzano, da essi partono continuamente delle cariche infettive, che stimolano senza sosta la risposta immune umorale, con la produzione continua di anticorpi. Si formano degli immunocomplessi, i quali possono essere di natura tale, da finire con il depositarsi nelle pareti dei vasi più piccoli. La precipitazione a questo livello attiva una ulteriore risposta immune, questa volta di natura cellulare, che produce, in ultima analisi la reazione infiammatoria. Nasce così la malattia, la quale poi è capace di autoalimentarsi, anche allorché sia stato spento il focolaio primitivo, e siano finiti, eventualmente, gli immunocomplessi pericolosi, di cui sopra. Questa serie di eventi è classificata come allergia, o ipersensibilità di tipo III da immunocomplessi. In questo quadro si evidenzia la presenza di due ordini di focolai: quelli primitivi, e quelli secondari. I primi sono dei primers, i quali danno inizio al processo patologico, e lo alimentano continuamente, stimolando la risposta immune, e la formazione degli immuno-complessi patologici. Il focolaio secondario, o i focolai derivati, costituiscono la malattia conclamata ed evidente, e possono diventare, e generalmente diventano, focolai autonomi autoalimentantesi. Il medico, che si propone di combattere le forme reumatiche e le artropatie, dovrà innanzitutto individuare se ci sono eventuali focolai infettivi primitivi. I foci dentali, e quelli tonsillari, saranno tra i primi ad essere ricercati. Per i focolai dentali e paradentali, occorre un’indagine. scrupolosa ed accurata, da farsi da parte di dentisti che siano sensibili al discorso sulla gravità di eventuali «malattie metafocali»: perché, se lo specialista dei denti «non ci crede», come si usa dire, allora non sarà neppure molto attento nella ricerca dei focolai, specialmente se non sono foci macroscopici. Alla individuazione dei focolai, seguirà, naturalmente, il loro trattamento radicale, per un loro «spegnimento» totale. Fatto questo, e mentre si fa questo, si deve, naturalmente, combattere le forme reumatiche, l’artrosi, l’artrite, ecc., che sono malattie, le quali, lo dico a ragion veduta, e con cognizione di causa, si possono vincere e debellare definitivamente, con più o meno completa «restitutio ad integrum»: i rimedi naturali esistono, basta solo conoscerli, e saperli applicare adeguatamente. Alcuni di essi trovano impiego nell’uso locale, altri sono attivi sull’organismo nella sua globalità, operando dall’interno, attraverso il circolo sistemico. Concretamente, chi soffre di una delle malattie segnate nel titolo di questo paragrafo, e vuole guarire - dico «vuole», e non «desidera» semplicemente - deve fare per almeno sei mesi, ma forse anche per un intero anno, a seconda della gravità, della estensione, e del grado di cronicizzazione della malattia da «combattere», la terapia di base, che si articola nei punti che descrivo qui di seguito:
    A. Le tisane e l'amaro svedese. Bevete, tutti i giorni, la seguente tisana: fate bollire assieme un litro d’acqua e due cucchiaini abbondanti di salvia, per tre minuti. Spegnete. Aggiungete un cucchiaino di foglie di ortiche, un cucchiaino di equiseto, ed un cucchiaino abbondante di liquirizia radici. Filtrate dopo dieci minuti. Bevetene lentamente, a sorsi, durante la giornata, lontano dai pasti, mezzo litro nella mattinata e mezzo litro nel pomeriggio. Chi volesse rendere più gradevole la tisana - nel caso che non riesca a berla così come consigliata - aggiunga due cucchiaini di liquirizia, invece che uno, e un cucchiaino, o due, di miele. Prendete, ogni giorno, l’amaro svedese nella quantità di tre cucchiai, diluiti in un po’ d’acqua, nel modo seguente: di ogni cucchiaio di amaro svedese così diluito, prendetene la metà mezz’ora prima di ogni pasto principale, colazione, pranzo, cena, e l’altra metà mezz’ora dopo i pasti. Chi non ha difficoltà a prendere cose amare, può aggiungere i tre cucchiai di amaro svedese alla tisana di salvia indicata sopra: è solamente questione di gusti, l’efficacia è la stessa. Invece di tre cucchiai al dì, si possono consumare tre cucchiaini dell’amaro svedese, diluiti in un po’ d’acqua, oppure aggiunti alle tisane. Ad indicare la notevole efficacia dell’amaro svedese nel combattere le forme reumatiche, artrosiche, e artritiche, anche quelle che stessero ad uno stadio particolarmente avanzato, Maria Treben riferisce il caso di una signora, che poté abbandonare, dopo ben quindici anni, la sedia a rotelle, sulla quale era stata costretta a vivere a causa di una gravissima deformazione delle articolazioni. Altre testimonianze si possono leggere nel volume «Maria Treben’s Heilerfolge». In alternativa alla tisana con salvia, si possono prendere una tisana di ortiche, e una di equiseto, nella maniera seguente: nella mattinata, orientativamente dalle ore 10.00 a mezzogiorno, bevete a sorsi, lentamente, mezzo litro di tisana di ortiche, preparata facendo bollire l’acqua, spegnendo, aggiungendo due cucchiaini abbondanti di foglie di ortiche, filtrando dopo 5 minuti. Nel pomeriggio, bevete mezzo litro di tisana di equiseto, preparata facendo bollire assieme l’acqua e due cucchiaini abbondanti di equiseto, per un minuto. Si spegne, e si filtra dopo un minuto. A ciascuna di queste tisane, si può aggiungere un cucchiaio di amaro svedese, oppure questo lo si prende come indicato sopra.

    B. Le applicazioni locali. Laddove la forma reumatica, l’artrosi, e l’artrite abbiano delle localizzazioni precise, al di là della forma diffusa, si può agire sui punti dolenti direttamente, mediante applicazioni locali. Utilissimi sono gli impacchi di ovatta, bagnata con l’amaro svedese , che saranno rimossi quando si osserva che il liquido è stato ormai assorbito dal corpo: è consigliabile ungere con olio, o con sugna di maiale, o con pomata di calendula le parti da trattare, prima di applicare l’impacco con ovatta e amaro svedese. Se l’impacco viene applicato di sera, lo si rimuove direttamente la mattina successiva. Sono consigliati anche impacchi con la pomata di calendula, spalmata su ovatta. L’applicazione la si può rinnovare ogni quattro ore circa. Non dico «indicati», ma «indicatissimi», sono gli impacchi locali con foglie di verza, o di cavolo cappuccio. I risultati sono garantiti, e abbastanza rapidi. Occorre, certo, pazienza e costanza, ma l’azione di queste applicazioni è radicale, scende in profondità, spegne i focolai, può giungere fino ad una «restitutio ad integrum» anche sul piano della forma anatomica alterata. Qualche volta è stata registrata una recrudescenza della sintomatologia dolorifica, ma è stato sempre un evento transitorio, che, peraltro, ha testimoniato l’efficacia dell’impacco stesso. Se volete fare un ciclo di applicazioni con verza, o con cavolo cappuccio, provate a rileggervi il capitolo sul cavolo terapeutico, per essere quanto più precisi vi è possibile, e per caricarvi psicologicamente ad eseguire una terapia, che è tanto efficace, ma che richiede anche tanta pazienza e tanta buona volontà. Un semicupio per settimana, con foglie di ortiche, o con foglie di equiseto, è utile, fatto ad integrazione dei consigli dati precedentemente.
    C. Altro. Breuss propone il suo digiuno quale terapia radicale di ogni forma di artrosi, a qualunque stadio si trovi. Sono sufficienti, a parere di Breuss, anche solo tre settimane di digiuno, per combattere artrosi, artrite, coxartrosi, osteoporosi, spondilartrosi; associando utilmente, a questa terapia, anche un semicupio con equiseto, ogni tre-quattro giorni. Nel presente volume, un intero capitolo è dedicato al digiuno terapeutico secondo Breuss. Attenzione a rimuovere eventuali sostanze inquinanti l’ambiente, nel quale vivete abitualmente: se volete rendervi conto della pericolosità di questi veleni invisibili, relative alle «camere a gas». Breuss ed altri scommettono che non si potrà mai guarire completamente, se non si fa questa operazione di disinquinamento dell’aria che respiriamo nell’ambiente nel quale trascorriamo abitualmente il nostro tempo, e soprattutto le ore notturne, dedicate al sonno. Se questa regola vale per tutte le malattie in generale, vale per le malattie reumatiche in un modo tutto particolare. Il peperoncino combatte efficacemente tutte le forme reumatiche, e le artropatie. Esso va consumato crudo, in polvere, aggiunto ai pasti nella quantità desiderata, o assumendone ogni giorno un grammo per ogni 10 kg. di peso corporeo.





    ARTROSI CERVICALE, LOMBARE, PROGRESSIVA DEFORMANTE Si vedano i paragrafi «artrosi» e «discopatia». ASCIUGARSI BENE sciugarsi bene, dopo che ci siamo lavati, non è una cosa che facciamo sempre; spesso andiamo di fretta, o siamo distratti e superficiali. È un po’ come quando mangiamo senza badare a masticare bene il cibo, prima di ingoiarlo. Se le parti del corpo lavate non vengono asciugate con attenzione, restano umide, e possono costituire un terreno favorevole allo sviluppo di parassiti del tipo dei miceti, dando luogo all’instaurarsi di malattie della pelle, e delle mucose che si aprono verso l’esterno del corpo. Questo può succedere facilmente nei periodi invernali, e a carico di bambini, di anziani, di ammalati costretti a letto per lunghi periodi di tempo. Possiamo evitare di andare incontro a spiacevoli sorprese, se prendiamo la buona abitudine di asciugare non solo con l’asciugamano, ma anche con l’asciugacapelli - ecco il punto! - le parti del corpo lavate. Le zone più a rischio sono le ascelle, le parti intime sia femminili che maschili, la regione perianale, la pelle che si trova tra due dita contigue del piede, la regione toracica dell’uomo adulto, la nuca quando laviamo il collo, e, naturalmente, il cuoio capelluto. Ma è opportuno passare l’asciugacapelli anche sulle regioni corporee considerate non a rischio, per ottenere la certezza di avere eliminato ogni forma di umidità da acqua esterna; l’organismo provvederà da sé a formare quel film idrolipidico fisiologico, tanto utile per le difese cutanee contro le aggressioni da parte dei microrganismi patogeni.




    ASMA BRONCHIALE Willfort consiglia la seguente ricetta, presentata quale vero ristoro per gli asmatici: grattugiate un ravanello ben lavato, mischiatelo con il miele, prendetene la sera, all’ultima ora, un cucchiaino abbondante. R. Breuss propone la bevanda, ricavata dalle cipolle, e bevuta durante il dì, a cucchiaini, a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Consiglia, poi, di mangiare spesso, durante la giornata, ravanello, con tutta la buccia e con un po’ di zucchero. Breuss precisa che la bevanda di cipolle deve essere presa solo se il fegato e la colecisti sono in ordine. Questi consigli sono validi anche per l’asma cardiaco. La potentilla anserina è indicata da Breuss per alleviare l’asma, oltre che per trattare le convulsioni, e la stessa epilessia. Aggiungete ad un quarto di latte, di vino, o di mosto - non all’acqua! - un cucchiaino abbondante di potentilla; mettete sul fuoco, spegnete appena inizia la bollitura, e filtrate. Questa bevanda, così preparata, va bevuta calda, la mattina presto.


    A.T.M. - ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE - hi soffre di problemi a carico dell'articolazione temporomandibolare, mentre porta avanti le terapie riabilitative sotto la guida ed il controllo degli specialisti, può aiutarsi efficacemente con applicazioni locali sulla regione dell'articolazione, cioè subito davanti all'orecchio. Molto utili sono gli impacchi con l'amaro svedese e ovatta, con le foglie di verza o di cavolo cappuccio, il fieno greco in polvere mischiato con il miele, con l'olio di oliva, o qualcuno degli oli medicinali, utilizzati ben caldi, e passati con un cucchiaio sull'ovatta, con l'argilla, con la pomata di calendula. Una terapia d'urto può essere fatta - nelle fasi acute - con impacchi sia diurni, che notturni; le applicazioni della giornata possono essere rinnovate ogni 2-3 ore, quelle della sera vanno rimosse la mattina successiva. Per una terapia di mantenimento, nelle fasi post-acute, sono sufficienti gli impacchi della sera per la mattina. Le terapie riabilitative, le applicazioni locali, i rimedi naturali antistress, e tanta pazienza, condurranno alla soluzione positiva di questa, a volte veramente drammatica, patologia.


    SCHEDA- L’AMARO SVEDESE: Chiedete in erboristeria 100 gr. di «erbe svedesi», che corrispondono alla seguente miscela: aloe o assenzio 20 gr., oppure 10 gr. aloe + 10 gr. assenzio mirra 10 gr. zafferano 200 mg. foglie di senna 10 gr. manna 10 gr. carlina 10 gr. angelica radici 10 gr. canfora 10 gr. zenzero radici (curcurma) 10 gr. teriaca veneziana 10 gr. Presso i supermercati, comprate un litro e mezzo di un distillato tipo brandy, grappa, whisky, cognac, ecc., la cui gradazione alcolica sia di 38-40 gradi. Cercate di comprare il distillato che costa meno. In una bottiglia di due litri o più, mettete assieme la miscela di erbe ed il litro e mezzo di distillato. Tenete la bottiglia al sole, oppure vicino ad una fonte di calore, da 10 a 14 giorni, scuotendola una o più volte al dì. Quindi, filtrate con un passino, nel quale mettete dell'ovatta, o un panno di tela, o di lino, o delle salviette di carta, per ottenere un filtrato più puro. Conservate in bottiglie di vetro scuro, e tenete in un luogo fresco, o almeno riparato. Volendo utilizzare l'amaro svedese per applicazioni locali, è opportuno tenere presenti questi consigli: usate, possibilmente, ovatta a banda larga; usate un impacco costituito da almeno tre strati di ovatta, di cui bagnate, con l'amaro svedese, lo strato superficiale; potete utilizzare questa ovatta per più di un'applicazione, prima di sostituirla con altra ovatta. Fate attenzione che l'amaro svedese non coli fuori dall'ovatta, perché può sporcare la biancheria.
    Attenzione: usate sempre abbondante ovatta e altrettanto abbondante amaro svedese, se volete avere risultati validi e soddisfacenti. Aggiungete altro liquido, ogni volta che l’ovatta risulti asciutta, o quasi asciutta; ungete preventivamente con olio la parte da trattare.
    L'ORIGINE DEL NOME E SUO SIGNIFICATO ’amaro svedese è indicato, nei testi tedeschi, con il termine «Schwedentropfen», che, letteralmente, si traduce «gocce svedesi», dove il riferimento alla Svezia è, verosimilmente, solo occasionale. Di origine svedese era il dottor Samst, un medico che utilizzava spesso e volentieri questo preparato naturale, da lui ritenuto senza dubbio il farmaco d’elezione, durante l’esercizio della sua attività medica in una cittadina austriaca. La ricetta, relativa alla preparazione delle gocce svedesi, rimase segreta fino alla morte del dottor Samst, che avvenne all’età veneranda di anni 105, per una caduta da cavallo. Ritrovata tra le sue carte, la formula fu subito utilizzata per produrre su più vasta scala questo «elisir della vita». Conoscendo la mia passione nella ricerca costante di rimedi naturali atti a combattere efficacemente le malattie, Schw. Edeltraud, la suora responsabile dell’amministrazione del Kneippianum (un ospedale che prende il nome dal parroco naturalista «Kneipp», a Bad Wörishofen, in Allgäu, Germania), mi regalò la brochüre «Apotheke Gottes», di Maria Treben, una studiosa austriaca di medicina naturale. In questo opuscolo, con grande semplicità e naturalezza, viene presentato «l’amaro svedese», con il corteo delle sue virtù curative, con la descrizione della sua grande efficacia terapeutica. La cosa istintivamente mi convinse, approfondii l’argomento con passione. Per lunghi anni, ho avuto modo di sperimentare la verità dell’efficacia reale che veniva garantita nella presentazione dell’amaro svedese: l’intuizione, che avevo avuto, di trovarmi davanti a qualcosa di veramente eccellente nel campo terapeutico, si rivelava sempre più esatta. Un lungo periodo di collaudo e di sperimentazione della bontà del farmaco ha preceduto la mia decisione di contribuire a farlo conoscere a quante più persone è possibile, secondo il comandamento evangelico di donare agli altri «gratuitamente», quello che «gratuitamente» si è ricevuto: «quod gratis accepistis, gratis date!». Più che «gocce svedesi», io chiamerei il preparato «lacrime di angeli», cadute dal cielo per lenire la sofferenza dell’uomo, oppure «distillato di cielo»: fatelo cadere sulle vostre piaghe e sul vostro dolore, e capirete il perché di queste espressioni, apparentemente esagerate ed enfatiche.


    Edited by Black&White - 22/12/2015, 12:56
     
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    Antriani Fidelis
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    I rimedi naturali sono quelli da provar per primi (almeno io la penso così), grazie per le indicazioni A lai xiya
     
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  3. { Cassandra
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    Grazie davvero!
     
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  4. Guana
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    Davvero bello il post. Brava complimenti! Io adoro conoscere le proprietà di ogni elemento naturale.
     
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  5. A lai xiya
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    Grazie Ashde, cassandra e guana,sono contenta che vi sia utile, mi auguro di finire il post nel più breve tempo possibile, ci sono ancora moltissimi rimedi da postare e sono solo alla lettera A! A presto 😊
     
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  6. A lai xiya
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    BOCCA- Una volta al giorno, formate, con un quadratino di ovatta
    bagnata con l’amaro svedese, un cappuccio, che ricopra la
    lingua, a partire dalla punta, dall’avanti all’indietro, per il
    tempo che potete. Se riuscite, nel contempo – o, forse è più opportuno, in
    tempi diversi - mettete anche delle striscette di ovatta, bagnate anch’esse
    con l’amaro svedese, tra l’arcata dentale superiore e quella inferiore, e le
    guance. In questo modo, il liquido medicinale agirà beneficamente su
    tutta la cavità della bocca, interessando la lingua, la superficie interna
    delle arcate dentarie, le guance, disinfettando i tessuti con i quali viene a
    contatto, e riattivando la circolazione locale.
    Nel contempo, si agisce efficacemente anche sul paradenzio, sulla
    gengiva, e su tutte le strutture dentarie. Utilizzate queste applicazioni,
    naturalmente, per tutte le malattie della lingua, delle guance, del palato, e
    della cavità orale in genere. Sono impacchi utili anche in caso di
    infiammazione delle tonsille, della faringe, o nel caso di un generico mal
    di gola, perché la cavità orale ha contiguità con queste strutture. Riguardate
    pure quanto scritto nei paragrafi «afta», «arcate dentarie» e «stomatite».

    CALLI- In farmacia si trovano ottimi callifughi, che bisogna naturalmente
    saper usare, aiutandosi anche, opportunamente, con i paracalli, per
    poter circoscrivere l’azione del callifugo. R. Willfort suggerisce la
    cera d’api, da utilizzare come efficace e innocuo callifugo naturale.
    Utilissime saranno certamente tutte le applicazioni locali.

    CAPELLI- MALATTIE E RIMEDI NATURALI-ALOPECIA AREATA • CADUTA ECCESSIVA • CROSTE • FORFORA

    FRAGILITÀ DEL CAPELLO • PSORIASI • ECC. - Non sono un tricologo, non sono un dermatologo,
    sono un ricercatore di rimedi naturali, utili a curare il nostro organismo.
    Tuttavia, voglio provare a fare un piccolo logico ragionamento medico. Il
    bulbo pilifero origina dalla invaginazione tubulare dell’epidermide, cioè
    dello strato più superficiale della pelle; dal bulbo pilifero emerge il pelo, e
    quindi il capello, come un fusto dalla sua radice. Se osserviamo la radice del
    capello al microscopio elettronico, vediamo che il bulbo è avvinto da una
    fitta rete di capillari sanguigni e di terminazioni nervose: la vita del
    capello è alimentata dal sangue e stimolata dal sistema nervoso, e dipende
    strettamente da essi. Per cui, un sangue pulito, una emodinamica
    sufficiente, con irrorazione adeguata dei distretti piliferi, un sistema
    neurovegetativo normofunzionante, sono le condizioni fondamentali per
    avere e per conservare un capello sano. Potremmo dire: «Capello sano in
    corpo sano». Ed ancora, siccome il capello è un annesso cutaneo, tutto
    quello che è indicato come opportuno per avere una pelle sana e bella, è
    naturalmente utile per la cura del capello. Come pure tutti i trattamenti
    mirati ad un adeguato funzionamento del sistema nervoso, anche questi sono
    da consigliare, quando si vuole curare il capello.
    Quindi, a quanti mi chiedessero dei consigli pratici per una terapia
    radicale del capello, dico di seguire le indicazioni date nei paragrafi sul
    trattamento delle malattie della pelle, del fegato e dell’esaurimento
    nervoso: consigli miranti tutti alla disintossicazione del sangue, ad una
    perfetta emodinamica, ad una normofunzionalità del sistema
    neurovegetativo. Raggiunti questi equilibri, il bulbo pilifero sarà
    alimentato in maniera adeguata, il capello sarà sano e bello; fatto salvo,
    naturalmente, il fattore genetico, che gioca un ruolo fondamentale nella
    storia del capello di ogni singolo individuo. È per questo che,
    sinceramente, ai maschi suggerisco di guardare la fotografia del papà e
    del nonno, per farsi un’idea approssimativa di quello che sarà, molto
    probabilmente, il futuro più o meno prossimo del proprio capello.
    Le gonadotropine ipofisarie, l’estrogeno, il progesterone, il testosterone,
    cioè gli ormoni sessuali maschili e femminili, svolgono un ruolo
    determinante nel destino del capello. Occhio, quindi, alle condizioni
    dell’apparato della riproduzione, e curare eventuali malattie riscontrate,
    seguendo le indicazioni date nelle pagine dedicate al trattamento delle
    patologie di testicoli ed ovaie in particolare.
    Le disendocrinie, cioè le disfunzioni ormonali, comportano
    alterazioni funzionali di tutto il sistema neurovegetativo; ed il capello ne
    risente automaticamente, essendo la sua crescita ed il mantenimento del suo
    buono stato, una funzione «vegetativa», che sfugge cioè al controllo della
    volontà. In altre parole, non basta desiderare di avere un capello sano, per
    conseguire lo scopo; è necessario mettere ordine nel complesso pianeta del
    sistema neurovegetativo, perché si abbiano i risultati sperati.
    Concludendo, ogni seria terapia del capello deve passare,
    necessariamente, attraverso il rigoroso rispetto delle condizioni espresse
    brevemente sopra. La scelta dei prodotti giusti, l’attenzione e la premura
    per un lavaggio corretto dei capelli, la delicatezza del parrucchiere nel
    trattare il capello con rispetto, sono tutte cose necessarie a non arrecare
    danni, per non guastare i capelli, per potenziare, e non contrastare o
    vanificare, l’azione fondamentale esercitata dal sistema neurovegetativo,
    che è il vero tricologo e tricoterapeuta. Si tratta, in ogni caso, di rimedi e
    di accorgimenti «paralleli» alla terapia di base già indicata. L’orientamento
    più valido verso la scelta dei prodotti migliori, nel mare magnum
    dell’offerta commerciale, può venire solo dagli esperti, quali sono il
    dermatologo, il tricologo, il medico; sui consigli del parrucchiere e
    dell’estetista, non saprei proprio cosa dire.
    Quando lavate i capelli, se volete, tenete presenti i seguenti
    suggerimenti:
    Alcune ore prima dello shampoo, ungete i capelli con uno di questi oli:
    olio di oliva, olio di ricino, mischiato con olio di mandorle - per renderlo
    meno appiccicoso - olio di iperico, olio di maggiorana,
    olio mischiato con fieno greco ridotto in polvere.
    Questa unzione può essere fatta anche la sera,
    per rimuoverla con lo shampoo la mattina successiva.
    Attorno al capo così unto, avvolgete la pellicola trasparente, e un foulard
    o altro panno, per evitare di sporcare la biancheria. Se volete usare l’olio
    di ricino, di questo compratene la confezione di un litro, perché avrete
    così un notevole risparmio rispetto alle confezioni più piccole.
    Lavare bene i capelli significa soprattutto sciacquarli accuratamente:
    insistete con il risciacquo, fino a quando non vi siete accorti che l’acqua
    è perfettamente pulita. Un ultimo breve risciacquo può essere fatto
    utilmente con acqua fredda.
    L’insulto termico può arrecare danni notevoli al capello, in quanto
    potrebbe anche «bruciare» la radice del capello stesso. È preferibile un
    calore moderato, anche se questo comporta più pazienza, perché così
    occorre più tempo per asciugare i capelli bagnati.
    «Eran i capei a l’aura sparsi», scrive Petrarca a proposito di Laura: è
    opportuno non tenere mortificati i capelli, ma tenerli ben esposti all’aria,
    la quale esercita su di essi un’azione tonificante.
    Se poi volete fare una terapia interna «per rafforzare i capelli», e le cure
    proposte nei paragrafi suggeriti sopra vi sembrano troppo laboriose,
    almeno attenetevi a questo schema semplice, consistente nell’assunzione
    ciclica di tisane facili da preparare e da rinvenire nelle erboristerie:
    Le ortiche: per due settimane, bevete ogni giorno mezzo
    litro di una tisana, preparata facendo bollire il mezzo litro d’acqua,
    aggiungendovi due cucchiaini di ortiche dopo che avete spento, e
    filtrando dopo 5 minuti. Naturalmente, si beve lentamente, a sorsi
    distanziati, lontano dai pasti.
    L’equiseto: per altre due settimane, bevete una tisana di
    equiseto ogni giorno. Fate bollire assieme, per un minuto, mezzo
    litro d’acqua e due cucchiaini di equiseto, spegnete, filtrate dopo un
    minuto. Bevete lentamente, a sorsi distanziati, lontano dai pasti.
    La salvia: per altre due settimane ancora, bevete mezzo
    litro di salvia al dì. Fate bollire assieme mezzo litro d’acqua e due
    cucchiaini di salvia, per tre minuti; spegnete, filtrate dopo 10 minuti.
    Bevete, sempre a sorsi distanziati, lontano dai pasti. Questo ciclo di
    terapia può essere ripetuto, dopo una settimana di intervallo. Le
    tisane possono essere addolcite con un cucchiaino di miele.
    L’amaro svedese, bevuto nella quantità di un cucchiaino tre
    volte al dì, mezz’ora prima dei pasti principali, essendo un ottimo
    attivatore del metabolismo generale, può sicuramente contribuire a
    rivitalizzare anche il follicolo pilifero, agendo come tonico del sistema
    neurovegetativo.
    Il miglio: è proposto da diversi autori quale integratore alimentare,
    capace di apportare un valido contributo nelle terapie del capello. Si
    consiglia la consumazione di un piatto di miglio decorticato, da
    comprare presso le erboristerie, alcune farmacie, i supermarket con
    prodotti dietetici, un paio di volte la settimana, o, quando volete, anche
    più spesso, preparato secondo le indicazioni date da Willfort,
    in riferimento ad una porzione singola:
    una ciotola di miglio decorticato va messa in ammollo in una quantità d’acqua 5 volte maggiore,
    cioè circa 5 ciotole d’acqua, per la durata di 5 ore.
    L’acqua dell’ammollo assolutamente non va buttata via, perché in essa il miglio
    scarica validi principi nutritivi, ma va eventualmente allungata con altra
    acqua, per potere cuocere il miglio, aggiungendo una buona manciata di
    verdure di minestrone tagliuzzate, quali carote, sedano, cipolle, porro,
    prezzemolo. Solo alla fine della cottura, si aggiunge un pizzico di sale
    grosso marino. Come contorno a questo piatto, si consiglia insalata
    verde cruda. Willfort sottolinea il valore «estetico» dei pasti a base di
    miglio, capaci di rendere il capello più bello, più validamente di
    qualunque prodotto cosmetico di sintesi, in quanto il miglio va ad
    operare a livello delle radici del problema, ricostituendo, o potenziando,
    la flora batterica intestinale, con una conseguente adeguata
    assimilazione dei principi nutritivi; e per l’alto contenuto di principi
    attivi – quale, tra gli altri, l’acido silicico, presente abbondantemente
    anche nell’equiseto - che operano una radicale depurazione del sangue.
    Le stesse motivazioni che inducono a caldeggiare il consumo di miglio,
    valgono anche per il lievito di birra, tanto caro alle donne,
    perché rende la pelle più bella. Almeno un dado al giorno, sciolto in un
    po’ d’acqua, oppure mangiato direttamente con l’aiuto di un po’ di latte
    o di altro liquido, dovrebbe costituire una razione di base; ma si può
    arrivare tranquillamente a 2-3 dadi quotidiani, quando si volesse operare
    un’azione più radicale e più rapida di disinquinamento del sangue.
    Sottolineo l’importanza del peperoncino nella dieta quotidiana,
    consumato crudo, ridotto in polvere, aggiunto e mischiato ai cibi,
    nella quantità orientativa di 1 gr per ogni 10 Kg di peso corporeo.
    Oltre all’azione generale su tutto l’organismo, quale attivatore del
    metabolismo, il peperoncino svolge un ruolo notevole anche localmente,
    se usato come suggerisce R.A. Hoffmann, per
    curare il cuoio capelluto che produca forfora, o che faccia cadere i
    capelli con troppa facilità, in modo abnorme. Il prodotto a base di
    paprika, cioè di peperoncino, utile allo scopo, lo possiamo preparare noi
    stessi, in modo artigianale, comprando in farmacia un quarto di
    acquavite di Francia, e 12 ml di tintura di capsico, mettendoli
    assieme, agitando per bene il tutto, fino ad ottenere una miscela
    omogenea. Con questo prodotto, si deve frizionare, una volta al giorno,
    il cuoio capelluto – ma, possibilmente, non i capelli - massaggiando con
    le dita tutta la testa; per far uscire il liquido in piccole quantità,
    si può riempire uno di quei contenitori di shampoo o balsamo vuoti, che hanno
    l’apertura sottile. Il massaggio del cuoio capelluto con questo farmaco
    naturale, è utile anche a coloro che non hanno problemi di forfora o di
    fragilità del capello; data la benefica azione da esso esercitata, si
    tratterebbe di una opportuna ed intelligente opera di prevenzione.
    Una ulteriore lozione naturale, da usare dopo lo shampoo, allo stesso
    modo di come indicato per il preparato a base di peperoncino, descritto
    subito sopra, è costituita da una «acquavite di ortiche»
    («Brennesselschnaps») ricavata sulla base di una ricetta proveniente
    dalla tradizione popolare, e proposta al lettore da R.Willfort.
    A coloro che hanno il capello corto, e quindi un cuoio capelluto più
    accessibile, consiglio di fare una applicazione per settimana, la sera, con
    ovatta bagnata con l’amaro svedese, su tutta la testa, fissando
    l’impacco con la pellicola trasparente; l’applicazione può essere rimossa
    dopo un’ora, oppure la si può tenere in testa tutta la notte. Deve seguire,
    in ogni caso, uno shampoo, fatto sempre con prodotti scelti, comprati
    nelle farmacie o nelle erboristerie. Quando si tratti di curare non solo il
    capello fragile, ma anche qualche malattia del cuoio capelluto, come in
    caso di psoriasi, di croste di altra natura, o di alopecia, le applicazioni
    possono essere fatte anche tutte le sere, ungendo il cuoio capelluto con
    olio di oliva, o qualcuno degli oli medicinali, o con la
    pomata di calendula, prima di fare l’impacco con l’ovatta e
    l’amaro svedese. Questo tipo di unzione preventiva è utile anche per
    l’impacco fatto una volta per settimana.






    CEFALEA
    - EMICRANIA . MAL DI TESTA . NEVRALGIA DEL TRIGEMINO .
    ECC. -
    Per il trattamento di questa patologia, la quale molto spesso può essere
    definita – purtoppo a buon diritto - «grave», si riguardi, con particolare
    attenzione, quanto viene consigliato nel paragrafo sulle nevralgie del
    trigemino. Qui dico solamente che, a volte, sono
    davvero sorprendenti i risultati che si possono ottenere, «quasi
    immediatamente», quando si provi a trattare con ovatta – o fazzoletti di carta,
    o altro – e amaro svedese, gli eventuali «epicentri» della testa, nei
    quali si concentra il dolore, per irradiarsi poi tutt’intorno.
    Riferisco qui, molto brevemente, un solo significativo episodio – tra i tanti
    che potrei raccontare – di cui sono stato di recente testimone. La
    professoressa L.M., commissario per gli esami di stato, assieme a me, presso un
    liceo statale in Campania, si lamentava per un improvviso «maledetto» episodio
    di cefalea, di cui ha sempre sofferto, da almeno una ventina d’anni, senza
    aver trovato mai un vero soddisfacente rimedio. Ebbene, provò un sollievo
    quasi immediato, dopo pochi minuti da una applicazione locale di amaro
    svedese sul punto della testa, nel quale si concentrava, in quel momento, il
    dolore: era stata, quella, a suo dire, la prima volta in assoluto ad avere avuto
    un autentico e duraturo sollievo, e non le pareva vero. A distanza di poco,
    l’evento si ripeteva per la mamma di una sua collega, alla quale aveva proposto
    lo stesso trattamento, e per un altro collega della nostra commissione per gli
    esami di stato.
    Si veda pure il paragrafo «mal di testa».



    CLIMATERIO
    Si tratta di una fase molto delicata della vita delle donne adulte, quando
    l’organismo si prepara a perdere definitivamente i propri cicli
    mestruali. La visita ginecologica, il paptest, l’ecografia pelvica,
    escludendo ogni processo anatomopatologico in atto, indicano, alla donna in
    climaterio, che tutto quello che le sta succedendo è fisiologico, e non
    patologico; tuttavia, i disturbi stanno lì, a dare un grande fastidio, a rendere
    irritabile la donna, a preoccuparla continuamente, a volte senza darle tregua.
    Propongo, qui di seguito, alcune cose da fare, per tentare di far vivere in
    pace, alla donna, questo normalmente turbolento periodo premenopausale;
    ed è un obiettivo possibile, se le donne interessate stanno calme dentro, e se
    nel contempo seguono questi semplici consigli.
    Bevete quotidianamente le tisane, che vengono proposte nel capitolo
    sulle malattie dell’utero e delle ovaie (ci arriveremo). Sono
    particolarmente indicate l’alchemilla, la salvia, la «Frauentee» - cioè,
    la tisana delle donne - oltre, naturalmente, al vischio; non sono da
    sottovalutare le ortiche e l’equiseto.
    Utilissimi sono gli impacchi locali - sul bacino - con ovatta ed amaro
    svedese, sia come trattamento quotidiano - un impacco al
    giorno, della durata di 30-60 minuti - sia come rimedio d’elezione, in
    caso di dolori pelvici, nel corso di mestruazioni dolorose, e, caso mai,
    anche particolarmente abbondanti e problematiche: nel qual caso è
    consigliabile un impacco continuo, nel senso di aggiungere all’ovatta
    sempre altro amaro svedese, quando si sia notato che l’ovatta è ormai
    quasi asciutta. È utile ungere il bacino con olio, prima e dopo le
    applicazioni con ovatta e amaro svedese. Con questi impacchi - e con il
    riposo, se necessario - si tiene a bada anche il carattere emorragico
    abnorme, che talvolta assumono alcune mestruazioni nel corso del
    climaterio
    Se le perdite di sangue sono eccessive, ottimo rimedio antianemico è
    l’assunzione quotidiana di almeno un quarto di succhi Breuss, della
    ditta svizzera Biotta.
    Intanto, già le tisane consigliate sopra esercitano una notevole azione
    sulla funzione emopoietica - cioè di produzione di globuli rossi - del
    midollo osseo, con rapido recupero delle perdite ematiche mestruali. E
    poi, ci sono pur sempre le tradizionali, e tanto efficaci, spremute d’arance,
    a venire incontro alle donne, in queste situazioni di
    emergenza; ed il lievito di birra, consumato quotidianamente, con
    regolarità, nella quantità di almeno un dado la mattina e uno nel
    pomeriggio, sciolti in un po’ d’acqua, o di latte, o mangiati direttamente,
    aiutandosi con qualche liquido. Chi riesce - non è difficile - può bere un
    cucchiaio di amaro svedese la mattina, uno a mezzogiorno, e uno la
    sera, mezz’ora prima dei pasti, assoluto, oppure diluito in un po’
    d’acqua: oltre a stimolare il midollo osseo a produrre gli elementi
    figurati del sangue, l’amaro svedese svolge anche un’azione
    antidolorifica, antispastica, calmante.
    Alcuni mesi di trattamento con ascorbato di potassio - da solo, oppure
    in associazione con gli altri rimedi, precedentemente elencati - sono
    opportuni, per quelle donne che non trovano difficoltà a procurarsi le
    dosi di questo particolare concentrato di vitamina C. Tre dosi al giorno,
    mezz’ora prima dei pasti principali, diluite in un po’ d’acqua, sono una
    quantità sufficiente ed adeguata: ogni dose sia costituita da un grammo
    di bicarbonato di sodio, e da 0,50 gr. di acido ascorbico.



    COLECISTI
    - CALCOLI BILIARI . COLECISTITE . COLICHE BILIARI . ECC. -
    Molto comuni sono le affezioni a carico delle vie epatobiliari, ed in
    particolare ben nota è la colecistite, con o senza calcoli biliari.
    Porto qui, a conoscenza del lettore, i consigli di vari autori,
    citandone anche la fonte volta per volta, e suggerimenti miei personali.
    Sono proposte che, seguite correttamente, aiutano in ogni caso a stare
    meglio, laddove non riuscissero a sradicare definitivamente il male. Tutti i
    rimedi qui descritti, interessano, sempre contemporaneamente, fegato,
    colecisti e annesse vie biliari; per cui, anche se si dirà, ad esempio,
    «consigli per la colecistite», si intenderà proporre una terapia che interesserà
    tutto il sistema epatobiliare.
    A. La colecistite. Essa consiste nella infiammazione della mucosa di
    rivestimento della superficie interna della vescichetta biliare. La diagnosi è
    di competenza del medico, il quale potrà accontentarsi dei soli segni clinici,
    oppure riterrà opportuno servirsi anche di una evidenza radiologica, per
    porre una diagnosi certa di colecistite. Lo stato infiammatorio comporta una
    alterazione della funzionalità (functio laesa) della vescichetta biliare, per
    quanto riguarda la «stagionatura» della bile, che, proveniente dal fegato,
    staziona nella colecisti, per essere concentrata in modo tale, da essere più
    adatta a svolgere il suo ruolo, nella digestione intestinale dei grassi, ed altri
    ruoli metabolici; ed una eventuale concomitante alterazione del pompaggio
    ritmico della bile del dotto cistico, perché sia veicolata nel duodeno
    (ipotonia, distonia, «pigrizia» della vescichetta, ecc.).
    In caso di coliche biliari, fate il seguente tentativo, per vincere il dolore:
    con il polpastrello del dito medio della mano destra o sinistra, esercitate
    una pressione delicata e continua, per un certo tempo, sul punto medio
    dell’arcata sopracciliare destra, quella formata dalle sopracciglia: quasi
    sempre il dolore cessa del tutto, probabilmente per un riflesso nervoso,
    le cui vie saranno verosimilmente note agli agopuntori.
    I consigli dati per una buona funzionalità del fegato, e per curare le
    affezioni epatiche (vedi «fegato») sono tutti utili per curare le malattie
    della vescichetta biliare, e delle annesse vie epatobiliari. Le tisane
    consigliate sono le stesse; sono da preferirsi, tuttavia, le miscele, per la
    loro azione sinergica e potenziata.

    B. I calcoli biliari. La presenza di calcoli nella vescichetta biliare impone la
    necessità di un presidio terapeutico particolare. L’alterazione del
    metabolismo del colesterolo è considerata una delle principali cause della
    formazione dei calcoli biliari. Il dottor A.Vogel, nel libro «Il piccolo
    medico», e nell’altro «Il nostro fegato» (vedi bibliografia), propone un
    metodo indolore, innocuo, tutto sommato semplice, per tentare di
    eliminare i calcoli biliari per via meccanica, provocando delle contrazioni
    della vescichetta biliare, che spingano nel dotto cistico prima, e nel coledoco
    poi, eventuali calcoli presenti nel lume della colecisti. Sono tentativi che, in
    ogni caso, vale la pena di fare, dato che sono certamente non nocivi. I
    calcoli che possono essere eliminati, sono quelli piccoli, e quelli di calibro
    medio. I calcoli grossi come una nocciola, o quanto una noce, non saranno
    eliminati per questa via: d’altra parte, calcoli di questo genere difficilmente
    danno fastidi tali, da indurre a ricorrere alla litotripsia, per quei pazienti che
    sono considerati idonei per un tale trattamento; e ci sono altre tecniche di
    intervento, assai meno invasive delle metodiche chirurgiche tradizionali.
    Tornando ai consigli del fitoterapeuta svizzero Vogel, per eliminare in
    modo facile ed indolore i calcoli biliari piccoli e medi, basta seguire
    queste indicazioni:
    Bisogna liberare l’intestino con qualche metodo naturale (io rimando
    il lettore a quanto scritto alla voce «stitichezza»), oppure, al limite, con
    un clistere di camomilla.
    Occorre riuscire a bere, dopo la liberazione dell’intestino, tutto
    assieme di seguito, da 300 centilitri - poco più di un quarto - a
    mezzo litro di olio di oliva, o di noce, o di girasole, o di sesamo, o
    di papavero. Questo olio deve essere non raffinato, naturale, di
    prima pressa a freddo.
    Dopo di avere bevuto l’olio, ci si sdraia sul lato destro, e si resta
    così sdraiati per due ore, tranquilli e rilassati. Chi non riuscisse a
    bere tutto l’olio in una volta sola, può prenderlo suddiviso in due o
    tre giorni di seguito. In questo caso, nota Vogel, saranno eliminati
    solo i calcoli biliari più piccoli: il che è pur sempre qualcosa. Se alla
    presenza dei calcoli si accompagna una infiammazione della
    vescichetta, che abbia raggiunto uno stadio purulento,
    l’intervento chirurgico di asportazione della colecisti diventa
    inevitabile.
    Una cura a base di olio la troviamo anche nella brochüre di Maria
    Treben «Gesundheit aus der Apotheke Gottes». Si sbatte un tuorlo
    d’uovo assieme ad un po’ di zucchero, ed un cucchiaino di cognac,
    e vi si aggiunge lentamente 150 gr di olio di oliva, amalgamandolo con il tutto.
    Questa miscela la si beve lentamente nel giro di mezz’ora; quindi si resta
    sdraiati sul lato destro, per una mezz’ora, completamente rilassati. Si
    prevede che i calcoli biliari, scivolando dalla colecisti nell’intestino, senza
    dolore, verranno eliminati verso l’esterno del corpo, assieme alle feci.
    Un altro metodo viene suggerito, nella brochüre, per dissolvere i calcoli
    biliari. Si tratta di una cura di sei settimane con succo centrifugato di
    ravanello. I rafani devono essere lavati e sbucciati, prima di essere
    centrifugati. L’assunzione del succo, ricavato per centrifugazione, deve
    avvenire a stomaco vuoto. Nella prima settimana, si bevono 100 gr di
    succo al giorno, 200 gr nella seconda settimana, 300 gr nella terza. Nella
    prima metà della quarta settimana, si bevono 400 gr di succo al giorno, 300
    gr nella seconda metà, 200 gr nella quinta settimana, nella sesta settimana
    solo 100 gr; e si conclude il ciclo.
    A questo punto, generalmente, i calcoli sono scomparsi, perché
    completamente dissolti dall’azione del succo di ravanello. Questa cura è
    controindicata per i sofferenti di gastrite, o di malattie dell’intestino.
    Prendendo in una sola volta da 50 a 60 gr di olio di semi di lino, i calcoli
    biliari vengono eliminati verso l’esterno del corpo, nelle feci, in maniera del
    tutto indolore, dopo di essere rimasti sdraiati sul lato sinistro per una
    mezz’ora: è quanto si legge nell’opera di R.Willfort «Gesundheit durch
    Heilkräuter», alla pag. 151. Ed è già il terzo autore che consiglia una cura
    dell’olio, per liberare la colecisti dai calcoli biliari. Da tutti e tre è affermato
    che non ci sono controindicazioni di sorta: nel peggiore dei casi, essi
    dicono, liberiamo l’intestino con una bella purga naturale ed inoffensiva.
    R. Hoffmann lo ritiene un rimedio sicuro, che dà risultati certi, non solo
    nel tenere a bada eventuali dolori, collegati alla presenza di calcoli nella
    vescichetta biliare, ma anche, e soprattutto, nel risolvere i problemi in
    maniera radicale, dissolvendo lentamente, ma definitivamente, i calcoli
    stessi, di qualsiasi natura essi siano. Il farmaco miracoloso, collaudato
    dallo studioso tedesco nell’arco di almeno 30 anni, è il prodotto
    omeopatico «Biocholangen», creazione del droghiere Schirmer, da
    Kempten, al quale Hoffmann rivolge un sentito ringraziamento nel suo
    articolo, anche a nome dei tantissimi sofferenti di calcolosi biliare, guariti
    mediante l’assunzione del complesso omeopatico.
    La terapia è di una semplicità disarmante, perché consiste nel
    prendere «Biocholangen» per almeno 3-4 mesi di seguito, sciogliendo
    lentamente in bocca una compressa ogni 2-3 ore. In caso di coliche,
    l’intervallo tra una tavoletta e l’altra è di solo mezz’ora.
    Queste compresse sono indicate non solo per il trattamento delle calcolosi
    biliari, ma anche per curare tutte le altre affezioni della vescichetta, e nel
    contempo, per potenziare la funzionalità epatica, e quella epatobiliare in
    toto. Quindi, con Biocholangen, si possono curare anche le epatopatie,
    incluse le coliche epatiche. Se non trovate in Italia questo eccellente
    prodotto omeopatico, lo potete richiedere direttamente a: «Martinus
    Apotheke, D-8963 Waltenhofen 1 Repubblica Federale Tedesca».
    Chiedendo Biocholangen presso le nostre farmacie, specificatene la ditta
    «Wulfrabe, Berlino». Queste notizie ho tratto dal libro di Hoffmann «So
    besiegte ich den Krebs», alle pagg. 220-226 (vedi bibliografia ).
    Riporto alla lettera un brano, tratto dal libro «Il digiuno terapeutico»,
    della casa editrice «Igiene Naturale», nel quale è espressa la posizione
    degli igienisti, relativamente al trattamento delle affezioni della
    colecisti, mediante il digiuno assistito: «Durante un digiuno di breve
    durata, si può rimediare completamente ad una semplice infezione della
    cistifellea e al dotto biliare. Il pus è rimosso, l’infiammazione
    decresce, e i tessuti guariscono durante questo riposo fisiologico.
    Quando nella cistifellea si sono formati dei calcoli, per guarire
    completamente c’è bisogno di fare un digiuno più lungo. Il paziente con
    calcoli biliari, trova sollievo da intensi dolori dopo i primi giorni di
    digiuno, nonostante che il recupero completo dei casi più avanzati, può
    richiedere un’astinenza da cibo di 20-25 giorni. Nel corso del digiuno, i
    calcoli si ammorbidiscono, poi si disintegrano, e passano dal dotto
    biliare all’intestino tenue. Può verificarsi del dolore durante il
    passaggio dei calcoli, ma questo non eguaglia l’estremo sconforto
    frequentemente provato prima del digiuno».

    SCHEMA RIASSUNTIVO
    Terapia generale: tisane
    applicazioni locali (tutto come per il fegato)
    metodo del dottor Vogel
    metodo di Maria Treben
    Calcoli biliari : metodo di R.Willfort
    metodo di R.A.Hoffmann
    metodo del digiuno assistito

    COLICHE
    In caso di coliche, il pronto intervento con metodi naturali consiste in:
    Impacchi locali, sulla regione corporea dove si esprime il dolore,
    con ovatta bagnata con l’amaro svedese, ungendo prima la zona con
    olio, con sugna, con la pomata di calendula, o con qualcuno
    degli oli medicinali. Aggiungete altro amarosvedese, quando,
    osservando l’ovatta dell’impacco, vi accorgerete cheessa è ormai asciutta;
    continuate così, fino a quando la colica non sia passata completamente.
    Bevete un cucchiaio di amaro svedese in forma assoluta,
    oppure diluito in un po’ d’acqua. Dopo mezz’ora, ne potete assumere un
    altro cucchiaio, e, se necessario, un terzo ancora, dopo un’altra
    mezz’ora.
    È sempre indicata la tradizionale tazza di camomilla, preparata nel
    modo seguente: fate bollire un quarto d’acqua, spegnete, aggiungete un
    cucchiaino abbondante di fiori di camomilla, filtrate dopo 5 minuti.
    Bevete a sorsi, lentamente. Nota bene: in casa non dovrebbero mai
    mancare i fiori di camomilla.
    Naturalmente, al di là di queste misure di pronto soccorso, con l’aiuto
    del vostro medico curante, dovete ricercare le cause profonde,
    eventuali responsabili delle coliche, per potere agire su di esse,
    rimuoverle, e guarire i mali in radice, aiutandovi anche con i consigli
    dati nel presente lavoro. Se, ad es., la colica viene definita di natura
    epatica, voi riguarderete quello che è scritto nel paragrafo «fegato»; se si
    tratta di coliche renali, si agisce sul rene, leggendo le pagine relative alle
    malattie del rene, alla voce «rene»; e così via.



    CUORE
    MALATTIE E RIMEDI NATURALI
    - ANGINA PECTORIS . ARITMIE . CARDIOPALMO .
    CORONAROPATIE . EDEMA CARDIACO . ENDOCARDITE .
    MIOCARDITE . PERICARDITE . TACHICARDIA . ECC. -

    Premessa importante: i consigli che seguono non sostituiscono
    l’opera del cardiologo, della cui guida il cardiopatico non deve
    mai fare a meno!
    Cuore e circolazione si condizionano a vicenda in un connubio strettissimo,
    inseparabile. Un cuore sano, normofunzionante, dinamicamente equilibrato,
    è premessa di una circolazione buona; mentre, d’altra parte, una circolazione
    periferica normale, sia dal punto di vista del flusso ematico che di quello
    linfatico, una buona canalizzazione dei fluidi biologici, sono alla base del
    mantenimento di un buono stato di salute della pompa centrale, che può così
    funzionare in maniera efficiente per cent’anni, come si suol dire, perché non
    viene logorata da sovraffaticamento continuo, e da un lavoro fatto sotto
    sforzo. Se, poi, il cuore è alimentato, nelle sue strutture muscolari, da
    coronarie non ostruite, elastiche e trasportatrici di sangue pulito, non
    intossicato, allora quest’organo, che poeticamente è indicato come il
    simbolo della vita ed il centro dell’amore, eserciterà la sua funzione con
    normalità anche oltre i cent’anni.
    Tutte le tisane contengono, in misura differente, certo, principi attivi
    sulla circolazione, nel senso che conducono ad una emodinamica
    equilibrata, se assunte in modo opportuno, e per periodi di tempo adeguati.
    Tutte le piante medicinali sono buone per il cuore perché canalizzano i
    liquidi organici, esercitando un’attività di rimozione di quelli stagnanti;
    perché promuovono l’equilibrio del grande oceano della vita costituito
    dal L.E.C., cioè il liquido extracellulare, nel quale galleggiano tutte le
    cellule del corpo, o come singole unità, o come più o meno grandi
    arcipelaghi cellulari.
    Si potrebbe dire veramente che resta solo l’imbarazzo della scelta.
    Le piante del cuore.
    Alcune piante medicinali sono indicate dagli esperti come «specifiche»
    del cuore; ed è mio intento aiutare il lettore ad orientarsi, descrivendo le
    proposte, fatte dai ricercatori, di scegliere, tra le tante erbe salutari, più
    propriamente le «piante del cuore», fermo restando che tutte le terapie
    naturali ad zione generale «disintossicante», possono essere considerate,
    a pieno diritto, terapie ad effetto curativo sul cuore, proprio per quanto
    ho detto brevemente sopra.
    Tra le piante del cuore, indico innanzitutto quelle che contengono
    principi vasoattivi, con effetto finale normotensivo; intendo, cioè, quelle
    erbe medicinali capaci di regolare la pressione sanguigna in modo tale,
    che essa risulti né alta né bassa. La pressione normale è una condizione
    favorevole e fondamentale per una buona funzionalità del cuore, mentre
    è da sottolineare la particolare pericolosità di uno status distonico
    «iper», cioè una situazione di ipertensione arteriosa, specialmente se si
    tratta di una pressione alta di tipo essenziale.
    Sottolineo qui l’importanza del «biancospino» nella regolazione del
    ritmo cardiaco; i principi attivi di questa pianta medicinale esercitano
    una sorprendente azione anti-aritmica, eliminando, in breve tempo, quasi
    tutte le forme di aritmie - tachicardie soprattutto - il cardiopalmo, le
    fastidiose sensazioni di avere il cuore in gola, le contrazioni
    precordiali del tipo anginoso, o pseudoanginoso, ecc. Si può bere una
    tisana di biancospino al giorno, nella quantità di mezzo litro, diviso tra
    la mattinata ed il pomeriggio, preparata facendo bollire l’acqua,
    spegnendo, aggiungendo due cucchiaini di biancospino, filtrando dopo 5
    minuti; oppure potete prendere tre capsule o compresse di biancospino
    nel corso della giornata, una la mattina, una nel pomeriggio, una la sera
    tardi; oppure, ancora, potete prendere il biancospino in soluzione
    idroalcolica, secondo il dosaggio di 40-45 gocce, diluite in un po’
    d’acqua, tre volte al dì, e cioè la mattina, il pomeriggio, la sera tardi.. Il
    biancospino è da considerare anche una pianta medicinale antistress,
    in quanto svolge un’azione generale calmante, tonica del sistema
    neurovegetativo, ad effetto distensivo del tono muscolare, viscerale e di
    quello somatico.
    Un secondo cardiotonico da sottolineare è «il vischio», che contiene
    validi fattori normotensivi; una dose media giornaliera può essere di
    mezzo litro di tisana - un quarto nella mattinata, uno nel pomeriggio,
    con l’aggiunta di un cucchiaino di miele per quarto - preparata mettendo
    nel mezzo litro d’acqua quattro cucchiaini di vischio, la sera tardi, e
    filtrando la mattina presto, cioè dopo 6-8 ore di infusione in acqua
    fredda.


    Per tutti i disturbi del cuore, Maria Treben propone la seguente
    miscela di erbe, «che vanta risultati sorprendenti»:
    equiseto 5 gr
    buccia di fagiolo 5 gr
    ruta 5 gr
    capsella bursa pastoris 5 gr
    calamo 5 gr
    ononide 5 gr
    fumaria 5 gr
    corteccia di frangula 5 gr
    galeopside 5 gr
    melissa 5 gr
    tarassaco 5 gr
    argentina 5 gr
    bardana 5 gr -potentilla anserinabiancospino
    15 gr
    achillea 5 gr
    vischio 10 gr
    matè 10 gr
    gramigna 5 gr
    centinodia 5 gr
    fuco 5 gr
    radici di pimpinella 5 gr
    arnica 5 gr
    cardiaca 5 gr
    lichene (muschio) 5 gr - lichene
    d’Irlanda, non d’Islanda


    (da «Maria Treben, Gesundhelit aus der Apotheke Gottes», pag. 14)
    Con una sola dose di questa miscela, il cui peso totale sarà di 140 gr,
    potrete fare una curetta di parecchie settimane, che risulterà utile non
    solamente per eventuali cardiopatie, ma anche per la buona salute di tutto
    l’organismo. Rivolgetevi ad una erboristeria che sia ben fornita, dato che gli
    elementi richiesti sono tanti, e accontentatevi anche di una miscela che, alla
    fine, non abbia proprio tutte le erbe medicinali indicate. La sera, mettete un
    cucchiaino abbondante della miscela in un quarto d’acqua fredda, che
    filtrerete la mattina seguente, praticamente dopo circa 12 ore; bevete questa
    quantità a piccoli sorsi distanziati, dopo di averla tolta di freddo, ed
    aggiungendo ad essa un cucchiaino di miele; intanto mettete a preparare un
    altro quarto di tisana che filtrerete dopo 12 ore, e che costituirà la razione
    della sera. Questo tutti i giorni, fino all esaurimento della miscela.

    Il biancospino
    R.Willfort definisce il biancospino una delle piante del cuore, da
    anteporre persino alla digitale; può essere preso sotto forma di tisana, sia
    da solo come indicato sopra, sia in associazione con la cardiaca e la melissa,
    nelle seguenti proporzioni:
    biancospino 50 gr
    cardiaca 25 gr
    melissa 25 gr
    Tre tazze di tisana, divise tra mattina e pomeriggio, bevendo a piccoli
    sorsi distanziati, lontano dai pasti, sono la dose quotidiana proposta da
    R.Willfort (op. cit., pag. 521), preparata facendo bollire l’acqua, spegnendo,
    aggiungendo tre cucchiaini della miscela, filtrando dopo tre minuti. Un
    cucchiaino e mezzo di miele va aggiunto, quando la tisana ha raggiunto la
    temperatura ambiente.

    La primula.
    Un eccellente tonico del cuore, capace di rafforzarne la struttura
    muscolare - «herzstärkendes Mittel» - è definita da R.Willfort (op. cit.,
    pag.444) la primula, che, quanto ad effetti cardiologici, vanta pure azioni
    curative di miocarditi, edema cardiaco, disturbi del cuore di natura
    nervosa; ed esercita azione preventiva nei confronti del pericolo di colpi
    apoplettici. Sono sufficienti una o due tazze al giorno di tisana di primula,
    preparata nel modo seguente: fate bollire l’acqua, spegnete, per ogni quarto
    d’acqua aggiungete un cucchiaino e mezzo di primula; filtrate dopo 10
    minuti, addolcendo con un cucchiaino di miele, quando la tisana ha
    raggiunto la temperatura ambiente. Un quarto di questa tisana, se bevuto la
    sera, esercita una notevole azione di lotta dell’insonnia, ed è un
    ipnoinducente assolutamente innocuo.

    Il miele.
    «Honig ist das beste Herzdiätmittel, das uns die Natur schenkt!»,
    cioè «il miele è il migliore integratore alimentare per il cuore, che la
    natura poteva regalarci!»: così R.Willfort (op. cit., pag. 575), il quale
    consiglia l’uso del miele per tutte le patologie del cuore, sottolineando che
    esso deve essere assunto sempre e soltanto diluito in acqua, o nelle tisane.
    Se si vuole bere «l’acqua di miele»,questa si ottiene facendo bollire un po’
    d’acqua, si spegne, si attende che l’acqua raggiunga la temperatura
    ambiente, e vi si scioglie dentro da uno a due cucchiaini di miele per quarto
    d’acqua. L’aggiunta di miele va fatta alle tisane camomilla, achillea,
    violetta, primula, asperula, ecc., solo quando queste non siano più bollenti,
    dato che il miele perde le sue virtù terapeutiche se viene sciolto in liquidi, la
    cui temperatura sia superiore ai 40-50° centigradi; uno o due cucchiaini per
    quarto di tisana sono la dose consigliata.
    Herzwein, un vino per il cuore.
    La Badessa Santa Ildegarda Von Bingen (1098/1179), attraverso le
    sue escursioni mistiche nell’altra dimensione, rubava al cielo i segreti della
    salute, per donarli all’umanità sofferente. Questo preziosissimo ricettario è
    stato riproposto all’uomo di oggi dal dott. Gottfried Hertzka - che esercita
    la professione di medico e di ricercatore a Costanza, sull’omonimo lago -
    nell’opuscolo «So heilt Gott», die Medizin der Hl. Hildegard von Bingen
    als neues Heilverfahren, dove l’autore fa notare, tra l’altro, il fatto che la
    moderna scienza medica ha riconosciuto la validità e l’esattezza delle
    conoscenze mediche della santa mistica dell’al basso medioevo. Un dono
    che parte dal cuore di Dio, per confortare, nel senso medico, il cuore
    dell’uomo: «Herzwein», cioè il vino del cuore. Ecco la ricetta descritta nel
    volume della Treben «Gesundheit aus der Apotheke Gottes», a pag. 59.
    Mettete in un litro di vino bianco naturale 10 piantine di prezzemolo, steli
    e foglie, ed un cucchiaino di aceto di vino; ponete tutto sul fuoco, a fiamma
    lenta, fino alla prima bollitura. Spegnete appena comincia a bollire, e filtrate
    dopo 10 minuti.
    Quando il vino è tiepido, oppure ha raggiunto la temperatura ambiente -
    non prima, badate bene -scioglietevi dentro 300 gr di miele d’api originale,
    e l’«Herzwein» è pronto per l’uso. Conservatelo in bottiglie di vetro ben
    tappate, nel frigo, per poterlo utilizzare in tutti i problemi di cuore, per
    qualsiasi forma di cardiopatia o coronaropatia. Esso si prende a cucchiai,
    da sciogliere in bocca molto lentamente, per poterlo ben insalivare, e
    renderlo più solubile, e maggiormente assimilabile; potete anche assumerlo
    in quantità minori di un cucchiaio preso tutto assieme, ed eventualmente
    farlo sciogliere lentamente sotto la lingua, come si usa fare in genere per la
    pappa reale, perché l’assorbimento sublinguale è la forma migliore di
    assimilazione di principi farmacologicamente attivi.
    Non ho avuto modo di consultare direttamente il volumetto del dott.
    Hertzka, per poter dare qui al lettore ulteriori indicazioni ed informazioni sul
    dosaggio quotidiano; tuttavia, essendo l’Herzwein garantito farmaco
    naturale assolutamente sicuro e innocuo, ci possiamo orientare per il
    momento da soli, anche sulla scorta del consiglio, riportato dalla Treben, di
    prendere più di un cucchiaio di seguito del vino del cuore, in occasione dei
    tipici disturbi del cuore, che, nei soggetti predisposti - i cosiddetti
    meteoropatici - accompagnano le variazioni di elettricità della biosfera,
    durante le turbe atmosferiche. Dal che si può dedurre che un’adeguata dose
    quotidiana può constare di tre cucchiai al dì, uno al mattino, uno a
    mezzogiorno, uno la sera, quale terapia di mantenimento.
    Il dott. Hertzka afferma, nel suo lavoro scritto, che, chiunque prende a
    curarsi con l’Herzwein, può tranquillamente eliminare tutte le altre forme di
    farmacoterapia per il cuore, perché il vino del cuore è sufficiente, da solo,
    a tenere sotto controllo tutte le malattie del cuore (!). Naturalmente è
    opportuno e prudente che il cardiopatico metta da parte i farmaci prescritti
    dal suo specialista solo progressivamente, e sempre e soltanto dopo che il
    suo medico ha verificato il netto miglioramento delle condizioni del cuore,
    e lo autorizza a ridurre, o ad eliminare del tutto, i farmaci di sintesi.
    Preciso, inoltre, che la ricetta di preparazione dell’Herzwein riportata sopra,
    è quella modificata rispetto all’originale della santa badessa, secondo la
    quale il miele viene aggiunto al vino bollente, e fatto bollire assieme per ben
    quattro minuti; al tempo della santa mistica, non si sapeva ancora che il
    miele perde buona parte delle virtù terapeutiche attraverso il processo di
    bollitura. D’altra parte, il vino del cuore, ottenuto mediante il trattamento
    così corretto, ha dimostrato di conservare integralmente il suo potere
    curativo, alla pari di quello ricavato mediante il vecchio procedimento.
    L’edema cardiaco.
    Una singolare proposta viene fatta da R.Breuss per il trattamento di
    quel tipico gonfiore delle gambe, che si verifica quando la pompa
    cardiaca ha perso la sua abituale efficienza lavorativa, soprattutto per
    quanto attiene alla funzione di riciclaggio del sangue venoso, in qualità
    di cuore destro. Breuss ritiene che la difficoltà di assorbimento e di
    eliminazione del liquido che costituisce l’edema, da parte dei dispositivi
    fisiologici di drenaggio, sia dovuta alla natura dell’acido urico, presente
    in alta concentrazione nel liquido, che risulta troppo denso, poco fluido,
    poco o niente solubilizzato; la solubilizzazione e la fluidificazione
    dell’acido urico dell’edema è l’obiettivo del trattamento proposto dal
    ricercatore d’oltralpe. Si tratta di un’originale e semplice «terapia
    dell’acqua», consistente nell’assunzione di acqua semplice, ad intervalli
    di 2-3 minuti, a cucchiai, per la durata di due giorni solamente.
    Siccome bisogna essere molto precisi nella esecuzione del trattamento,
    propongo la terapia in forma schematica:
    I pazienti di costituzione fisica esile, non molto pesanti, devono bere un
    cucchiaio normale d’acqua ogni 2 minuti, ma davvero ogni 2 minuti, e
    solo un cucchiaio normale! I pazienti di costituzione fisica robusta,
    abbastanza pesanti, useranno un cucchiaio più grande del normale,
    oppure prenderanno un cucchiaio e mezzo, se il cucchiaio è normale,
    sempre rispettando l’intervallo di due minuti tra un’assunzione e l’altra.
    I pazienti che avessero avuto di recente un infarto del miocardio,
    devono rispettare l’intervallo di tre minuti, e non di due minuti, tra un
    cucchiaio d’acqua e l’altro.
    La durata del trattamento è di soli due giorni; generalmente, già
    nel secondo giorno si comincia ad urinare abbondantemente,
    ed inizia il processo di scomparsa dell’edema. Si deve usare sempre e solo il
    cucchiaio, per poter quantizzare con esattezza l’acqua da bere ogni volta;
    ed è indispensabile attenersi alle quantità indicate, perché - afferma
    Breuss, con tre punti esclamativi – 3-4 cucchiai per volta potrebbero
    risultare pericolosamente eccessivi. Anche se Breuss non lo dice
    espressamente, è da supporre che egli avesse voluto sottintendere che,
    nei due giorni della terapia, il paziente debba osservare il digiuno
    assoluto.
    Per il trattamento dell’edema cardiaco, il dott. Madaus consiglia la
    «barba di mais», trattata e bevuta nella maniera seguente: fate bollire
    un quarto d’acqua, spegnete, aggiungete un cucchiaino di barba di mais,
    filtrate dopo tre minuti; bevetene un cucchiaino ogni due-tre ore.

    Ai cardiopatici, R.Breuss propone un ciclo di terapia di 8 giorni con
    gli «Armbäder», affermando, con convinzione, che, i benefici che il
    cuore ne ricava, sono corrispondenti esattamente a 8 mesi di cure
    presso le cliniche di cardiologia. Gli «Armbäder» sono una pratica
    terapeutica risalente a Pfarrer Kneipp, e ampiamente utilizzata presso
    moltissimi centri di cura in tutta la Baviera; li ho studiati e sperimentati
    personalmente, durante i miei soggiorni di studio e di ricerca in Bad
    Wörishofen. Si tratta di immergere le braccia in una vasca di acqua
    fredda, per un tempo variabile, che, nel caso specifico di trattamento di
    cardiopatie secondo quanto consiglia Breuss, deve essere di 20 secondi per
    volta; mentre si tengono le braccia nell’acqua fredda, bisogna ruotare le
    mani come fossero un’elica. Dopodiché, per 10 minuti di seguito, occorre
    spingere in avanti e indietro le braccia, tirate fuori dall’acqua, tenendole
    penzoloni ai lati del corpo. Si badi bene: tutte e due le braccia in avanti, e
    poi tutte e due indietro. Scaduti i 10 minuti, bisogna subito sedersi, ed
    appoggiare le mani aperte su un tavolo. Il recipiente per fare i bagni freddi
    può essere anche una comune bagnarola; l’acqua sia ben fredda, non
    semplicemente a temperatura ambiente. Tutte queste tecniche comportano
    un tale notevole riposo del cuore, da giustificare, secondo Breuss,
    l’equivalenza degli 8 giorni di terapia così eseguita, a 8 mesi di soggiorno
    presso cliniche per cardiopatici.
    Onicomanzia e cuore.
    Breuss vede, tra cuore ed unghie, un rapporto così stretto, da ritenere
    che sulle unghie sia disegnato lo stato di salute del muscolo cardiaco. Una
    lunula ben evidente, con una curvatura non interrotta, ma lineare, senza
    punte qua e là, sta ad indicare che i muscoli del cuore sono forti; l’assenza
    totale o parziale delle lunule, denota debolezza del miocardio. Più
    specificatamente, la lunula del pollice della mano sinistra è in relazione con
    le condizioni di forza o di debolezza del muscolo principale del cuore; le
    lunule delle unghie delle altre dita esprimono l’efficienza o l’inefficienza dei
    quattro muscoli secondari del cuore, secondo la classificazione che Breuss
    fa del miocardio, la cui struttura muscolare considera composta da 5
    muscoli, come le 5 dita della mano. La debolezza funzionale della
    muscolatura del cuore si esprime come stato di ipotensione più o meno
    grave. Questa lettura deve essere fatta sulle unghie della mano sinistra.
    È, questa, una curiosità che ho voluto riportare, con la speranza che ciò sia
    di stimolo ai ricercatori e specialisti, per la eventuale verifica della validità di
    queste affermazioni. Con il termine «onicomanzia» intendo, ovviamente,
    «lettura interpretativa delle unghie». A seconda delle lunule, e quindi dei
    corrispondenti stati funzionali dei muscoli del cuore, Breuss suggerisce
    determinate terapie naturali, a base di due prodotti omeopatici, le gocce di
    biancospino e quelle di valeriana, che sono consigliate, schematicamente,
    come segue: a partire dalle ore 15:00 e fino a sera, prendete 3/4 volte da 30 a
    40 gocce di valeriana, a seconda della grossezza della persona, se la lunula del
    pollice della mano sinistra è assente, o appena accennata; se poi l’assenza
    parziale o totale della lunula è a carico delle altre dita, prendete da 20 a 30
    gocce di biancospino, prima di ogni pasto principale. Se l’assenza parziale o
    totale della lunula riguarda tutte le dita della mano sinistra, allora bisogna
    prendere sia le gocce di valeriana, a partire dalle ore 15:00, come detto sopra,
    sia le gocce di biancospino, come già menzionato; precisando che, se la lunula è
    mancante del tutto, o in parte, soltanto sulle quattro dita, e non sul pollice, la
    cura da fare è solamente quella delle gocce di biancospino, escludendo
    l’assunzione delle gocce di valeriana.
    Il peperoncino.
    Presso le popolazioni che consumano peperoncino
    abbondantemente, la percentuale dei casi di infarti del miocardio è
    molto più bassa che altrove. Nel trattamento di quasi tutte le patologie
    indicate nel presente volume, è consigliata l’assunzione quotidiana del
    peperoncino, appunto per le sue sicure proprietà cardiotoniche, e toniche
    della circolazione generale; batmotropismo, cronotropismo, inotropismo,
    dromotropismo, tutte le funzioni del cuore sono influenzate positivamente
    dai principi attivi contenuti nel peperoncino, il quale deve essere utilizzato
    crudo, ridotto in polvere, aggiunto ai cibi, quando sono pronti per essere
    consumati, nella quantità orientativa di un grammo per ogni 10 Kg di peso
    corporeo; in altre parole, un uomo di 70 Kg ne può consumare ogni giorno
    ben 7 grammi. Chi non riuscisse a prendere il peperoncino assieme ai cibi,
    può ingerirlo dopo i pasti, mettendolo in ostie comprate in farmacia, che poi
    vengono bagnate, per trasformarsi così in comode pillole da ingoiare.
    Tuttavia, non dimentichiamo che, oltre al peperoncino forte, esistono delle
    varianti medio-forti, e quelle dolci, alle quali si può fare ricorso, quando non
    si riesce a prendere la variante forte. Non ci sono controindicazioni,
    neppure nel caso che si soffra di emorroidi, di epatopatie, di gastrite o di
    altro.
    Aria pulita.
    Sangue pulito, ben ossigenato, non sovraccarico di colesterolo e di
    trigliceridi: questo dovrebbe essere il sangue delle coronarie, le quali
    alimentano incessantemente il muscolo cardiaco, per farlo ben funzionare.
    Una «conditio sine qua non» per avere un sangue opportunamente
    purificato è la sua buona ossigenazione, respirando in primis aria pulita, in
    un’atmosfera non inquinata.
    È opportuno mettere in pratica, quotidianamente, i consigli dati da R.Breuss per una buona
    respirazione, consistenti in profondi atti respiratori, inspiratori ed
    espiratori. Brevi o lunghe passeggiate, la ginnastica in casa o in
    palestra, altre tecniche e consigli corroboranti del cuore, vi saranno indicati
    dal vostro medico, al quale sempre dovete rivolgervi, perché vi guidi in
    ogni terapia del cuore.
    Dieta, digiuno, cuore.
    Respirare aria pulita significa garantirsi un sangue ben ossigenato;
    alimentarsi secondo un regime dietetico opportuno vuol dire non inquinare
    l’organismo, né intossicare il sangue: la dieta disintossicante ad azione epatoprotettiva,
    è certamente utile anche per i cardiopatici. Un’azione, poi, più radicale, in direzione di
    disinquinamento dell’intero organismo, attraverso una profonda
    disintossicazione del sangue, consiste nel seguire i consigli degli Igienisti
    per un digiuno terapeutico, nel caso che di tanto si sia convinti, e si trovi
    un medico, o un esperto, che vi possa seguire nel corso di questa esperienza.
    A tal proposito, riporto alla lettera un brano, tratto dal volume «Il
    digiuno terapeutico», «La malattia cardiaca è stata trattata con il
    digiuno, in un gran numero di casi. Fortunatamente, le cause più comuni di
    disturbi cardiaci, limitati all’arteria coronaria ed alla formazione di trombosi
    in questa arteria, vengono abitualmente corretti con il digiuno. Come
    regola, la trombosi e l’eccesso di materiali grassi all’interno delle pareti
    delle arterie, sono riassorbiti mediante l’autolisi, durante il corso del
    digiuno. Anche altre malattie cardiache, quali la miocardite acuta, la
    crescita anormale dei grassi sul cuore, l’endocardite e la pericardite
    ordinaria, rispondono favorevolmente al digiuno. Due condizioni cardiache
    minori, l’emopericardio e il pericardio calcificato, possono solitamente
    essere rimediati solo parzialmente, dove una qualunque forma di aiuto sia
    possibile».
    L’amaro svedese, e altro.
    Dulcis in fundo? No, l’amaro svedese per ultimo. Esso può
    essere bevuto, quotidianamente, nell’ordine di un cucchiaino o di un
    cucchiaio, assoluti, o diluiti in un po’ d’acqua, mezz’ora prima dei pasti,
    quale cardiotonico quotidiano.
    In tutte le cardiopatie e nelle coronaropatie, sono opportuni anche
    impacchi sulla regione precordiale, cioè sul cuore, con l’ovatta bagnata
    con l’amaro svedese, ungendo prima con olio, o con la
    pomata di calendula. la zona da trattare. Applicazioni del
    genere possono essere fatte durante la giornata, ciascuna della durata di
    due/tre ore, o, in ogni caso, fino a quando l’amaro non venga
    completamente assorbito dal corpo; oppure la sera, lasciando l’impacco
    fino alla mattina seguente. Il punto 44 del vecchio manoscritto
    dell’amaro svedese, riportato dalla Treben, consiglia simili impacchi
    sulla regione del cuore, per combattere efficacemente l’insonnia di
    natura nervosa.
    Applicazione locali utili sono certamente anche gli impacchi con la
    pomata di calendula, gli oli medicinali, il
    fieno greco mischiato con il miele, l’argilla;
    perché il lettore possa orientarsi sulla esecuzione pratica di queste
    applicazioni, si vada a riguardare quanto scritto nel paragrafo sulle
    «ernie inguinali». L’efficacia di questi trattamenti è
    legata al fatto che le applicazioni locali esercitano una benefica azione
    sulle coronarie, sul sistema di conduzione del cuore, e quindi su tutte le
    funzioni cardiache.
     
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  7. A lai xiya
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    DIABETE - IPERGLICEMIA • IPOGLICEMIA • ECC. - ll diabetico deve essere seguito dallo specialista diabetologo, augurabilmente presso i centri di controllo, prevenzione, e cura del diabete. Controlli clinici, esami di laboratorio, consigli di dieta, il rapporto personale con il proprio medico, o con l’équipe, sono fattori importanti, perché l’ammalato non entri nella fascia dei pazienti a rischio. Qui di seguito, nel presente paragrafo, riporterò dei consigli naturali, che possono essere di supporto ad una eventuale terapia farmacologica o dietetica in corso: con la speranza che lo specialista, che segue il diabetico, possa avere la piacevole sorpresa di netti miglioramenti, o di una guarigione totale. Le terapie alternative proposte sono, in ogni caso, non nocive, e possono essere praticate senza alcun timore di effetti collaterali, o di controindicazioni, per l’associazione con terapie farmacologiche. Non si rischia, cioè, di avere crisi ipoglicemiche, o crisi iperglicemiche: le terapie naturali proposte sono ad azione normoglicemizzante, sempre. Quindi, se il paziente diabetico si trova, per caso, in uno stato ipoglicemico, e prende le tisane per un diabetico, queste tisane non accentueranno lo stato ipoglicemico, ma tenderanno a riportare ai valori normali il livello ematico del glucosio: agirebbero, cioè, in questo caso, da iperglicemizzanti. Non si potrebbe essere più tranquilli di così! D’altra parte, per quasi tutte le situazioni patologiche, le tisane fanno registrare questa tranquillizzante attività di normalizzazione, esercitando esse sempre un’azione «normo», non un’azione «ipo», oppure una «iper». Un trattamento omeopatico consiglia il terapeuta R.A. Hoffmann - «So besiegte ich den Krebs» - distinguendo tra diabete iniziale, di lieve entità, e diabete cronico. Tre tazze al giorno del «Diabetiker-Tee», cioè di una tisana per diabetici, della ditta Infirmarius, associate ad un opportuno regime dietetico, generalmente fanno scomparire del tutto le forme lievi ed iniziali di diabete. Come dolcificante delle tisane, si può prendere un cucchiaino di miele originale per tazza, dal momento che il miele d’api esercita un’azione ipoglicemizzante nei diabetici, in quanto stimola efficacemente le isole pancreatiche, responsabili della sintesi di insulina. Oltre alla citata tisana, il diabetico deve prendere, tre volte al dì, un cucchiaino di «Antidiabetikum», prodotto dalla ditta Fides. Quando il diabete è resistente, perché cronico, dell’ «Antidiabetikum» bisogna prenderne da 4 a 5 cucchiai al dì, aggiungendo 25 gocce di Myrtillus Oplx - ditta Madaus - a tre dei cucchiai di «Antidiabetikum». Tre tazze del «Diabetiker-Tee» vengono bevute durante il giorno, come nel caso del diabete lieve. Se è vero che il diabete grave non guarirà completamente attraverso questi trattamenti omeopatici - avverte Hoffman - tuttavia è certo che si avranno sensibili miglioramenti, ed un abbassamento del livello ematico del glucosio. A tal proposito, il terapeuta tedesco ricorda al lettore di portare avanti queste terapie sempre sotto il controllo di un medico, o di un esperto della materia, per evitare il pericolo di uno spiacevole shock ipoglicemico o iperglicemico, trattandosi di terapie con prodotti omeopatici, e non mediante la sola assunzione di tisane. L’indivia, un ortaggio che viene generalmente consumato come insalata, è considerata da Hoffman un rimedio quasi miracoloso per combattere il diabete. Si mette l’indivia in una pentola, si aggiunge dell’acqua, fino a coprire l’ortaggio, e si copre la pentola con un coperchio. Si fa bollire il tutto per 10 minuti, si spegne, si lascia riposare ancora per 10 minuti, e si filtra. Di questo infuso, bisogna berne perlomeno 5 tazzine, durante la giornata; naturalmente, si può prenderne anche di più. Ogni giorno va preparato un nuovo infuso d’indivia. Questo ortaggio ha dimostrato di esercitare una notevole azione di stimolo sulle isole del Langerhans, e di regolazione dell’attività del sistema ormonale insulina-glucagone-adrenalina, per un’azione anche sull’ipofisi, la ben nota direttrice dell’orchestra ormonale. Maria Treben dedica un intero paragrafo al diabete. Dopo di avere premesso, giustamente, tra l’altro, la imprescindibilità di una dieta corretta, il ruolo delle patologie del pancreas nella insorgenza della malattia, ed il non raro ruolo di traumi psichici nella determinazione di uno stato diabetico, passa a proporre una serie di rimedi naturali - raccolti dalla tradizione popolare, e da rinomati cultori e ricercatori di fitoterapia – che propongo qui di seguito, e che vanno dall’ortica al porro verde. Particolarmente efficace, nel processo di normalizzazione della glicemia, è l’ortica, la quale agisce sulla funzionalità delle isole pancreatiche. Mezzo litro al giorno - un quarto bevuto nella mattinata, e uno nel pomeriggio, a distanza dai pasti, a sorsi - costituisce una dose sufficiente: fate bollire l’acqua, spegnete, aggiungete 2 cucchiaini di ortiche foglie, filtrate dopo 5 minuti. Se volete, potete addolcire con un cucchiaino di miele, il quale, se è originale, non è controindicato per i diabetici, ma anzi è normoglicemizzante. Le ortiche sono attive non solo come tisane, ma anche se assunte sotto forma di estratto, reperibile, quale prodotto omeopatico, presso le farmacie, e nelle erboristerie. Le radici di Calamo sono indicate, in fitoterapia, come rimedio naturale per combattere efficacemente le malattie del pancreas: è bene quindi utilizzarle in tutti i casi di diabete. In un quarto d’acqua fredda, la sera, mettete un cucchiaino di radici di calamo in infusione; filtrate la mattina seguente; riscaldate il filtrato, e conservatelo in un termos. Di questo quarto, ne bevete un sorso prima e dopo ogni pasto principale: in una giornata, ne prendete in tutto solo 6 sorsi, i quali, da soli, sono sufficienti a far sentire meglio i diabetici. È una fortuna se il diabetico sa riconoscere il tarassaco, il quale è un ottimo normoglicemizzante. In primavera, mangiare il tarassaco, preparato in insalata, mezzogiorno e sera, significa che si sta trattando il diabete efficacemente. Quando, poi, in aprile, il tarassaco è in piena fioritura, se il diabetico ne mangia, quotidianamente, da 10 a 15 steli, per quattro settimane - gli steli vanno, naturalmente, lavati bene - allora si fanno dei grossi passi avanti verso la guarigione: così scrive Maria Treben. L’amarezza, che gli steli presentano nei primi giorni, va gradualmente a scomparire. Il vischio, una pianta medicinale multifunzionale, è particolarmente attivo sulle isole del Langerhans. Un ciclo di terapia può essere così articolato: tre quarti di tisana di vischio al dì per due settimane, mezzo litro al giorno nelle due settimane successive, un quarto al dì per altre due settimane. Fate seguire, quindi, un intervallo di due settimane, durante le quali potete bere qualcun’altra delle tisane indicate per i diabetici; dopodichè, si può ripetere un ciclo di terapia. Per ogni quarto d’acqua, utilizzate un cucchiaino abbondante di vischio, che si mette la sera nell’acqua fredda e si filtra la mattina seguente. Bevete a sorsi, lentamente, lontano dai pasti. L’amaro svedese (pag. ), che è buono per tutte le malattie, è utile anche ai diabetici, perché è attivo sul pancreas. Lo si può bere diluito con le tisane, o in un po’ d’acqua, o anche assoluto: tre cucchiai al dì sono sufficienti. Maria Treben consiglia anche un impacco al mese, della durata di quattro ore, sulla regione pancreatica, ungendo, prima e dopo l’impacco, con olio o con sugna di maiale, la parte da trattare. Il porro verde - allium porrum - può diventare il pasto quotidiano della sera, tagliuzzato e consumato su una fetta di pane. Esso esercita un’attività normoglicemizzante; non dovrebbe mancare mai anche a pranzo, sotto forma di insalata, suggerisce Maria Treben. La quale, poi, consiglia la seguente ricetta speciale, a base di porro: mettete assieme 700 ml - circa tre quarti - di vino bianco aspro, e mezzo chilo di porro tagliuzzato, e utilizzato fino alle cime verdi, in un recipiente coperto. Filtrate dopo 24 ore, conservando il liquido in un recipiente, e bevendone, ogni giorno, un bicchierino la mattina, e uno alla sera; i residui del porro si possono eventualmente mangiare, spalmati sul pane. Nessun diabetico dovrebbe fare a meno dell’assunzione quotidiana di almeno due dadi di lievito di birra, eventualmente diviso tra mattina e pomeriggio, sciolti in un po’ d’acqua, o di latte, o masticati e mangiati direttamente, aiutandosi con qualche bevanda. La notevole azione esercitata dal lievito di birra sull’intestino, alleggerisce il lavoro svolto dall’apparato digerente, il quale viene aiutato nella sua funzione di degradazione degli alimenti, e di assimilazione selettiva dei nutrienti: indirettamente, di riflesso, si ha un miglioramento dello stato diabetico. L’ascorbato di potassio è consigliato, dal prof. Pantellini, quale rimedio base per moltissime patologie, in quanto attivatore generale di tutto il metabolismo, e va indicato quale integratore vitaminico anche nel trattamento del diabete, il quale costituisce, per l’organismo, una costante situazione di stress. Proporrei un ciclo di almeno tre mesi di terapia, con tre dosi quotidiane di ascorbato di potassio, bevute sciolte in un po’ d’acqua, ciascuna mezz’ora prima di ogni pasto principale. Delle due possibilità di rapporti ponderali, espresse nel comunicato di Andromeda - indicherei quella di un grammo di bicarbonato di sodio, e di 0,50 gr. di acido ascorbico. Ci conforta, in ogni caso, la dichiarata, e collaudata, innocuità del preparato. R. Willfort- op. cit., pag. 191 - indica, nella tisana di foglie di mirtillo, un eccellente rimedio naturale per combattere il diabete, in quanto queste foglie contengono un glicoside, detto «myrtillin», chiamato – a giusta ragione, egli dice - «l’insulina vegetale». Se ne può bere da mezzo litro a tre quarti al dì, preparando ogni quarto in questo modo: fate bollire il quarto d’acqua, spegnete, aggiungete un cucchiaio di foglie di mirtillo, filtrate dopo 10 minuti. Bevete a sorsi distanziati, sempre lontano dai pasti. L’autore sottolinea la necessità di farsi guidare dal proprio medico curante nel controllo del livello ematico del glucosio, anche mentre si porta avanti questo tipo di terapia naturale con «l’insulina vegetale», contenuta nel mirtillo. Ben nutrito è anche l’elenco delle piante medicinali e dei rimedi naturali, riportato nell’indice analitico dell’opera del Willfort. Il consumo del peperoncino crudo in polvere è indicato, consigliato, incoraggiato.

    DIARREA - DISSENTERIA ENTERITE ENTEROCOLITE MORBO DI CROHN ECC. - Quando la diarrea è nella sua fase più acuta, e le scariche sono frequenti, molto liquide, accompagnate da dolori addominali, occorre essere pronti e determinati nel mettere in opera tutte le misure terapeutiche, atte a bloccare la patologica perdita di liquidi. I consigli, che do qui di seguito, non escludono l’intervento del vostro medico curante, e sono rimedi utili ad integrare eventuali trattamenti prescritti dal medico di fiducia.. O meglio, potete anche provare a curarvi con i sistemi naturali consigliati in queste pagine, ma dovete essere precisi nell’esecuzione degli stessi, e sereni mentre vi state curando in questo modo; se, poi, non siete capaci di essere precisi, o di essere sereni, e non siete sicuri di quello che state facendo, allora è indispensabile il ricorso al vostro medico, specialmente se, dopo il primo giorno di cura, non avete avuto risultati soddisfacenti.
    LA FASE ACUTA. Il digiuno. La prima misura da adottare è l’astinenza assoluta da ogni genere di cibo; quanto più va avanti il digiuno, tanto più migliora la situazione. La diarrea esprime un evidente stato di sofferenza dell’intestino, il quale, incapace di trattenere il suo contenuto e i liquidi, è, tanto più, non capace di svolgere la sua normale funzione di degradazione e di assimilazione dei nutrienti; sarebbe quindi illogico introdurre nell’organismo cibo che non può essere digerito, e che non farebbe altro che complicare le cose. Mentre si digiuna, si fanno impacchi, e si assumono bevande scelte. Gli impacchi L’amaro svedese. Applicate su tutta la superficie addominale anteriore ovatta bagnata con l’amaro svedese, e aggiungete altro liquido, ogni volta che vi accorgete che l’ovatta è quasi completamente asciutta. Queste applicazioni sono notevolmente efficaci; l’impacco della sera può restare applicato tutta la notte. Quando avete osservato che l’ovatta non è più in grado di assorbire altro amaro svedese, la sostituite con una nuova banda; e così via. Il cavolo. Gli impacchi con la verza, o con il cavolo cappuccio, sono efficaci allo stesso modo delle applicazioni con l’amaro svedese. Fate impacchi continui, uno che duri tutta la giornata, e uno che, applicato la sera, rimuoverete la mattina seguente; una variante può consistere nel sostituire l’impacco del giorno con applicazioni di ovatta e amaro svedese; oppure potete fare brevi impacchi con l’amaro svedese, tra un impacco di cavolo e l’altro. La pomata di calendula. È indicata soprattutto per i bambini; perciò consiglio a tutte le mamme che avessero figli piccolissimi e piccoli, di avere sempre a disposizione un vasetto di pomata di calendula, conservato tappato nel frigorifero, per poterne fare uso al momento opportuno. Scioglietene alcuni cucchiai sul fuoco; il liquido lo spargete sull’ovatta; applicate l’ovatta sull’addome, quando l’impacco ha raggiunto la temperatura ambiente; ogni due ore circa, aggiungete all’ovatta altra pomata, dopo di averla sciolta sul fuoco. L’impacco della sera lo rimuoverete la mattina successiva. L'argilla: È consigliato un impacco addominale nel corso della giornata, tenendo l’accortezza di far seguire un’applicazione di ovatta ed olio, quando avete rimosso l’argilla; se poi avete la pomata di calendula, fate un impacco con questa al posto dell’applicazione di olio. A conclusione della proposta degli impacchi, invito il lettore ad orientarsi con senso critico tra le varie applicazioni indicate, scegliendo sulla base delle disponibilità concrete, e delle situazioni reali nelle quali si trova a dovere intervenire. Le tisane Nell’indice analitico del suo libro «Gesundheit durch Heilkräuter», R.Willfort elenca un numero consistente di piante medicinali, per il trattamento della diarrea. Tra le tante, ne cito le seguenti: la camomilla fiori, le foglie di ortica, la calendula, la centaurea, l’achillea, il rabarbaro, il verbasco. Le relative tisane si preparano tutte allo stesso modo, cioè facendo bollire l’acqua, aggiungendo un cucchiaio abbondante della pianta medicinale per ogni quarto di acqua bollita, e filtrando dopo 5 minuti. La comunissima camomilla - utilizzate però, i fiori comprati in erboristeria, possibilmente - è, a mio parere, il rimedio d’elezione, anche per la sua notevole azione calmante sugli spasmi della muscolatura intestinale, che tanto frequentemente accompagnano gli stati diarroici. La tisana che scegliete, va bevuta sempre lentamente, a piccoli sorsi distanziati, perché eserciti meglio la sua azione benefica sull’intestino; potete addolcirla con il miele, ed è opportuno che vi aggiungiate anche del succo di limone, che potenzia l’attività astringente della pianta medicinale: come ben sa, da sempre, la donna di casa, che non ha mai trascurato di utilizzare questo frutto mediterraneo nel trattamento delle affezioni intestinali. Di queste tisane si può bere la quantità che se ne vuole, nel corso della giornata. Maria Treben, nella sua brochüre «Heilkräuter aus dem Garten Gottes», indica le tisane di iperico, camomilla, calendula, salvia e centinodia, per combattere gli stati diarroici; l’infuso va preparato facendo bollire, ad esempio, un quarto d’acqua, spegnendo, e aggiungendo un cucchiaino della pianta medicinale; il tutto va filtrato dopo mezzo minuto. La tisana di calamo, anch’essa consigliata vivamente per fermare la diarrea, si prepara in infusione a freddo, mettendo in un quarto d’acqua un cucchiaino rasato di radici di calamo, e filtrando dopo 12 ore, dopo che, prima di filtrare, si è fatto scaldare l’infuso. Questa tisana va conservata calda in un thermos, e se ne beve un sorso prima e dopo ogni pasto principale: sono, cioè, in tutto sei sorsi nel corso della giornata. Nel libro «Maria Treben’s Heilerfolge», alla pag. 91, è riportata la testimonianza di una signora, la quale parla della tisana di foglie di rovo, come di un farmaco dall’«effetto bomba» nello stoppare la diarrea; questa tisana antidiarroica, consigliata anche da R.Willfort a pag. 88, si prepara come la camomilla. L’amaro svedese può essere bevuto nella quantità di un cucchiaio la mattina, uno a mezzogiorno, uno la sera, allungato con un po’ d’acqua, o aggiunto alle tisane; le scelte vanno fatte sulla base dei gusti individuali. L’importante è sapere che questo medicinale è utile per combattere la diarrea. Il mirtillo. R.A. Hoffmann - «So besiegte ich den Krebs», pag. 312 - indica nel mirtillo un rimedio eccellente contro la diarrea. Le bacche essiccate, ma anche quelle fresche crude, o quelle cotte, devono essere ingerite ogni due o tre ore, nella quantità di mezzo cucchiaino per volta, dopo di essere state masticate molto bene. Pian piano, dopo che si è visto che il corpo ha reagito bene, si può aumentare progressivamente la quantità. Per avere, poi, sempre a portata di mano questa tanto efficace medicina naturale antidiarroica, è opportuno - suggerisce Hoffmann - preparare per tempo una tintura di mirtillo, seguendo queste indicazioni: riempite per metà una bottiglia di vetro con bacche fresche di mirtillo, aggiungendo poi un buon distillato di vino – un brandy, cioè - fino sotto il collo della bottiglia. Lasciate il tutto al sole, o vicino ad una fonte di calore, per due settimane; quindi, filtrate, e conservate in una bottiglia scura e ben tappata. In caso di diarrea, di questa tintura prendetene, ogni 2-3 ore, un cucchiaino, assieme ad una zolletta di zucchero; lo zucchero è indicato eccezionalmente solo in questi casi. Se la diarrea è forte, della tintura potete berne subito un cucchiaio diluito in un bicchierino di acqua molto calda; e poi seguite il ritmo di assunzione di cui prima. Anche R. Willfort consiglia le bacche di mirtillo, in caso di diarrea; esse vanno consumate essiccate, e appena cotte. Egli ricorda pure che Kneipp suggerisce di bere una tisana di bacche e foglie di mirtillo per combattere la diarrea. Un «rimedio dolce», soprattutto per i bambini, è costituito da bacche mature di mirtillo, tenute nel miele perlomeno da 4 a 5 settimane; questo preparato ha il vantaggio di conservarsi inalterato, senza una scadenza precisa, e di essere di gusto molto gradevole. Esso può essere consumato a cucchiaini, e non dovrebbe mancare in nessuna famiglia dove ci sono bambini. Un chicco di caffè - tostato e masticato lentamente per 10-15 minuti, e solo allora ingoiato ripetendo questa operazione ogni due ore, fino a quando la diarrea non abbia subito lo scacco - è un rimedio singolare, suggerito da R.A. Hoffmann. Le mele grattugiate sono indicate dalla tradizione popolare, sia da noi, che oltre i confini; le suggeriscono anche Willfort, e Hoffmann, tanto per citarne solo due. Da noi, si consiglia di aggiungere alle mele grattugiate anche del succo di limone, per potenziare l'effetto astringente. La mela esercita, sull'intestino, un'azione regolatrice ambivalente, in quanto rimuove la stitichezza, ma serve a bloccare la diarrea; è, quindi, il suo, un utilizzo sempre tranquillo, in ogni situazione.
    LA FASE POST-ACUTA Quando è passata la tempesta, colui che ha digiunato ha due possibilità: o prosegue il digiuno, per portare a termine l'opera di ristabilimento completo dalla crisi diarroica, ma anche per disintossicare l'organismo in maniera radicale - ed in questo caso costui terrà conto delle indicazioni date nel capitolo sul digiuno terapeutico degli igienisti, per riconoscere il momento opportuno, nel quale bisogna interrompere l'astinenza totale dai cibi; oppure interrompe la fase del digiuno, ma riprendendo a mangiare solo con gradualità, e con prudenza. Il che significa alimentarsi, per qualche giorno, con pastina, o riso in bianco, con la sola aggiunta di spremute di limone; e continuare - o cominciare - a mangiare mele grattugiate, e le bacche di mirtillo, come indicato sopra. Quando si riprende a mangiare, la cosa più importante è masticare a lungo qualsiasi cibo, prima di ingoiarlo. In tutti i casi, non si deve interrompere l'assunzione quotidiana delle tisane; al limite, se ne riduce la razione giornaliera, ma si deve continuare a prenderle, per quanto più a lungo si riesce. Gli impacchi si continuerà ad utilizzarli per un certo tempo, ma si può smettere, appena che si è tranquilli che la funzione intestinale si è normalizzata. A conclusione, propongo questo schema riassuntivo generale: assoluto digiuno{ relativo{ mirtillo mele tisane fase acuta{ bevande{ spremute di limone amaro svedese Diarrea{ impacchi addominali ripresa graduale dell’alimentazione fase post-acuta{ prosecuzione dell’assunzione delle bevande.


    DIGIUNO BREVE a funzione terapeutica del digiuno è ampiamente descritta - e, spero, anche dimostrata come valida, si tratta, in pratica, dei digiuni di lunga durata, quelli proposti per risolvere alcune patologie, anche gravi, in modo radicale e definitivo; il digiuno lungo «secondo Breuss» si propone addirittura l’obiettivo della eliminazione totale di tutte le forme di neoplasie. La funzione principale di ogni digiuno consiste in una intensa attività disintossicante, che risulta totale, se il digiuno è completo, parziale, se il digiuno è di breve durata; chi scegliesse la via più lunga del digiuno ad azione radicale, troverà, nelle pagine citate, le indicazioni opportune per un giusto orientamento, mentre qui intendo dare alcuni pratici consigli, per un’eventuale scelta di un digiuno di breve durata. Per digiuno si intende l’astinenza totale dai cibi; e questo vale anche per il digiuno di uno, due o tre giorni soltanto. Quando digiunate per un solo giorno, consumate un dado di lievito di birra la mattina, e uno nel pomeriggio - masticati con un po’ di latte, o acqua, o altro liquido, oppure sciolti in un po’ d’acqua, o altro - per aiutare la mucosa intestinale ad assimilare meglio, e più rapidamente, il contenuto intestinale, a rinnovarsi in maniera più adeguata e radicale. Bevete, poi, nel contempo, delle tisane, che attivino i dispositivi fisiologici, deputati al filtraggio ed alla depurazione del sangue; un litro di tisana è una quantità opportuna, divisa tra mattina e pomeriggio, bevendo sempre a piccoli sorsi distanziati. Tra le piante medicinali, da utilizzare per la preparazione delle tisane, potete scegliere le ortiche, l’equiseto, l’achillea, la calendula, la tisana delle donne – questa descritta nel paragrafo «utero» - o qualcun’altra, a vostro piacimento: orientatevi mediante la consultazione delle singole voci nell’indice analitico. Se, poi, protraete il digiuno per due o tre giorni, prendete ugualmente due dadi di lievito di birra al giorno, ma mezzo litro della tisana che avete scelto. Restate, intanto, tranquilli e sereni, certi che non vi può succedere niente di brutto, o di preoccupante, mentre digiunate, e, che, al contrario, non possono che venirvi dei benefici. Sarebbe utile il digiuno di un giorno una volta nella settimana, e uno di 2-3 giorni nel corso di un mese.

    DISCOPATIA - COLPO DELLA STREGA • DISCOARTROSI • ERNIE DEL DISCO • LOMBAGGINE • LOMBOSCIATALGIA • MAL DI SCHIENA • SCIATALGIA • SCIATICA • ECC. - Breuss, dopo una sua lunga ricerca, e tanta riflessione, sulla patologia della schiena, dovuta ad una deformazione del disco intervertebrale, denominata discopatia ed ernia del disco, concluse che, a suo parere, questa alterazione del disco consisteva in un suo schiacciamento. Si tratterebbe di una perdita progressiva di quei liquidi, che permettono al disco di essere elastico, ed indeformabile contemporaneamente, nelle condizioni di normalità. Una breve serie di massaggi con olio di iperico - fatti da mano esperta, per evitare eventuali riacutizzazioni del dolore, a causa di massaggi praticati non adeguatamente - ridonando i liquidi al disco essiccato e disidratato, lo riporterebbe allo «status quo ante», la protrusione scomparirebbe, per un movimento di retrusione del disco, e la sintomatologia dolorifica verrebbe a cessare. Il disco malato è paragonato, da Breuss, ad una spugna, la quale, sottoposta ad una pressione di un peso di 50 Kg, si disidrata e si schiaccia, fino al punto di rimanere schiacciata e deformata anche quando il peso sia stato rimosso; tuttavia, versando dell’acqua sulla spugna schiacciata, questa riprende immediatamente la forma originaria. Una cosa analoga avverrebbe mediante i massaggi oculati, fatti con l’olio di iperico. Ho usato la forma condizionale nell’esposizione della teoria elaborata da Breuss. Ma, al di là della teoria, certamente interessante e stimolante per qualunque serio ricercatore, la cosa importante è la testimonianza di Breuss, il quale dichiara di avere risolto diverse migliaia di casi di sofferenze discali, medianti i massaggi suddetti. A questa testimonianza si aggiunge la mia personale esperienza, consistente nel trattamento e nella soluzione positiva di almeno un centinaio di casi a tutt’oggi. La pratica mi ha dato l’occasione di approfondire la riflessione sull’argomento. Ritengo che i massaggi con olio di iperico - da me praticati sempre con particolare prudenza, delicatezza e attenzione - agiscano specialmente sulle fasce dorsali muscolari, decontratturandole. L’effetto spasmolitico a carico dei muscoli dorsali si riflette sicuramente sulle vertebre, mediante le inserzioni che su di esse hanno le fasce muscolari dorsali: per cui si avrebbe, in questo caso, un processo inverso a quello che si determina nel tempo, quando si ha sofferenza discale. In altre parole, potremmo ipotizzare questa serie di eventi: il massaggio distende i muscoli dorsali, la decontrattura modifica il tono di tensione delle inserzioni muscolari sulle vertebre, le quali comprimono il disco con una presa simile ad una tenaglia in azione; si allenta così la presa, si facilita la retrusione del disco. Nel contempo, si potrebbe avere anche l’altra azione, ipotizzata da Breuss, del ritorno del disco alla forma originaria, un ritorno agevolato dall’allontanamento delle vertebre comprimenti. Ci sarebbe, quindi, l’azione combinata della reidratazione del disco schiacciato e del contemporaneo allontanamento delle vertebre, che attanagliano il disco. Queste ipotesi, naturalmente, sottintendono una fondamentale integrità del disco, suppongono che non sia malato, che non abbia subito un processo di degenerazione, ma che sia solo deformato, perché schiacciato. Le cose cambiano, nel caso ci trovassimo di fronte ad un disco interessato da un processo degenerativo, e da un concomitante indebolimento delle vertebre, colpite eventualmente da artrosi, da spondilosi, o da altre malattie deformanti. In questi casi, l’azione terapeutica dovrà mirare a riabilitare il disco e le vertebre, con un’azione più radicale e più protratta nel tempo: i massaggi, da soli, non sono sufficienti, ed occorre fare una terapia locale con impacchi di amaro svedese, di cavolo, di pomata di calendula, e/o di altro. Per essere più chiaro, proviamo a distinguere le discopatie, schematicamente, in semplici e complicate. Le «discopatie semplici» sono quelle che non presentano patologie di tipo degenerativo, nè a carico del disco erniato, nè a carico delle vertebre, tra le quali è interposto il disco stesso. Le «discopatie complicate» sono quelle nelle quali il disco è degenerato, oltre che erniato, e/o le vertebre, tra le quali è inserito il disco, sono interessate da alterazioni anatomopatologiche. Qui di seguito, darò consigli per le discopatie semplici, e consigli per le discopatie complicate. Preciso, tuttavia, che, perché si possano perseguire risultati completi e definitivi, occorre sempre l’intervento dell’esperto, tanto per effettuare massaggi più efficaci e più mirati, quanto per coordinare la terapia stessa, la quale portata avanti da sola, potrebbe non essere eseguita adeguatamente e con la opportuna pazienza, soprattutto quando si tratti di discopatie complicate da artrosi, o da sciatica di lunga data e particolarmente ostinata. a) Discopatie semplici. È utile un massaggio sulla schiena eseguito da una persona calma, non nervosa, delicata: perché è necessario non premere sulle masse muscolari dorsali, ma bisogna soltanto spalmare con insistenza, ma con delicatezza, l’olio di iperico su tutta la schiena, per una decina di minuti, mentre che il paziente è particolarmente disteso, sereno, rilassato. Breuss consiglia di comprimere energicamente con la base del palmo della mano destra, il fondo schiena, per cinque volte, perché così si ottiene un migliore rilassamento della colonna vertebrale del paziente. Tuttavia, io ritengo che sia meglio che il profano non metta in pratica questa tecnica di rilassamento, ma che la lasci all’esperto, per non andare incontro a qualche eventuale spiacevole conseguenza, specie quando la discopatia sia accompagnata da sofferenza del nervo sciatico. In conclusione, è prudente limitarsi ad un semplice massaggio con l’olio di iperico. Dopodiché, si applica un sottile strato di ovatta su tutte le parti della schiena che sono state massaggiate, e che sono, quindi, unte di olio. Se il massaggio viene praticato la sera, l’ovatta si rimuove la mattina seguente, e si lava la schiena. Questo tipo di massaggio, che può anche definirsi «unzione della schiena con olio di iperico», può essere ripetuto per alcune sere di seguito. Se la sintomatologia dolorifica scompare, si può anche fare a meno dello specialista; altrimenti si ricerca l’esperto, il quale conosca, al pari dello scrivente, queste particolari tecniche di terapia, e ci si affida a lui perché affronti il caso con metodi più adeguati. Se, al momento della necessità, non fosse disponibile olio di iperico, si può intanto utilizzare semplice olio di oliva. Un altro tentativo per risolvere a casa, da soli, una discopatia del tipo non complicato, consiste nella applicazione di ovatta e amaro svedese sulla schiena, nel tratto lombare della colonna vertebrale. Anche in presenza di sciatica, è necessario insistere su questa regione, nel caso che la sofferenza dell’arto inferiore dipenda dalla compressione radicolare del nervo sciatico. «Unde origo, inde salus», dicevano saggiamente gli antichi: se la causa della sciatalgia è localizzata nella schiena, è lì che bisogna insistere. È come quando scorre acqua dal soffitto di una stanza; si va a controllare il piano superiore, si individua il punto debole; lo si ripara; non scorrerà più acqua nella stanza di sotto. Per inciso, a quelli che soffrono di sciatica, dico di non essere troppo insofferenti: anche quando si sia trattata l’ernia, il riflesso di dolore non è che scompaia tutto assieme, ma bisogna attendere sempre un certo tempo perché si stia bene completamente. Stando all’esempio di prima, anche dopo che si sia riparata la falla attraverso la quale si infiltrava acqua, cadendo nella stanza di sotto, la macchia del soffitto non scomparirà subito, ma andrà a seccarsi lentamente. Sempre sulla schiena, altri impacchi utili si potranno fare con la pomata di calendula , spalmandola direttamente sulla zona da trattare, a modo di un delicato massaggio, e applicando alla fine un sottile strato di ovatta sulla parte della schiena così trattata. Queste unzioni possono essere ripetute di tanto in tanto. Il naturopata R.A. Hoffmann - «So besiegte ich den Krebs», pag. 238 - suggerisce di far stendere il paziente su un lettino a pancia in su, completamente rilassato, e di esercitare sull’addome delle delicate pressioni con i polpastrelli delle dita di tutte e due le mani, più volte, a partire dalla regione superiore dell’addome, per passare poi alla parte centrale, e quindi alla regione inferiore. Secondo l’autore, il risultato di queste tecniche chiropratiche sarà la retrusione di eventuali ernie del disco, per un indotto processo di rilassamento e di decontrattura delle vertebre lombari, che comprimono il disco. Si tratta certamente di un metodo semplice, innocuo, indolore, i cui risultati, personalmente, ancora a tutt’oggi, non ho provato a verificare, ma che ritengo utile, e tutto da approfondire. In tutti i casi, seguire questi consigli è indubbiamente di grande vantaggio per i sofferenti di discopatia. E non costa neppure un soldo bucato. b) Discopatie complicate da malocclusione, discoartrosi, sciatica. Nelle discopatie non complicate, potranno risultare risolutivi i rimedi suggeriti sopra, in quanto quei trattamenti sono efficaci nell’eliminare il dolore, provocato dalla irritazione del nervo del seno vertebrale, che io ipotizzo possa essere il responsabile principale del mal di schiena, nel caso della discopatia semplice. Se, invece, accanto all’ernia del disco ci sono processi degenerativi a carico del disco stesso e/o dei corpi vertebrali, colpiti eventualmente da spondilosi, spondiloartrosi, con formazione o meno di osteofiti, becchi ossei, o da altre deformazioni; o se ci sono deviazioni della colonna vertebrale, del tipo, ad esempio, della scoliosi; o se è presente una malocclusione, che altera la postura, ed i cui effetti si scaricano eventualmente proprio sulla schiena, allora il quadro si complica veramente, ed il ciclo di massaggi, da solo, non risolverà certo la patologia discale. Ma, procediamo con ordine. Intanto, c’è da dire che in tutti i casi in cui si è davanti ad una discopatia complicata, qualunque siano le cause predisponenti, o determinanti, o scatenanti, i consigli dati per le discopatie non complicate, sono pur sempre raccomandabili e oltremodo utili ugualmente: non fosse altro che per non far peggiorare la situazione. Anzi, è certo che, in ogni caso, si avranno dei miglioramenti, anche se non si potrà mai giungere alla guarigione completa, se non si rimuovono radicalmente tutte le cause di fondo della malattia. Malocclusione. Non sono rari i casi nei quali è stata individuata nella malocclusione la causa determinante non solo del mal di schiena, ma anche della stessa scoliosi e delle ernie discali. Si tratterebbe di giochi muscolari alterati, a partire da contatti anomali tra i denti delle due arcate dentarie. Le informazioni propriocettive, che partono dall’apparato di sostegno dei denti, e giungono ai centri nervosi, a cui fanno capo i nervi cranici, determinano una serie di risposte riflesse, che contribuiscono a formare quello stato generale di equilibrio dinamico, che va sotto il nome generico di postura. Le informazioni corrette, dove non ci sia malocclusione, si traducono in una postura equilibrata; eventuali informazioni anomale, come quando c’è malocclusione, possono comportare difetti di postura a livelli differenti della colonna vertebrale, ma anche degli arti, a seconda dei denti interessati da precontatti, cioè da contatti anomali con i denti opponenti. Lo specialista della bocca, l’ortopedico, l’osteopata, il chiropratico, che abbiano questa visione «posturale» dell’uomo, sono in grado di individuare le eventuali cause odontogene nel determinismo della patologia discale, e di svariate altre manifestazioni morbose, negli individui affetti da malocclusione. E si provvederà ad agire in direzione di una rifunzionalizzazione della bocca, per correggere una delle cause prime di affezioni che sembrano non avere niente a che vedere con la bocca. È chiaro che agiranno anche a valle, mentre che operano a monte. I consigli naturali che sto dando nel presente paragrafo, accompagneranno ed aiuteranno l’opera svolta da questi specialisti. A casa si possono fare dei test di energopositività o di energonegatività, che servono ad orientare, approssimativamente, per una prima diagnosi di malocclusione. Si fa sedere su una sedia la persona interessata, con le gambe piegate e la schiena bene appoggiata allo schienale; la bocca deve essere chiusa, e le arcate dentarie devono appoggiare l’una sull’altra. Bisogna stare, cioè, a denti stretti. Il soggetto seduto solleva il braccio destro fino all’altezza della spalla, portando l’avambraccio verso il lato sinistro del corpo, formando così un angolo. Una seconda persona, ponendosi sul lato destro, e un po’ in avanti rispetto alla persona seduta, cercherà di farle abbassare l’arto destro, posto ad angolo, premendo su di esso, con forza, dall’alto verso il basso. Se colui che sta seduto riesce a resistere a questa pressione, opponendosi al tentativo fatto dall’altro di fargli abbassare il braccio, il risultato sarà positivo, e denoterà che le due arcate dentarie chiudono bene l’una sull’altra, e che «fondamentalmente» non c’è malocclusione. Se, invece, il braccio cede, il soggetto è energonegativo, in quanto le arcate dentarie non occludono bene. Perché, quando si tenta di resistere e si fa forza per non abbassare l’arto superiore, si fa leva sui denti chiusi: se questi chiudono bene, la leva è buona, i muscoli fanno resistenza; se i denti non chiudono bene, la leva non è in equilibrio, è inefficiente, i muscoli non hanno forza. È chiaro che è solo un piccolo test, tutto il resto è di competenza dello specialista. Questa tecnica diagnostica ho appreso qualche anno fa dal prof. Balercia Luigi, di Ancona. Discoartrosi. Una complicanza della discopatia è la discoartrosi; consiste nella compresenza di artrosi e di sofferenza discale. Una terapia efficace è allora - sempre confermando la validità delle terapie suggerite sopra - un ciclo di applicazioni locali di foglie di cavolo verza, o di cavolo cappuccio. Ricordo solo che non bisogna desistere presto, ma è necessario insistere, fino a quando non si evidenzia il conseguimento della salute. In generale, il ciclo di terapia si può considerare esaurito, quando gli impacchi applicati la sera, e tolti la mattina successiva, risulteranno inalterati per diversi giorni di seguito; il che starà a significare che la malattia che si sta trattando è stata debellata. Si può anche interrompere la terapia di tanto in tanto, per poi riprendere con un animo nuovo e più riposati. In ogni caso è sempre e solo questione di pazienza e di costanza: i risultati sono garantiti certi, duraturi, talvolta anche risolutivi. Quindi, se il disco erniato è interessato da un processo degenerativo, cioè è malato, e non ha più la sua integrità, la terapia con le foglie di cavolo è più che indicata, ed io la ritengo anche necessaria. Oltre, naturalmente, alle terapie consigliate per le discopatie semplici. La sciatica radicolare. Questa forma di sciatica deriva dalla sofferenza della radice del nervo sciatico, per compressione da parte del disco, o di altre strutture contigue, e costituisce la complicanza più frequente della discopatia; essa guarisce trattando quella zona della colonna vertebrale, da dove emerge il nervo. Le terapie consigliate sono quelle descritte fino ad ora. Per accelerare la guarigione, alcuni consigliano l’assunzione quotidiana di uno spicchio d’aglio tutte le mattine, ingoiato in un’ostia, dopo di essere stato schiacciato. Vogel, nel suo libro «Il piccolo medico», pagg. 39-67, propone di prendere l’aglio schiacciato e mischiato al latte, per diversi giorni di seguito, nel caso di forti dolori di sciatica: non sempre il rimedio è efficace, ma è un tentativo da farsi, quando si siano sperimentate altre vie senza successo. Si deve schiacciare uno o più spicchi d’aglio in un quarto circa di latte, e bere questa miscela tutte le mattine, fino alla scomparsa dei dolori. Chi ci riesce, naturalmente. L’odore forte che scoraggia tanti dall’assunzione dell’aglio, si elimina facilmente masticando bene e mangiando un poco di prezzemolo crudo. La cura omeopatica a base di aconito, che R.A. Hoffmann propone per il trattamento della nevralgia del trigemino, è consigliata anche in caso di sciatica. È molto utile ai sofferenti di sciatica l’assunzione quotidiana di lievito di birra: un dado la mattina, un dado nel pomeriggio, masticati ed ingoiati con l’aiuto di un po’ di latte, o acqua, oppure bevuti, dopo di essere stati sciolti in un po’ di acqua, o di latte; seguendo ognuno liberamente i propri gusti personali. Sempre a proposito del trattamento della sciatica, riporto quanto mi è stato riferito da diversi pazienti su un metodo di cura originale, praticato dai frati di un convento francescano di Cori, in provincia di Frosinone, consistente nell’intaccare, con il bisturi, un punto preciso, situato nella regione del malleolo laterale dell’arto interessato dalla sciatica. Ne segue la fuoriuscita di un liquido, misto a sangue, che si riversa nella bacinella d’acqua, nella quale si poggia il piede. Il drenaggio è aiutato da una pressione esercitata sulla gamba con le mani, dall’alto verso il basso. Il sollievo è immediato, e tutti riferiscono di avere provato la netta impressione di essere guariti. A mio parere, il limite di questo metodo risiede soprattutto nel fatto che si tratta, nel migliore dei casi, di una terapia a carattere sintomatico, e non di tipo etiologico, in quanto agisce sul lago dei liquidi infiammatori, accumulatosi nel corso della sofferenza del nervo sciatico; canalizza questi liquidi, e forzatamente li elimina verso l’esterno dell’organismo; ma non opera sulla causa della sciatica, se eventualmente la sofferenza del nervo dovesse essere ricercata in una compressione radicolare, per una protrusione del disco intersomatico; o per altri processi a carattere degenerativo, che dovessero interessare l’emergenza radicolare del nervo sciatico. D’altra parte, è già tanto riuscire ad agire a valle, laddove si accumulano i liquidi infiammatori; la loro canalizzazione, il loro drenaggio, la loro eliminazione, sono già di per sè una forma di guarigione, anche se talvolta solo transitoria e parziale. È pur sempre un sollievo per chi soffre. Ed in ogni caso, siamo davanti ad una pratica che merita certamente l’attenzione degli studiosi, e l’approfondimento da parte degli specialisti: è appunto per questo motivo, e non per semplice spirito di cronaca, che ho fatto cenno qui alla singolare attività terapeutica dei frati di Cori. Ai quali, poi, chiedo scusa, se la sommaria descrizione fatta qui dovesse contenere delle imprecisioni. Spesso il dolore sciatico risulta localizzato alla natica, oppure a determinati segmenti dell’arto inferiore. In questi casi, consiglio di fare delle applicazioni locali, con ovatta e amaro svedese, sui punti dove è localizzato il dolore. Intanto, si può ottenere la remissione parziale o totale del dolore, mentre che si agisce sulla schiena, per debellare il male alle sue radici. Inoltre, anche quando ufficialmente alla sciatica non è associata una discopatia, consiglio ugualmente di fare un ciclo di terapia sulla schiena, come suggerito precedentemente, per tutti i casi di sofferenza discale. «Sitzbad», in tedesco, «semicupio», in italiano: è un metodo efficace per combattere la sciatica, utilizzando i principi attivi di alcune piante medicinali, fatti scaricare in acqua mediante una breve macerazione. Le erbe medicinali più efficaci sono l’ortica e l’equiseto. Con queste piante, raccolte fresche, si riempie un secchio da 10 litri, dopo di averle tagliuzzate. Chi conosce solo le ortiche, usa queste. Si aggiunge acqua fredda, fino a riempire il secchio. Dopo 24 ore, l’acqua del secchio, ormai satura dei principi curativi dell’erba medicinale, viene versata nella vasca da bagno, riempita con acqua calda. Il sofferente di sciatica deve restare da 10 a 20 minuti in questa acqua, non coricato nella vasca, ma solo seduto in essa, in modo che l’acqua non superi la linea del cuore. In questo tempo, è utile massaggiare delicatamente le parti del corpo immerse nell’acqua, e in modo particolare gli arti inferiori, per far sì che i principi attivi, contenuti nell’acqua, possano penetrare meglio nei tessuti sottocutanei, ed oltre. Quando si esce dalla vasca, l’acqua che è sul corpo si rimuove con le mani, senza asciugarsi. Si rimane a letto almeno un’ora, indossando un accappatoio, stando ben caldi. Possibilmente, di questi semicupi se ne fanno a giorni alterni nella prima settimana, ne bastano due nella seconda settimana, si può continuare con uno per settimana, fino a quando si vuole. Sono bagni che in tutti i casi fanno bene, per cui si possono fare anche se non si è sofferenti di sciatica; sono utili alla circolazione degli arti inferiori, e giovano a tutti gli organi pelvici; per questo sono indicati in caso di cistite, ovarite, malattie dell’utero, ecc. Chi può, prenda l’abitudine di farne uno per settimana; basta imparare a riconoscere le ortiche, e saperle raccogliere senza pungersi, usando eventualmente dei guanti, o afferrando le piante dalla parte dello stelo, stando attenti al contatto con le foglie.
    Nota finale importante. Al lettore, sofferente di discopatia, al termine di questo paragrafo, dico che, se per caso, nonostante quello che ha letto in queste pagine sulle discopatie, ancora non riesce ad orientarsi sufficientemente, faccia perlomeno questo soltanto: dorma tutte le notti con un impacco con le foglie di verza sulla parte del corpo dove è localizzata la discopatia – collo e/o schiena – per tante notti, per quante sono necessarie perché egli possa finalmente dire «mi sento bene». Una cosa è certa: non potrà non averne giovamento; e, forse, potrà anche guarire completamente – se avrà pazienza e costanza – già solo facendo questo! In tutte le forme di discopatia, è più che opportuno un ciclo di terapia disintossicante con le tisane.
    DISLIPIDEMIE - ARTERIOSCLEROSI ATEROSCLEROSI IPERCOLESTEROLEMIA IPERTRIGLICERIDEMIA PLACCHE ATEROMASICHE ECC - percolesterolemia, ed ipertrigliceridemia - aumento cioè, del livello ematico del colesterolo, e dei trigliceridi - sono le forme cliniche principali, le più note e le più temute, in cui si manifestano le alterazioni del metabolismo dei grassi. Una dieta appropriata, sotto il controllo del medico curante o degli specialisti, è la prima fondamentale misura da adottare, a prescindere da eventuali terapie farmacologiche, da farsi, ovviamente, ove si rivelassero necessarie. Metodi alternativi nel campo delle terapie naturali esistono, e sono anche notevolmente efficaci, normalizzando, essi, a volte, situazioni anche molto difficili, nel volgere di un mese. In pratica, se avete problemi di colesterolo alto o di trigliceridemia elevata, attenetevi tranquillamente ai seguenti consigli: Siate particolarmente severi e scrupolosi nel mettere in pratica i consigli di dieta, proposti nel paragrafo relativo alle epatopatie, stando molto attenti ad evitare in particolare grassi e fritture, e possibilmente, per un certo periodo, almeno ogni tipo di carne, sia quella rossa, sia quella bianca. La sera cercate di andare a letto quasi digiuni, e masticate sempre accuratamente il cibo, non cedendo mai alla tentazione di mangiare in fretta, se avete fretta di guarire presto. Mangiare cibi non nocivi e masticare bene, sono, di per sè, una terapia medica molto superiore a qualsiasi somministrazione di farmaci. Premesso che tutte le tisane sono utili ed opportune, perché tutte, assunte secondo modalità giuste, sono bene o male sempre disintossicanti, e quindi apportatrici di salute in tutte le direzioni, c’è comunque una possibilità concreta di orientare il lettore verso l’assunzione di tisane a carattere più specifico per il trattamento delle dislipidemie, e di proporre uno schema pratico di terapie. Tra le tante piante medicinali che rivestono un carattere specifico nella cura dell’ipercolesterolemia e della ipertrigliceridemia, indico, quali particolarmente efficaci, la salvia, il vischio, l’equiseto, le ortiche, che propongo di utilizzare nel modo seguente: Terapia d’urto. Per un mese almeno, o in ogni caso per tutto il tempo necessario a far abbassare il tasso di colesterolemia e di trigliceridemia fino ai valori normali, è utile bere, tutte le mattine, dalle 9:00 alle 12:00, mezzo litro della tisana di salvia, e, nel pomeriggio, mezzo litro di ortiche, o di vischio, o di equiseto. La tisana di salvia si prepara facendo bollire assieme mezzo litro d’acqua e tre cucchiaini di salvia, per tre minuti; dopodiché, spegnete, e filtrate dopo 10 minuti. Se volete, per addolcire, aggiungete un cucchiaino di radici di liquirizia, dopo i 3 minuti di bollitura, oppure un cucchiaio di miele, quando la tisana ha raggiunto la temperatura ambiente. La tisana di vischio la preparate mettendo quattro cucchiaini della pianta medicinale in mezzo litro d’acqua fredda, la sera, e filtrando la mattina, dopo 6-8 ore. La tisana di ortiche, invece, si prepara I facendo bollire mezzo litro d’acqua, spegnendo, e aggiungendo due cucchiaini di ortiche; filtrate dopo 5 minuti. Il mezzo litro di equiseto si ricava facendo bollire assieme per un minuto, mezzo litro d’acqua e due cucchiaini di equiseto; quindi spegnete, e filtrate dopo un minuto. Queste tisane si possono addolcire con un cucchiaio o un cucchiaino di miele, che va aggiunto quando il preparato ha raggiunto la temperatura ambiente. Se vi è possibile, variate le tisane del pomeriggio ogni due settimane, altrimenti ne scegliete una tra le tre, e andate avanti per tutto il tempo che dovesse durare la terapia d’urto. Terapia di mantenimento. Quando avete conseguito il risultato di un livello normale del colesterolo e dei trigliceridi del sangue, continuate per tutto il tempo che volete e che potete, con l’assunzione quotidiana di un solo mezzo litro di tisana, eventualmente diviso tra mattina e pomeriggio. Il primo mese, bevete mezzo litro di salvia al giorno; nel secondo mese, prendete mezzo litro di vischio; il terzo mese, bevete mezzo litro di equiseto; il mese successivo, continuate con le ortiche, riprendendo il ciclo a partire dalla salvia, e così via. Non dimenticate che le tisane vanno bevute a sorsi distanziati, e lontano dai pasti. L’amaro svedese potenzia l’efficacia della terapia a base di tisane, se ne beviamo un cucchiaino prima di ogni pasto principale, durante la fase definita «terapia d’urto», e un cucchiaino tre volte al dì, durante la «terapia di mantenimento».
    L’ascorbato di potassio. Questa forma particolare di vitamina C è oltremodo utile nel trattamento dei dismetabolismi dei lipidi ematici, anche stando a quanto consiglia la Drug and Food Administration, il Ministero della Sanità Statunitense che propone l’assunzione quotidiana di due grammi di vitamina C, per combattere efficacemente le dislipidemie, ed eventuali lesioni ateromasiche associate ad esse. Durante la fase della terapia d’urto, sarebbero opportune tre dosi quotidiane di ascorbato di potassio, ciascuna costituita da un grammo di bicarbonato di potassio, e da 0,50 gr di acido ascorbico; per continuare, nella fase della terapia di mantenimento, con tre dosi, formate ciascuna da 0,50 grammi di bicarbonato di potassio, e 0,25 gr di acido ascorbico. Ciascuna dose va bevuta sciolta in un po’ d’acqua, mezz’ora prima dei pasti principali.
    Germe di grano: cinque perle la mattina, e cinque nel pomeriggio, sono un opportuno apporto di vitamina E, utile per una lotta quotidiana delle dislipidemie. Come pure trova indicazione, degna anche di essere sottolineata, l’assunzione del peperoncino crudo in polvere, aggiunto ai cibi prima di mangiarli, nella quantità di un grammo per ogni 10 Kg di peso corporeo . Naturalmente, siccome il lavoro principale nella regolazione del livello ematico dei lipidi è svolto dal fegato, tutti i consigli dati nel paragrafo «fegato», sono altresì indicati a tutti anche per conseguire la normalizzazione del metabolismo del colesterolo e dei trigliceridi. Si invita, pertanto, il lettore, a tenere in alta considerazione le citate pagine, oltre tutto quanto detto sopra, se si vuole fare un’opera radicale di risanamento dell’intero organismo. Utilissimo è il consumo quotidiano del lievito di birra, nella quantità di un dado la mattina e uno nel pomeriggio, bevuti dopo di essere stati sciolti in un po’ d’acqua, latte, o altra bevanda . Considero il digiuno una vera scorciatoia per guarire rapidamente e radicalmente dalle dislipidemie.

    DISSENTERIA e il vostro medico vi dice che avete la dissenteria, accanto alle misure terapeutiche che vi vengono prescritte, potete aiutarvi utilmente seguendo anche i consigli elencati e descritti nel paragrafo relativo al trattamento della diarrea. In più, riporto qui il consiglio dato a proposito da R. Breuss – op. cit., pag.133 – che, come in tanti altri casi, ha del sorprendente: egli afferma che, in genere, si guarisce dalla dissenteria, ed anche dalle crisi diarroiche ostinate, con «tre sole gocce di essenza di tormentilla» - quattro gocce sono troppe - nel giro di 24 ore, assunte assolute, non diluite. Questo prodotto omeopatico, che è indicato da Breuss anche per il trattamento delle emorragie, va comprato nelle erboristerie, o nelle farmacie che ne siano fornite; oppure può essere preparato in maniera artigianale, seguendo le indicazioni che trovate nel paragrafo relativo alle emorragie.
    DISTONIE NEUROVEGETATIVE a distonia neurovegetativa è certamente anche l’espressione periferica di disturbi centrali a carico dell’io psichico, ma diventa essa stessa uno dei fattori di disturbo del tono psichico generale, secondo il principio del gatto che si morde la coda, in un processo a circuito chiuso, con una reazione del tipo «feedback». Mentre che, naturalmente, si opererà sulla base psichica, è fondamentale un’azione antidistonica periferica, utilizzando adeguati ed opportuni rimedi naturali: se dalla periferia, cioè dagli organi e dagli apparati, giungono ai centri nervosi superiori segnali non distonici, tranquillizzanti, questi indurranno, lentamente, un senso di pace nell’io psichico, spezzando il circolo vizioso. Operativamente, il lettore che intende combattere uno stato distonico, deve attenersi ai suggerimenti dati nei paragrafi «stress», «esaurimento nervoso», «insonnia».

    DOLORE- Mentre svolgete le opportune indagini per individuare le cause più o meno profonde, responsabili del sintomo dolore, potete intanto, agire su questo, utilizzando le applicazioni locali - soprattutto l’amaro svedese. «Unde origo, inde salus»: quando, guidati dal vostro medico curante, avete individuato l'origine dalla quale scaturisce il dolore, è su di essa che dovete operare, mettendo in azione tutte le misure terapeutiche naturali, consigliate per curare l'organo ammalato, o la disfunzione, responsabili del dolore. Molto interessante è quanto sostengono gli igienisti a proposito della grande efficacia del digiuno assistito nel fugare, in tempi brevi, ogni forma di dolore, anche quello più tenace e resistente, che svanisce come la nebbia al vento, nel giro di poche ore, o di pochi giorni.
    EMATURIA ’ematuria è la presenza di sangue nelle urine, ed è un evento patologico di cui bisogna individuare le cause, le quali possono trovarsi ai vari livelli delle vie urinarie, cioè al livello del rene, dell’uretere, della vescica, dell’uretra. «Unde origo, inde salus»: bisogna curare sempre le cause di una malattia, per avere una guarigione vera. Per cui, una volta diagnosticato il livello d’origine dell’ematuria - guidati, in ciò, dal vostro medico curante, e da eventuali specialisti - seguite i consigli relativi alla terapia naturale delle malattie del tratto delle vie urinarie individuato; riguardate, cioè, volta per volta, i paragrafi «rene» o «uretere» o «vescica urinaria» o «uretrite», ecc., a seconda dei casi.

    EMODIALISI aria Treben, nel suo lavoro «Gesundheit aus der Apotheke Gottes», alla pag. 87, trattando della voce «Nierenschrumpfung», scrive che Pfarrer Künzle testimonia, nei suoi scritti, di un paziente - sofferente di insufficienza renale da parte dell’unico rene rimastogli, dopo che gli era stato asportato chirurgicamente l’altro rene – che è guarito nel giro di soli 14 giorni, soltanto bevendo, quotidianamente, un litro di una tisana, ricavata da una miscela composta da parti uguali di «ortica morta» = «lamium album», in latino; «gelbe oder weisse Taubnessel», in tedesco;, «verga aurea» = «solidago virga aurea», in latino; «Waldgoldtrute», in tedesco; «asperella» = «galium aparine», in latino; «Labkraut», in tedesco. La tisana si prepara nella maniera seguente: fate bollire l’acqua, spegnete, aggiungete un cucchiaino abbondante della miscela per ogni quarto d’acqua, filtrate dopo mezzo minuto, secondo le indicazioni di Maria Treben. Questo «miracoloso» litro di tisana, che va bevuto a sorsi distanziati, tra la mattina ed il pomeriggio, lontano dai pasti, viene consigliato, dalla Treben, a tutti quelli che soffrono di insufficenza renale. Tre casi di guarigione sono testimoniati nel libro «Maria Treben’s Heilerfolge», alle pagg. 32, 41, 56, dell’edizione tedesca; uno dei pazienti guariti era oramai in dialisi per due volte nella settimana, ed era stato dichiarato un caso senza speranza alcuna di guarigione. Ci hanno provato, con successo, quelli d’oltralpe; perché non ci proviamo anche noi? Un ragionato, opportuno, certamente inoffensivo tentativo di aiutare i pazienti che sono in dialisi, è costituito dal ricorso ad applicazioni locali, sui distretti renali, con amaro svedese, cavolo, fieno greco e miele, pomata di calendula, argilla, equiseto al vapore . Io consiglierei di riservare le ore della giornata ad una scelta libera tra le varie applicazioni proposte, e di essere costanti nel fare, la sera, un impacco con le foglie di verza, o di cavolo cappuccio, da rimuovere la mattina seguente. Sono poche righe su un problema tanto grave, è vero, ma esse vogliono costituire un messaggio, uno stimolo, una provocazione benevola, per quelli che possono. «Intelligenti pauca», sperando che, anche in questo caso, possa verificarsi quanto dice il poeta: «parva favilla gran fiamma seconda». Né dimentichi, il ricercatore interessato, di prendere in seria considerazione l’opportunità di percorrere la via del digiuno secondo Breuss , e quella del digiuno secondo gli Igienisti, per un tentativo di risoluzione radicale della patologia, di cui al presente paragrafo. Attenzione: le terapie qui proposte siano portate avanti solo sotto lo stretto controllo medico degli specialisti del centro di emodialisi, presso il quale si è in cura.

    EMORRAGIE -In caso di emorragie di qualunque genere, la prima cosa da fare è restare calmi, ma solo per potere organizzare un primo concreto e valido soccorso; agitarsi eccessivamente non giova a niente, e a nessuno. Restare calmi non significa non darsi da fare, non affrontare la situazione con decisione, con opportuna tempestività; vuol dire soltanto non perdere il controllo, rendersi conto della gravità reale, e non solo di quella immaginata, o temuta tale, dell’emorragia, sapere cosa bisogna fare. Le emorragie possono essere esterne, ed interne. Le prime sono evidenti di per sè; per quelle interne, occorre una diagnosi specialistica, generalmente: ed è sempre necessario l’intervento, quanto più rapido possibile, del medico, o dei presidi sanitari locali. Qui di seguito, dò alcuni consigli, che non vogliono assolutamente esimere il lettore dall’obbligo di ricorrere al medico, se lo si ritiene opportuno e necessario, e se la perdita di sangue non accenna a fermarsi, nonostante i tentativi fatti.

    EMORRAGIE ESTERNE Per le epistassi, cioè per le emorragie nasali che derivano dal «locus Valsalvae», che è situato nel fondo delle narici, relativamente a quello che occorre fare in questa evenienza. Se l’emorragia riguarda gli arti superiori, o gli arti inferiori, è importante l’uso di un laccio, o di un fazzoletto, o di altro, per stringere abbastanza forte in un punto dell’arto che si trovi subito al di sopra della lesione emorragica, e non al di sotto di essa. Cioè, per capirci meglio, l’allacciatura deve essere fatta in un punto che non stia tra l’emorragia e le dita delle mani, o dei piedi, ma tra essa e il tronco del corpo. Se l’emorragia interessa l’arto superiore, è utile tenere il braccio sollevato, perché così si riduce la pressione del sangue verso il punto emorragico; la stessa cosa vale per le gambe, dopo di essersi posti in una posizione supina, ove possibile. Nel contempo, si ricorre ad altri rimedi, dotati di attività emostatica, quali pezzetti di ghiaccio, emostatici della farmacia, l’amaro svedese). Quanto a quest’ultimo, esso dovrebbe essere sempre disponibile, ed a portata di mano, sia in casa, sia fuori casa, da portare in una quantità sufficiente in macchina, o anche nella borsa: cioè, dovrebbe stare sempre con voi, in tutti i momenti, e dovunque. Perché? perché esso esercita una notevole attività astringente sulle pareti vasali lesionate, e, quindi, è un ottimo farmaco naturale emostatico, mentre che, nel contempo, induce una abbastanza rapida riparazione della lesione vasale, con una conseguente cicatrizzazione, senza residue complicazioni infettive, o altro. Usatelo abbondantemente, con molta ovatta, se disponibile, o con pezzuole, o con qualsiasi altro mezzo, che sia utile per applicare l’amaro svedese sul punto emorragico. L’amaro svedese è indispensabile, perché serve a fare fronte anche ad un’altra evenienza, che può accompagnare l’episodio emorragico, specialmente se i soggetti interessati sono particolarmente impressionabili. Se vi accorgete che state per svenire, bevete subito un cucchiaio di amaro svedese, cui ne può seguire un secondo dopo mezz’ora. In genere, si avverte un pronto senso di rianimazione, e si evita di crollare. Se dovete correre all’ospedale, o verso altre strutture di pronto soccorso, e avete a disposizione ovatta e amaro svedese, fate ugualmente un impacco con questo liquido medicinale, che potete aggiungere all’applicazione di tanto in tanto, durante il tragitto, facendone bere anche un cucchiaio, senza alcuna esitazione. Ecco un altro buon motivo del perché l’amaro svedese non deve mai mancare.
    EMORRAGIE INTERNE Il caso delle emorragie interne è di tutt’altra natura, per cui, in una tale evenienza, i consigli che indico qui, hanno validità solo e sempre che si faccia un adeguato e opportuno ricorso a tutte le misure terapeutiche prescritte dal vostro medico, il quale è l’unico che sia autorizzato a orientarvi nel tipo di terapia da adottare. Fatta questa precisazione, e soltanto se volete, potete tenere conto dei rimedi naturali, che descrivo qui di seguito. Intanto, andate sempre tranquilli se bevete un cucchiaio di amaro svedese, anche per tre volte di seguito, alla distanza di mezz’ora, tra un’assunzione e l’altra. Sono pure opportuni e salutari gli impacchi di ovatta ed amaro svedese, sulla regione corporea ove è stata individuata l’emorragia interna; ma sono utili le applicazioni anche in eventuali altre parti del corpo, specialmente su quelle prossime al punto individuato, perché l’amaro svedese esercita sempre azioni benefiche. Rimedio principe, in caso di emorragie di qualunque natura esse siano, è, secondo R.Breuss, la tormentilla; il ricercatore austriaco consiglia di bere, a piccoli sorsi, nel corso di una giornata, un quarto di tisana di tormentilla, portata a temperatura ambiente, oppure di prendere tre gocce, non diluite, di essenza di tormentilla. La tisana si prepara facendo bollire assieme, per tre minuti, un quarto d’acqua, ed un cucchiaio abbondante di radici di tormentilla, e filtrando subito dopo di avere spento. La tintura o essenza di tormentilla, invece, si trova nelle erboristerie, o nelle farmacie fornite dei prodotti omeopatici; oppure la si può preparare in maniera artigianale, per ottenere un prodotto di garantita efficacia, da tenere in casa, ad arricchire la propria piccola farmacia dei rimedi naturali, pronto all’uso, in tutte le situazioni di emergenza per episodi emorragici, ma anche per trattare la dissenteria, e le crisi diarroiche più o meno gravi. Ecco la ricetta. R. Breuss consiglia di utilizzare le radici di tormentilla, raccolte in autunno, e seccate per due o tre giorni, dopo averle ridotte in piccoli pezzetti; c’è, però, il problema di tanti, che non conoscono la pianta, e non sono in grado di individuarla, per poterla usare in questo modo: a costoro suggerisco di comprare nelle erboristerie le radici della pianta, già pronte per l’uso. Un pugno di queste radici va messo in un contenitore di vetro, vi si aggiunge mezzo litro di un distillato alcolico, di gradazione 38-40 vol % - per il distillato, vedere la scheda n° 6, relativa all’amaro svedese, e si lascia tutto al sole, o vicino ad una fonte di calore, per tre settimane. Dopodiché, filtrate, ed aggiungete al filtrato un altro pugno di radici di tormentilla, mettendolo poi di nuovo al sole per altre tre settimane, mentre le radici filtrate prima vengono buttate via. Dopo questo periodo, filtrate e conservate la tintura così ottenuta; oppure, per avere un prodotto ancora più concentrato, ed anche più efficace, alla tintura potete aggiungere un altro pugnetto di radici, ed esponete il tutto al sole, per altre tre settimane; dopodiché, filtrate per l’ultima volta. È vero che, in questo modo, il prodotto finale è in quantità ridotta, ma come già detto, è certamente più efficace, e dura, in ogni caso, per lunghi tempi, dovendo essere usato soltanto in un dosaggio, che prevede sempre e solo poche gocce per volta.


    "Tu prendi le medicine e rifuggi il digiuno, come se esistesse una medicina migliore del digiuno ....."
    (S. Ambrogio, 245 d. C.)

    IL DIGIUNO TERAPEUTICO MADE IN USA

    LA SOCIETÀ DI IGIENE NATURALE Possa lo spirito del dott. Shelton continuare a vivere in eterno», scrive il dott. D.J. Scott, igienista professionista di Strongville, nell'Ohio, a conclusione di una breve presentazione dell'autore del libro «Il digiuno può salvarvi la vita». È l'elogio al maestro Herbert M. Shelton - definito «l'individualista intransigente» - da parte di uno dei discepoli, un professionista d'igiene naturale, appartenente all'ANHS - the American Natural Hygiene Society - che ha sede negli Stati Uniti, ed iscritti un po’ in tutto il mondo. Movimenti di Igiene Naturale si trovano in Belgio, Canada, Francia, Spagna, Honduras, Italia. Da noi, la società editrice Igiene Naturale S.r.l. (Via Roma, 61, 86010 Gildone CB Tel. 078456127 - 56215 - 56254), è la divulgatrice delle idee del movimento di Igiene Naturale, mediante la pubblicazione di opere sull'argomento, che sono fortemente stimolanti, e tendenti a suscitare l'interesse sul conseguimento e la conservazione della salute, seguendo metodi naturali proposti dal dott. Shelton - in primis - ma anche da tanti altri studiosi e ricercatori, sia del secolo scorso in America, che di questo secolo, tanto negli Stati Uniti, quanto oramai in tante altre nazioni, essendo il movimento in forte espansione. Herbert M. Shelton è una figura di primo piano, in quanto ha saputo raccogliere nei suoi libri - ne ha scritti più di tre dozzine! - il frutto delle ricerche e delle esperienze di tutti gli operatori della salute, a partire da Sylvester Graham, del secolo scorso - impegnati nel combattere le malattie mediante una corretta alimentazione, ed un ordinato regime di vita, puntando, poi, soltanto sul digiuno, per recuperare la eventuale salute perduta, senza l'uso dei farmaci, considerati e definiti veri e propri veleni. Nei suoi scritti, Shelton evidenzia la sua consumata esperienza in materia di digiuni terapeutici, esperienza acquisita direttamente, per avere assistito personalmente più di centomila pazienti digiunanti, ai fini del superamento delle più svariate patologie.
    DIGIUNO E TOSSIEMIA -Svelenamento, disintossicazione, azione antitossiemica: sono queste le parole d'ordine dell'igienista, quando si propone l'obiettivo del recupero della salute perduta. La malattia è uno stato tossiemico; il digiuno prima, ed un opportuno regime dietetico, poi, vincono la malattia, e determinano l'instaurarsi di uno stato di salute duratura e perenne; il digiuno assistito costituisce l'unico e il più valido presidio terapeutico, per ogni genere di stati morbosi. «Natura docet»: gli animali digiunano, quando sono ammalati, e riprendono a mangiare, per gradi, quando hanno superato la malattia. Non solo l'animale, ma anche l'uomo rifiuta il cibo, mentre sono in corso le più svariate forme morbose: con la differenza che, se l'animale è lasciato in pace mentre digiuna, l'uomo deve fare una grande fatica per resistere alle sollecitazioni dei familiari, preoccupati ed ansiosi, che vogliono vedere il proprio caro assumere cibo, perché convinti che solo mangiando si guarisce. L'animale, che può portare avanti la sua terapia secondo natura, generalmente guarisce; per l'uomo, che si sottopone ad un trattamento farmacologico, per lo più si arriva ad una parvenza di guarigione, che consisterà nella messa a tacere della sintomatologia, e non nella eliminazione delle cause profonde, che sostengono la malattia. Il digiuno è proposto come un chirurgo abilissimo, capace di eradicare i mali, agendo efficacemente sulle cause determinanti, e non operando un illusorio effetto placebo, mediante la eliminazione dei sintomi che fanno sentire la malattia come qualcosa di fastidioso, da rimuovere. Senza capire che la rimozione del sintomo non significa, in genere, scomparsa della malattia. Si pensi, per tutte, all'azione sintomatica - e potremmo dire «fantomatica» - esercitata dagli antiflogistici, i quali, tra l'altro, non sono, poi, tanto innocui. Quando cessano i sintomi, il male diventa silente, ma può continuare ad esistere. Diviene, anzi, subdolo, e quindi più pericoloso. I sintomi delle malattie sono utili, come le spie del cruscotto dell'auto, che si accendono quando qualcosa non va: l'utente non andrà certo a spegnere la spia luminosa, ma agirà sulle cause che hanno determinato l'accendersi della luce spia. Il sintomo deve cessare solo se cessa la causa, di cui esso è l'espressione. In tal caso, e solo allora, la scomparsa del sintomo si identifica con la guarigione. La tossiemia è malattia, lo svelenamento è guarigione, il digiuno assistito è la terapia: questa è l'unica, vera medicina, secondo gli igienisti americani, i quali non usano mezzi termini nel condannare i metodi della medicina scolastica tradizionale occidentale, tanto europea, quanto americana. Essi pongono i risultati a confronto: solo attraverso il digiuno assistito, tantissimi pazienti sono finalmente guariti da mali, che, precedentemente, erano stati inutilmente trattati con severe e scrupolose terapie farmacologiche, e/o anche mediante interventi chirurgici. La via da seguire è, tutto sommato, straordinariamente semplice: basta soltanto non mangiare. Naturalmente, si può bere, ma solo acqua naturale.
    LA DURATA DEL DIGIUNO La durata del digiuno è variabile: una volta iniziata, l'astinenza dai cibi sarà interrotta solo quando compariranno alcuni precisi segni clinici, che staranno a significare che il digiuno ha esaurito la sua funzione di depuratore radicale di tutto l'organismo, con la sua profonda azione antitossiemica. L'attività svelenante del digiuno si disegna costantemente sulla superficie della lingua: una patina biancastra ben evidente, o altre modificazioni del colorito della lingua, rispetto al color roseo fisiologico, esprimono l'azione disintossicante nel suo fieri; il ritorno del colorito roseo sulla lingua, a partire dai lati e dal centro, fino ad interessare tutta la lingua è il segno ,che il corpo è oramai sano, perché tutte le tossine sono state completamente eliminate. L'appetito, la fame, il bisogno di riprendere a mangiare, sono l'altro fondamentale segnale che indica essere giunto il momento di interrompere il digiuno. Segni fisiologici, questi due, che il paziente ha superato brillantemente la prova del digiuno, e che ha saputo resistere a tutte quelle crisi, che si possono verificare durante il periodo di svelenamento dell'organismo intossicato. Il polso irregolare, l'abbassamento della temperatura corporea, una perdita delle forze fisiche, eventuale vomito, episodi di mal di testa, vertigini, singhiozzo, crampi, eruzioni cutanee, crisi di sputo, irritabilità, assieme a tanti altri fenomeni, sono sintomi che è possibile riscontrare durante i digiuni - mai tutti assieme, né sempre e necessariamente - ma che non preoccupano più di tanto gli specialisti, che assistono i digiunanti. Né inducono il terapeuta a decidere la sospensione dell'astinenza dai cibi. A meno che l'abbassamento della temperatura non sia eccessivo, troppo rapido, e soprattutto se il paziente lamenta un caldo fastidioso, mentre i suoi piedi sono freddi: nel qual caso, in genere, si deve interrompere il digiuno, e applicare al corpo calore dall'esterno. Una graduale perdita delle forze è ritenuto un evento normale, ma si deve interrompere il digiuno in caso di frequenti svenimenti, di estrema emaciazione, con inabilità a camminare da soli. Il calo ponderale è, chiaramente, previsto; il peso si recupera, e raggiunge un livello fisiologico, con la ripresa dell'assunzione dei cibi. Lo specialista, che assiste il paziente, valuta, volta per volta, l'importanza di tutte le crisi, osservate nel corso del digiuno, ai fini della eventuale decisione di far interrompere l'astensione dai cibi.
    SPRETTRO D’AZIONE DEL DIGIUNO Il libro «Il digiuno terapeutico», della citata società editrice Igiene Naturale, è un buon compedio, una illuminante sintesi sull'argomento del digiuno che salva. Sulla pagina posteriore della copertina del libro, è riportata una interessante tabella esemplificativa, tratta dai casi assistiti dai dottori F.M. Eachen, R. Gross e W. Esser, nelle loro cliniche negli Stati Uniti. Sono riportati, in cifre, più di mille casi delle più svariate malattie: i casi di «non restitutio ad integrum» sono una settantina in tutto. Sono tutte malattie di notevole rilevanza medica, alcune delle quali, poi, sono tra quelle che fanno tremare il sangue nelle vene. Cinque casi di cancro fanno parte di quel gruppo di casi trattati, che sono giunti tutti a guarigione completa. Come pure i 195 casi di ipertensione, o i 14 casi di diabete, i 6 casi di appendicite, i 36 di varie forme di epatite, i 32 casi di disordini mentali, i 21 di dispepsie, gli 8 di gonorrea. Su 8 casi di sclerosi multipla, ben cinque sono giunti a guarigione, o sono notevolmente migliorati. Solo un caso di cataratta, l'unico trattato, non è stato risolto dalla terapia del digiuno. Colite, sinusite, anemia, emorroidi, artrite, bronchite, malattie renali, tumori benigni, cardiopatie, asma, I’ulcere, febbre da fieno, gotta, calcoli biliari, costipazione, psoriasi, bronchite, vene varicose, eczema, insonnia: queste le malattie elencate nella tabella. La percentuale dei casi non risolti è davvero molto bassa, anche tenuto conto che - come è chiarito nello stesso volumetto, e sottolineato anche in altri testi della stessa casa editrice - molti dei casi non risolti riguardano pazienti che, o per motivi economici, o per altre ragioni soggettive, non hanno potuto portare a completamento la terapia, per tutto il tempo considerato necessario. È confortante leggere che il dolore, questo grande problema, va via, generalmente, dopo solo pochi giorni dall'inizio del digiuno. Il dottor Shelton afferma di aver visto pazienti, affetti da cancro, «liberarsi di tutti i dolori in un periodo di tempo che varia dalle 24 ore ai tre giorni, dopo che è stato interrotto il drogaggio (!), e tutta la nutrizione». Di un evento simile sono stato testimone qualche anno fa, quando ho potuto constatare, con sorpresa, la scomparsa, improvvisa, e quasi totale, dei terribili dolori di cui soffriva, giorno e notte, un paziente, i cui due polmoni erano stati compromessi gravemente da un carcinoma allo stadio terminale, e che, dietro mio consiglio, stava tentando l'ultima spiaggia, costituita dal digiuno terapeutico. Il tentativo di salvarlo dalla morte non riuscì, perché l'ammalato non fu in grado di portare a termine né il digiuno secondo Breuss, né quello della scuola americana, in quanto, tra l'altro, non perse mai la fame; evento, questo, che invece si verifica generalmente in tutti i digiunanti, subito dopo l'inizio dell'astinenza dai cibi. Tuttavia, quello strano digiuno parziale - che era la via di mezzo tra i due metodi, ritenuti gli unici possibili in quelle condizioni - accompagnò l'ammalato all'exitus in una maniera sicuramente meno traumatica; e permise al paziente, la domenica prima di morire, di vestirsi come si suole nel giorno di festa, e di salutare parenti ed amici, perché, in quel giorno, si sentì così bene, che era ormai convinto che sarebbe guarito completamente. Anche nel caso dell'artrite, è scritto che «la maggior parte dei pazienti si libera da gravi attacchi artritici, entro pochissimi giorni dall'inizio del digiuno». Idem dicasi dei sintomi dolorifici, che accompagnano le mestruazioni nelle sofferenti di dismenorrea, o di quelli «laceranti» delle crisi emorroidarie acute. Scompaiono anche le coliche biliari da calcoli, in attesa che il digiuno, lentamente, ma sicuramente, sciolga queste formazioni, fino alla loro scomparsa definitiva. È ragionevole pensare, a questo punto, che, al di là dei casi citati espressamente, l'evento della scomparsa del dolore, in seguito alla terapia del digiuno, interessi tutte le situazioni patologiche, trattate mediante l'astinenza dai cibi. Sottolineo l'importanza di questo fatto, in particolar modo per quanto attiene i pazienti affetti da un male incurabile, e per quanto riguarda il dolore, che accompagna questi ammalati, soprattutto negli stadi terminali del decorso della malattia. Se non si riuscisse ad ottenere altri risultati mediante il digiuno terapeutico, in casi simili la scomparsa del dolore sarebbe, di per sé, una vera benedizione di Dio, ed una giusta ricompensa al sacrificio dell'astensione dal cibo.
    DIGIUNO E TUMORI: GLI IGIENISTI E BREUS Soprattutto per l'evento sicuro della riduzione del dolore, dove non avvenga la eliminazione totale dello stesso, gli igienisti consigliano la via del digiuno anche nel caso dei tumori, per la cui guarigione non ci siano oramai più speranze. D'altra parte, essi testimoniano di aver visto migliaia di neoformazioni, della più svariata natura, svanire nel nulla, dissolversi totalmente, in seguito al digiuno assistito. Shelton usa il termine «autolisi», per indicare l'evento della eliminazione delle neoplasie dall'organismo, nel corso del digiuno. Non mi tratterrò sulla spiegazione del processo fisiologico, inteso con il termine "autolisi", rinviando il lettore a quanto ho scritto, a riguardo, nel capitolo del digiuno secondo Breuss. Perché, anche la scomparsa delle neoformazioni patologiche, documentate dal ricercatore austriaco, sono, in ultima analisi, la conseguenza di un processo di riassorbimento del tessuto neoplastico, indotto dall'azione di comando della centrale della vita, che identifica la massa tumorale come corpo estraneo da eliminare, usandolo, nel contempo, quale preziosa fonte di elementi energetici, utili all'organismo affamato. Chiunque sia interessato ad approfondire l'argomento del digiuno terapeutico proposto dagli igienisti, trova, nelle edizioni della società editrice «Igiene Naturale», tutto il materiale informativo necessario. Vorrei, qui, fare qualche riflessione di confronto tra i due metodi di digiuno, e precisamente tra il digiuno «made in USA», e quello proposto da Rudolf Breuss. Da quanto detto fino ad ora, risulta chiaramente che tutti e due i digiuni hanno uno spettro d'azione di 360 gradi, quanto alle patologie che si possono trattare con buone speranze di successo. Gli igienisti hanno puntato, da sempre, a curare «la malattia», intesa come «tossiemia», a qualunque livello, e sotto qualsivoglia forma si manifesti. Il problema del trattamento della patologia neoplastica si è imposto soltanto in un secondo momento. Il primo lavoro scritto dell'igienismo sul cancro risale al 1932, ad opera del maestro dell'igienismo dott. Shelton, il quale ha continuato a scrivere sull'argomento una serie di articoli, raccolti successivamente nel volume «Tumori e cancri», che termina con un articolo tutto dedicato alla spiegazione del processo di autolisi delle formazioni tumorali, dal titolo originale «Last, but not least», cioè «l'ultimo, ma non per questo il meno importante». Breuss non faceva parte di alcun movimento, o scuola, ma conosceva l'esistenza delle cliniche del digiuno assistito. Intuisce l'efficacia e l'importanza della via dell'astensione dal cibo per combattere le malattie, fa suo il metodo, lo modifica, rende il digiuno, in un certo senso, relativo, con l'introduzione dei succhi centrifugati, introduce le tisane, accanto all'acqua pura e semplice. Ma, soprattutto, punta dritto alla lotta, ed alla sconfitta del cancro, attraverso il digiuno terapeutico: prima ritiene che con esso sia possibile combattere solo il cancro dello stomaco, e, poi, scopre che l'efficacia del metodo va in tutte le direzioni, nell'ambito delle patologie tumorali. Il digiuno modificato è capace di indurre l'autolisi di qualsiasi forma tumorale, sia benigna che maligna, e a qualunque stadio. Stabilisce anche la durata del digiuno, fissandolo a quarantadue giorni; mentre, per gli igienisti, non esiste la possibilità di determinare a priori il tempo esatto, occorrente per la eventuale scomparsa - per autolisi - della massa tumorale. Inoltre, Breuss non ritiene che il digiuno debba essere necessariamente assistito: egli indica un metodo, invita a seguirlo fedelmente, ne garantisce i risultati. Lo stesso digiuno, poi, nato per combattere il cancro, Breuss, naturalmente, lo consiglia per combattere qualsiasi malattia si voglia. Due medicine a confronto? Due scuole? No. Credo sia più esatto parlare di due metodi differenti, che mirano agli stessi risultati. Sono due vie, con tantissimi punti in comune, e suscettibili di reciproche integrazioni. Agli studiosi, ai ricercatori, agli operatori della salute, il compito di approfondire l'argomento, sempre con animo aperto, senza pregiudizi, con il solo scopo di comprendere, ai fini di far avanzare sempre di più la scienza della salute: che è sempre e solo una, quella cioè che sta dalla parte degli ammalati, e che si propone, quale unico obiettivo, la guarigione. Qualunque sia il metodo, da qualunque parte esso provenga: purché sia quello veramente efficace. «Exitus acta probat», si legge in Ovidio: saggia sentenza, e vera in ogni caso, sia quando l'exitus darà la salute riacquistata, sia che l'evento finale sarà «exitus = morte». Nell'un caso e nell'altro, si avrà la verifica della bontà, della verità, o della non validità, della via terapeutica proposta.
     
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  8. …giunco…
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    Complimenti davvero,molto interessante!!!
    Oltre alla ricchezza nella descrizione dei vari rimedi,mi ha colpito molto il discorso del digiuno.
    Il mese scorso mi è capitato di non mangiare per tutto il giorno(24ore) perché ero molto arrabbiato...un benessere incredibile!mi sentivo rinato ed ho ricominciato a mangiare perché non mi sembrava il caso di continuare,ma non avevo assolutamente fame!
    Mi interessa il discorso del digiuno giudato e mi chiedo come ci si comporti se ogni giorno vanno assunti dei farmaci a stomaco pieno.
    Comunque mi documenteró..Grazie!
     
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  9. Annutte
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    Io stavo solo cercando una parola e magari potete aiutarmi...
    Ho scoperto di avere la scoliosi ed ora devo indossare un busto ortopedico, che mi impedisce di vivere come una ragazza normale.
    Mi chiedevo se esistono incantesimi o rituali per far passare la scoliosi o per smettere di crescere. Anche uno potente per far avverare ciò che desideri, sarebbe utile.
    Grazie
     
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    Antriani Fidelis
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    Mi spiace io non so aiutarti in questo, ma posso dirti che il nuoto fa miracoli
     
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    Avevo un'amica che aveva il tuo stesso problema. Ha portato il busto per tutte le scuole superiori e si sentiva un po' di merda... Adesso è una specie di modella desiderata da tutti.
    So che è difficile, ma abbi fiducia, ché anche la scienza fa miracoli!
     
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10 replies since 20/12/2015, 02:16   1854 views
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