Il Grande Monarca e la Città di Cristallo

un mio racconto alchemico

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  1. Descensus_Inferos
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    Esiste ed esisterà una terra in cui la virtù della mente e del corpo si accompagnerà, come alle tue spalle solide, a cuori solari di gioia e benedizione; è nei tuoi palmi ampi che ho vaticinato queste lande sferzate da correnti di aria aromatica e pura, è nelle tue cosce vigorose che ho intuito la grazia di colori vividi e di odori penetranti.

    Santo il nome che si pronuncerà in quelle terre, Santi i suoi abitanti, Sante le opere che qui verranno portate a termine. Cavalli al galoppo porteranno perennemente la lieta novella ed anche tu, nudo, cavalcherai l’onda del tuo nobile animo.
    Mio potente cavaliere…
    La codardia non attraverserà quei luoghi, la violenza non li scalfirà, la povertà e la malattia non ci faranno versare più lacrime, mio amato, e nei tuoi occhi penetranti potrò finalmente fissare il mio sguardo senza timore di vacillare.

    Il varco per raggiungere quei territori è un segreto che viene serbato nello scintillio delle stelle, tra le Cattedrali dello Spazio, nella luce degli amici non terrestri; quella porta verso l’Infinito continua a venir profetizzata dal ricordo che ho di te.

    Un filo di amarezza nel tuo petto imponente accarezzato dalle mie mani frementi, un battito di ciglia fuori tono, i miei piedi intrecciati ai tuoi. Porta d’Oro del Cielo.
    Oh mio paladino di Giustizia, oh Eroe del Nuovo Mondo, oh Angelo caduto su questo suolo di dolore, non smettere mai di amarmi, no. Conserva in te la luce del Diamante creatore, trattieni nel cuore la Pietra della Vita, spezza i tuoi nemici e giungi alla Città Eterna.

    Armageddon è la via, il sangue dei vinti, dei martiri, dei morti viventi. Lotta celeste, senza esclusione di colpi. Sudore che cola dentro le carni tumefatte, all’interno di anime ferite.
    Lacerazioni, tagli, amputazioni.
    Il sapore dolce del sangue che, versato, impregna il suolo. Il lezzo tetro di morte dilaga, la speranza si affievolisce e proprio quando tutto sembra perduto dal Cielo scende la Città di Cristallo, la Terra Celeste carica di doni.

    - Osserva amore mio!

    Di zaffiro e topazio le sue mura, di miele e latte perlato le sue tavole imbandite, di frutti maturi i suoi alberi carichi. Assaggia amore le delizie di quei giardini in festa e soffermati con il palato a gustare anche la mia pelle. Distendimi su queste superfici cristalline e inebriati la vista nello smeraldo, affonda nella luce del diaspro, godi della perfezione geometrica dell’ametista, musica per la vista e per l’anima che finalmente vibra con la Melodia Universale.

    Vola oltre la materia nelle Terre della Gerusalemme Celeste, cariche di sapori mai gustati, di colori vivi, di respiri pieni. L’erba che hai sempre sognato, tenera e fresca, è qui, un cielo sgombro e blu è sopra la tua testa ricciuta, acqua cristallina scende da impervie montagne sulle cui ali le aquile ancora attendono di trasportare gli uomini.

    Angelo privo di ali, amico degli astri, dolce animo duro, volto scuro su cui ho posato i miei sogni di donna ferita, amore mio, attendi ancora un po’. Attendi. Esiste una Terra Celeste ma non è ora il momento, la pazienza sia ancora la tua compagna e consigliera, conservala nella bisaccia, mio viandante peregrino.

    Come un lupo solitario, ora ti sposterai tra boschi zeppi di briganti, mostrerai le fauci quando occorre e poi, ogni tanto, ti ricorderai di me, di quanto amore ho rovesciato nei nostri giorni assurdi che non hanno più sapore di nulla. Com’era bello amarti, all’inizio, nel poco, che meraviglia la semplicità della povertà di due corpi che vibrano insieme senza bisogno d’altro. Quale miracolo si nasconde nella nostra animalità!

    Il sangue scorre anche oggi, alla Fine dei Tempi, nelle nostre porzioni di carne alla brace, nella tua bocca severa che azzanna la costata, nel rivolo di olio che ti cola sul mento.

    - Che miracolo sei!

    Diamante e Carbone, Angelo e Demone, Bianco e Nero, mi ecciti i sensi…
    Ghermiscimi, mio amore rapace, stringi la mascella e mostrami il tuo profilo aspro.
    Ti amo perché sei così. Ti amo perché vengo dalla stessa tua stella, perché ho un vago ricordo di noi adornati di Cielo che discutevamo degli uomini, creature meravigliose ma prive d’amore.
    Ricordi il nostro patto? Servire e soffrire. Amare anche. E morire, noi anime celesti, cadute qui, nel dominio del Principe del Mondo.

    Pulisciti le mani sul mio seno, strofina le labbra sul mio ventre, lasciami addosso la tua bestialità che mai prima d’ora ho potuto assaporare. Angelo tra gli uomini, immortale tra i mortali.
    Santo tra i Santi della Città di Cristallo.

    Ho giurato con il capo chino e le ginocchia dolenti, dinanzi ai Signori del Tempo; ho promesso, ho donato tutto ciò che avevo per poterti riportare tra i tuoi. Non tra gli umani, no, tu sei diverso, lo hai sempre saputo. Il tuo corpo è differente, il tuo sangue è liquido speciale che fa luce nelle tenebre, le tue ferite rimarginano, le tue mani guariscono e da te nascerà un figlio d’uomo che avrà nel cuore il simbolo della stella da dove ci siamo allontanati.
    Affondo il viso nel tuo petto prima che tu parta da me. Il tuo odore sa di casa e di pulizia, di onestà e di semplicità, la tua pelle delicata sa di mondi lontani, di serenità silenziosa, di un amore pacato che nella quiete trova l’Equilibrio.

    - Tu sei Casa mia.

    Legati da un destino di guerra, di lotta, di martirio ci vedo salire tra quei boschi, lacerati negli abiti e nel corpo e dopo di noi gli umani che abbiamo giurato di servire, gli eletti della stirpe di Davide.

    - Comanda mio padrone ed eseguiremo!

    Non c’è più cibo, non c’è più acqua, non c’è più nulla, nemmeno la forza di pregare il Signore degli Eserciti, nemmeno il coraggio di confidare in loro, fratelli del cielo. Eppure sei ancora così bello, nella tua fierezza aliena, tu resti ancora un mito per gli umani che hanno il desiderio di assicurarsi a qualcuno. Da te scaturisce riverbero magnetico che attrae e conquista, dai tuoi movimenti risoluti nasce il valore che sembrava perduto nei rivoli del vizio e la tua falcata decisa lascia dietro di sé una breccia aperta per coloro che anelano liberazione.
    Saliamo ancora ed il gelo si fa pungente, il sottobosco ci saluta con i suoi profumi e pochi doni per lo stomaco. Ascendiamo ancora ma verso dove?

    Mi fido di te, di ciò che ho udito nel tuo cuore mentre facevamo l’amore, del sapore della tua bocca, mi fido delle poche lacrime che ho raccolto tra le mie mani. Mi fido mio cavaliere, dei Signori del Tempo che, prese le mie mani, hanno risposto di sì alla mia terribile supplica di sacrificio. Ero vestita di dolore, i capelli ribelli abbandonati sulle spalle ed una tunica cinerea a coprire le mie forme. Gettata in un profondo stato di disperazione, desideravo ciò che gli umani da sempre fuggono, per liberami dell’ostacolo che si frapponeva tra noi.

    Morte, morte, morte, morte, morte, morte…


    Uccello di fuoco e di Vita, splendente nei colori e nell’aspetto, danza al ritmo violento dell’Amore incurante di ciò che lo brucerà, incurante di quel trapasso da cui prenderà forma una nuova Alfa, una nuova storia, una nuova rivoluzione per te, mio Monarca.
    Afferra le redini della mia Passione, cavalcami l’anima anche così, distanti, soli, abbattuti.
    Morte e Vita, Fenice rinata dal sangue di sé, al tuo fianco cammino su quel monte verso un destino sconosciuto. Non vedo la cima, non conosco la trama di questo sogno d’Amore, non so quando né dove la Città di Cristallo si poserà. Ma tu, mio Grande Monarca, hai nel cuore tutto ciò che il mondo anela, tieni in pugno il sacro vessillo della Regina delle Rose, e sul costato la bianca Croce del Giglio, nobile casata di Sangue Reale.

    Morte nelle città, esalazioni velenose dosate ad arte dai servitori delle tenebre. Morte nell’acqua, morte nell’aria, morte nel cibo. Dove si dirigeranno gli altri? Come si metteranno in salvo?
    Piccoli drappelli di persone fuggono verso il mare, altri si nascondono nel deserto, alcuni scelgono di gettarsi nei laghi di pece ribollenti. Voci si levano ovunque, grida di disperazione e richieste d’aiuto. Voci di salvezza. Il Messia ritorna, Egli è qui, Egli è lì, Egli è.
    Tutto trema, il mondo degli umani crolla sotto la sferza del Giudice Supremo, niente è più al suo posto, il caos regna indisturbato nella distruzione. Ma tu, mio piccolo tesoro, anello di una catena preziosa ed eterna, ci porterai fuori di qui con il piglio sicuro che conobbi secoli fa.

    - Rammenti?

    Eravamo bambini e correvamo a piedi nudi tra le spighe di orzo in quell’oro disadorno e povero che ci faceva felici di nulla e tra le file fluttuavano piccole bolle di luce che giocavano con noi mentre un sibilo ci penetrava l’udito. I nostri amici celesti ci rincorrevano e facevano cù cù sulle terre dei nostri padri disegnando per noi, anche sul grano, il segreto della vita. E i nostri padri non capivano e ci incolpavano delle spighe allettate ma noi, uniti per la mano, forti di quei segreti, sopportavamo tutto.
    E poi da adolescenti, nel fieno, ci amavamo nelle stalle abitate dagli animali, nei campi mietuti di fresco, lungo le rive del torrente vicino casa. Scoprivamo i corpi, il sussulto del cuore, lo sfarfallio delle budella quando ci incrociavamo, scoprivamo l’amore genuino che sapeva di farina e burro.

    - Quanto ti ho amato, Angelo mio…

    Liberi come puledri, avvolti da mille segreti o forse solo da miraggi bambini ed ingenui che non sapevamo spiegare, godevamo la vita. Poi il tempo degli adulti ci ha diviso, spezzato, piegato. Siamo scesi a patti con l’esistenza, abbiamo solcato terre infeconde ricche solo di piaceri voluttuosi e ci siamo perduti. Io ti ho perduto e quando ti ho ritrovato al tuo fianco c’era un’altra donna, così scialba ed insignificante, così diversa da me…
    Ed anche in te si era spenta quella scintilla focosa di rabbia e d’amore, di giustizia ed onore che leggevo nei tuoi occhi quando eravamo ragazzi.
    Perduto, perduti.
    Poi il patto con i nostri Signori, gli Elohim del Cielo ed ora questo ultimo viaggio tra i boschi a completare il viaggio della Creazione.

    Nell'infinità della Creazione ci fu anche la tua anima, altrettanto adorata ed agognata dal Signore del Tempo, da prima del tempo.
    E neppure sapevo che esisteva l'innocenza brillante di quel broncio bambino, e la crudeltà cinica dello stesso volto non più infantile, quando anche io nacqui da lì. E mai avrei immaginato tutto questo splendore, che talvolta appare crudele, quando incontrai la scintilla di te, racchiusa in un cuore qualunque, in una storia delle tante.

    Come mi accorsi di te, gioiello del Signore, prezioso quanto gli altri, ora non posso ricordarlo; credo sia stato un attimo, un piccolo gesto rivelatore che cade tra le dita come granelli di sabbia.
    Ciò che posso dire al mondo è che, grazie a te anima di Dio, ho potuto avvicinarmi alla fonte, sorgente di Vita e di Gioia eterna. Pare incredibile, dolcezza mia, che dica questo di un uomo che è stato anche egoista e crudele, spesso vizioso ed avido, eppure descrivo proprio te, uno di voi e di noi; gemma imperfetta che il fuoco del dolore purifica e fa tornare fulgente come quando nacque dalle dita dell'Artista Supremo.

    Un fiotto di luce accecante che niente riesce a contenere, un'esplosione di vita e di anime eterne in cui anche noi due navigammo all'inizio dei tempi, forse appaiati o forse distanti.
    E poi, lungo il corso della storia del cosmo, tra pianeti, stelle e vuoti spaziali, tra forme, vite, pensieri e creazioni, ci siamo rincontrati qui, in un preciso istante, occhi negli occhi per non dimenticarci più o per recuperare quel volo lontano.

    Ed ora che qualcosa ci ha separato, dopo un lungo periodo di lutto e di attrito con quel Creatore che a te mi ha dato ed in seguito a te mi ha sottratto, ritrovo l'originaria bellezza nel sogno dei tuoi occhi d'ambra e di muschio, screziati di fili di luna.
    Non v'è grazia maggiore di questa, ritrovare l'amore dentro il nulla, il vuoto del pensiero e il ricordo che svanisce in una realtà sfumata d'importanza. Ed allora il grigiore dei venti di guerra e le urla dei bimbi rapiti, le ingiustizie dei figli del mondo scoprono un collocamento nella scacchiera degli eventi ordinati secondo tempi e leggi d'amore.

    Quale amore circonda tutto questo e resta appeso alle trame dei giorni se pochi o nessuno lo respira?

    Quale gioia si fa creta sotto la pelle che non chiede più giustizia per sé e nemmeno per gli altri?

    Anima gemella, persa nelle ellissi di un pianeta lontano che non risponde a nessuna legge conosciuta, ritrovarti è divenuto di secondaria importanza, rispetto al viverti adesso, in poche parole buttate a manciate su di uno schermo.
    E quel diamante scarno che aspetta di divenire un castone di Gloria sul capo dell'Eterno, lo attenderò adesso e sempre, tra i millenni e le razze e le terre ruvide di mondi oscuri, senza stancarmi mai. Perché quel brillio infinitesimale, in una vita di assenza e di risucchi atroci, fu per me la speranza e la fede in un domani migliore.
    Un domani migliore, mia anima gemella. Un domani migliore, mia fede e mia speranza.

    Un domani migliore mio Re.
     
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  2. karashov87
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    complimenti Red :)
     
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1 replies since 12/1/2016, 22:00   199 views
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