La bevanda degli Dei

storia e antica ricetta dell'hydròmeli

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    L’uomo conosce il miele sin dall’antichità il suo uso è attestato nell’età della Pietra.
    Partendo dai “ladri di miele “ che si arrampicavano su alti alberi dove le api costruivano gli alveari, si evolvono i metodi, ottenendo il miele dai fiori stessi o addomesticando le api, quindi selezionando quelle meno aggressive.
    Un ulteriore evoluzione si ebbe con la creazione della bevanda inebriante a base di miele, definita più tardi hydròmeli, dato che nella preparazione come vedremo si aggiungeva l’acqua.
    Questa bevanda, riservata agli dei, considerato che il miele era il cibo degli dei, ( Zeus evira suo padre Crono approfittando del fatto che fosse ubriaco di miele di api ) e ai loro riti, si scopri avere effetti euforici, non di ubriachezza.
    I termini greci arcaici per indicare l’euforia da miele « essere ubriaco o ubriacare » sono methyein e methyskein.
    Nel culto greco la bevanda di miele mantenne a lungo il primato sul vino, oìnos , in quanto la coltura della vite è antecedente al miele, infatti nelle istruzioni dei sacrifici funebri dell’ Odissea « prima di miele e latte ( melìkraros), poi di vino soave! »
    Per la preparazione era importante il ruolo dei numeri, 3x3 nella mistura per rendere la bevanda più sana, base della proporzione tra miele e acqua.
    Da un accenno di Plinio il Vecchio, apprendiamo che oltre al numero sacro di 3, si rispettavano anche dei periodi di tempo stabiliti per la preparazione della bevanda.
    « L’acqua celeste » , così Plinio definiva l’acqua piovana per la mistura, deve essere conservata per 5 anni e poi unita al miele.
    Questo lungo corso ciclico corrisponde a una grande festa greca, le Penteteride , durante i quali si svolgevano anche i Giochi Olimpici.
    Spiega Plinio « fanno bollire l’acqua sino a ridurla ai 2/3, poi aggiungono 1/3 di miele vecchio e lasciano riposare la mistura al sole per 40 giorni , nel periodo del sorgere mattutino di Sirio ( canis ortu in sole habent ) » .
    Il tutto chiaramente stava all’interno di un recipiente chiamato askòs un otre in pelle di animale, impermeabile ma che lasciava passare l’aria tramite un collo che si poteva legare.
    Quindi così strutturata lasciava spazio al movimento del liquido e alla sua fermentazione, Plinio ci racconta che al decimo giorno , dopo che il liquido aveva iniziato a traboccare ( diffusa ), provvedevano ad una salda otturazione ( obturant ).
    Risulta chiaro la scelta di un periodo di particolare luminosità , coincidente con il momento massimo di calore , la fermentazione doveva raggiungere il suo apice in un momento ben determinato , questo viene esplicitamente identificato con l’inizio dell’anno di Sirio.


    Qui ho descritto la storia, breve, e il metodo antico per la “fabbricazione” della bevanda degli Dei, chiaramente ci sono metodi alternativi e ricette più coeve ai nostri tempi.
     
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