Politeismo romano

La concezzione di Dio presso i romani

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    Il politeismo romano


    Gods


    Sarebbe fin troppo facile definire la religio romana politeista con spiegazione etimologica: polys e theos= tanti dèi; perché ciò preclude la possibile esistenza di una divinità onnipotente e sola, al di sopra di tutto, qualcosa come il Dio cristiano. Con questa spiegazione si viene dunque subito a pensare a Giove, ma per prima cosa, pur rimanendo il re degli dèi non è il più forte tra loro e dunque quello da considerare più “importante”, ne tanto meno il più grande e padre di loro: Non è raro che giove venga definito "Il padre delgi dèi" o DEORVM.PATER, ma col termine padre ci si riferisce al ruolo che ha Giove sugli altri numi: esso ne è il re, e dunque il capo, e così come il Giove comanda sui numi, così fa il Pater familia comanda su tutti gli abitanti della stessa Domus. Tornando al discorso iniziale, Giove non potrebbe essere considerato la figura centrale dell'essere divino giacché vi è una Dea più grande (o vecchia, a seconda di come concepiate la cosa) e più forte, la negra nox (o nera nyx). Ma al di là di questione di potere, età e titolo, nel politeismo romano di oggi viene resa onnipotente la divinità di cui si segue principalmente il culto, a divinità a cui concediamo massima attenzione e centralità rispetto le altre, dandole dunque più importanza. Un esempio pratico ne sono gli adolatori di Aradia o Artemide, che pongono queste dee al di sopra degli altri. Questa prima spiegazione è dedicata solo a quel che concerne l'aspetto dell'onnipotenza, perché per quel che riguarda la questione politeistica della religione romana, lì la situazione è un po’ più complessa di così perché non è detto che sia una divinità ad essere l’onnipotente, così come non è detto che non vi sia un Dio. Difatti il filosofo Nicola Abagnano ritiene che la divinità si differenza molto dal Dio, in quanto due cosa diverse, e concordando con la sua visione dei fatti ecco come vedo la situazione:
    Divinità sono quegli spiriti, da noi creati o preesistenti che siano, rafforzati da noi tramite le preghiere, le offerte, le celebrazioni e anche la semplice credenza. Pertanto, neanche Dio, Yahweh e Alla, scappano all’ipotetico titolo di divinità. Dico ipotetico perché potrebbero essere loro il vero Dio come no.
    Dio è colui creatore di tutte le cose, o creatore dei creatori, dunque un’entità che va ben oltre i nostri concetti di “spirito, essere, creatura, entità” e via scorrendo. Il Dio è onnipotente e perfetto, privo di una forma con la quale possa essere descritto e privo di caratteristiche che lo rendono umanoide, anche a livello caratteriale.
    Ciò ci fa capire che chi segue questa scuola di pensiero, ritiene essere Dio qualcun altro al di fuori del pantheon romano, fatta eccezione del chaos, che c’è chi lo ritiene essere creatore di tutte le cose nonostante sia stata teorizzata l’esistenza di qualcosa prima di lui. Ciò vuol dire che la religione romana moderna, può essere sia politeistica perché venera più dèi, sia monoteistica perché può presentare la presenza di un unico Dio. Secondo il pensiero di Platone, per esempio, è teorizzata una devinità che dovrebbe essere il Dio: il Demiurgo o Artefice, il quale plasma il cosmo intero dando origine a degli "dei generati" (questa è la definizione che ne dà nel Timeo) identificati con gli astri; ad essi il Demiurgo affida il compito di generare gli altri esseri viventi, che saranno mortali. Platone quindi riconosce una molteplicità di dei, sebbene subordinati al loro Artefice; bisogna notare tuttavia che la questione del divino è complessa in Platone, in quanto lo stesso Generatore dell'Universo è inferiore all'unico principio ideale del Sommo Bene (altresì detto Uno), anch'esso di natura divina. Per questa ragione, parlando del Divino Artefice, Platone utilizza l'espressione ó théos "il dio", e non "Dio", in modo da indicare un ente che partecipa della natura divina dell'Uno. Secondo Aristotele, la dimostrazione dell'esistenza del primo motore vale anche per i motori (cioè le divinità) delle sfere celesti, il cui numero è 47 o 55, a seconda dell'assegnazione o meno di moti inversi al sole e alla luna. Infatti nella sua visione teleologica della natura ogni moto deve avere un fine, e di conseguenza una sostanza di natura divina. Queste divinità sono subordinate al primo motore ma hanno comunque lo stesso suo rango. Il politeismo di Aristotele è evidente anche nel suo continuo riferirsi a "dèi" e nell'individuare nelle credenze popolari il concetto di un divino che permea tutta la natura, convinzione che secondo Aristotele coincide con uno degli insegnamenti tradizionali più importanti e cioè che le sostanze prime sono dèi. Anche Plotino e i neoplatonici quando parlano di unità divina non intendono escluderne la molteplicità. L'Uno è la fonte dalla quale scaturiscono tutte le altre realtà e raccoglie il molteplice in sé stesso. Proprio la presenza di una molteplicità di dèi è il segno della potenza divina. Infatti:
    CITAZIONE
    Non restringere la divinità ad un unico essere, farla vedere così molteplice come essa stessa si manifesta, ecco ciò che significa conoscere la potenza della divinità, capace, pur restando quell che è, di creare una molteplicità di dèi che si connettono con essa, esistono per essa e vengono da essa.

    In conclusione, sembra evidente che nei pensatori dell'antichità, l'unità del divino non contraddica la sua molteplicità, così come l'esistenza di una gerarchia tra gli dèi e la funzione preminente di uno di essi (il Demiurgo di Platone, il Primo Motore di Aristotele, il Sommo Bene di Plotino) non comporta l'identità fra divinità e Dio e non è quindi un monoteismo. Dunque, la divinità può essere la semplice espressione del divino, rendendo così la religione effettivamente monoteistica.

    Il concetto è molto complesso da spiegare, e spero di non aver creato più confusione di prima. In caso di dubbi o altro potete chiedere tranquillamente. Non escludo la possibilità di modificare questo post in futuro.
     
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    Ciao Lucretia , molto interessante questo post ,è abbastanza complesso però credo di aver capito il concetto in cui la divinità può essere l'espressione del divino, ma quindi già dall'antichità si credeva ad un Dio primordiale fuori dal Pantheon? O è una teoria che fa parte della religione romana moderna?
     
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    CITAZIONE (Ereturno @ 26/2/2020, 22:59) 
    Ciao Lucretia , molto interessante questo post ,è abbastanza complesso però credo di aver capito il concetto in cui la divinità può essere l'espressione del divino, ma quindi già dall'antichità si credeva ad un Dio primordiale fuori dal Pantheon? O è una teoria che fa parte della religione romana moderna?

    Ciao Ereturno. Già gli antichi hanno ipotizzato l'esistenza di un Dio primordiale al di fuori del pantheon, ma per lo più è un concetto che svilupparono pochi poeti greci: neanche Esiodo, scrittore della teogonia, fa un chiaro riferimento ad un unico dio, parlandoci solo del chaos primordiale ma lasciandoci pensare che vi possa essere stato qualcosa prima. Il concetto nella religione romana non è stato contemplato molto all'inizio, in quanto per i romani il concetto di onnipotente era in base al potere, dunque un dio primordiale al di sopra di tutti avrebbe rovinato ancora di più l'immagine di Giove quanto già non fece Nox. La questione è stata ripresa nel politeismo romano moderno non solo confrontandosi con gli scritti greci ma anche con le altre religioni neopagane e scuole di pensiero orientale, mantenendo comunque il più "pulita" possibile la religione da presititi stranieri.
     
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2 replies since 26/2/2020, 17:21   224 views
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