Libri sibillini

Parte I

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    Cartomante dell'antro della magia

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    I Libri sibillini
    Parte I



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    Nell'Eneide la Sibilla di Cuma profetizza ad Enea il grandioso destino di Roma ed Enea promette la conservazione degli oracoli: "Là deporrò i tuoi oracoli e i segreti dei destini annunziati al mio popolo, e ti sceglierò dei sacerdoti e te li consacrerò, o Benefica."

    Sembra che i Libri Sibillini appartenessero alla Sibilla Cumana che li vendette ai romani, ma non è certo. Ciò che è certo è che una donna straniera di nome Amaltea venne dal principe con l’intenzione di vendergli nove libri, pieni di oracoli sibillini. Poiché Tarquinio non volle comprarli al prezzo proposto, essa se ne andò e né bruciò tre. Dopo non molto tempo, riportò i libri rimasti e glieli offrì allo stesso prezzo, ma venne derisa e chiamata stolta per il fatto che proponeva lo stesso prezzo per un numero minore, quando non aveva potuto ottenerlo per tutti. Essa se ne andò e bruciò ancora la metà dei libri rimasti, e riportando poi i tre superstiti, chiese lo stesso oro. Tarquinio, esterrefatto per le proposte della donna, fece chiamare gli auguri e, esposto loro il fatto, domandò che cosa bisognava fare. E quelli, riconoscendo da certi segni che egli aveva respinto un bene mandato dagli Dei, e dichiarando grande sciagura per il fatto che non avesse comperato tutti i libri, lo esortarono a pagare alla donna tutto il denaro che chiedeva, e a prendere gli oracoli che rimanevano. Quindi la donna, dopo aver consegnato i libri, e aver raccomandato di averne gran cura, se ne andò per sempre.


    Servius Grammaticus, In Vergilii Aeneida:

    CITAZIONE
    "I responsi Sibillini che è incerto da quale Sibilla siano stati scritti, sebbene Virgilio li attribuisca alla Cumana, Varrone, invece, all'Eritrea. Ma consta che sotto il regno di Tarquinio una donna, di nome Amaltea, abbia offerto al re nove libri, nei quali erano scritti i fati e i rimedi di Roma, ed abbia preteso per questi libri trecento filippi, che allora erano preziose monete auree.
    Costei respinta, dopo averne bruciato tre, ritornò un altro giorno e chiese altrettanto, ed egualmente il terzo giorno, dopo averne bruciati altri tre, ritornò con gli ultimi tre e ricevette quanto aveva chiesto, poichè il re era stato impressionato da questa stessa vicenda, cioè dal fatto che il prezzo restava immutato. Allora la donna disparve all'improvviso.
    Quei libri si conservavano nel tempio di Apollo, né soltanto quelli, ma anche quelli dei Marci e della ninfa Vegoe che aveva scritto presso gli Etruschi i libri fulgurales: per cui aggiunse solo "tuas sortes arcanaque fata". E ciò riferisce il poeta."

    Dionigi di Alicarnasso racconta si trattasse di Tarquinio il Superbo, ma secondo Lattanzio di Tarquinio Prisco, e, sempre per Lattanzio, era la Sibilla di Cuma. Comunque, anche se scritti in greco, e attribuiti ad una profetessa greca, vi si possono cogliere elementi etruschi ed italici cui, in un secondo momento, si sarebbe aggiunto materiale greco e magari sibillino-oracolare. La contaminazione sarebbe avvenuta in età ellenistica e l’attribuzione sarebbe forse avvenuta nel III sec. a.c., un periodo di particolare rinnovamento dell’assetto religioso di Roma. In effetti i libri erano anche chiamati Fatales, come i corrispettivi Etruschi. Questa raccolta di oracoli veniva consultata ogni volta che si manifestavano prodigi spaventosi, tetra prodigia, o eventi minacciosi contro Roma. I sacerdoti vi decifravano le espiazioni necessarie, i rimedi, remedia, che erano veri e propri pegni di salvezza. I libri vennero conservati in uno scrigno di pietra custodito nei sotterranei del Tempio Capitolino di Giove. Questa custodia, nonché la loro consultazione, venne affidata a due sacerdoti, i Duumviri sacri faciundis, che divennero poi 10, prima solo patrizi, ma dal 367 a.c. anche plebei. La raccolta bruciò nell'83 in seguito all'incendio del Campidoglio per cui il dittatore Silla inviò messi da ogni parte, nel suolo italico e fuori, per recuperare la raccolta. Naturalmente non vennero recuperati i medesimi responsi e forse neppure della stessa sibilla, visto che nel mondo antico se ne conoscevano ben 16 sparse nel mondo. In seguito Augusto li farà collocare sul Palatino, nel tempio di Apollo dove rimasero fino al V sec. d. c. dopo di che se ne perdono le tracce, come per tanti antichi documenti che la chiesa cattolica ha bruciato perché pagani e quindi diabolici.

     
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    Molto interessante
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  3. J-O-R-A
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    Grazie
     
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