Piazza Vetra, Milano

processi ed esecuzioni Santa Inquisizione

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    Piazza Vetra, vicino alla Basilica di San Lorenzo, prendeva il nome dai «vetraschi», i giovani lavoranti che vicino a un canale di scolo grattavano con cocci di vetro le pelli degli animali durante il processo di conciatura. Era il centro di un quartiere popolare e malfamato, dove venne eretta una Croce e una statua dedicata a San Lazzaro, protettore dei sofferenti. Prima delle esecuzioni, i processi per stregoneria avvenivano in Sant’Eustorgio e, verso la metà del Cinquecento, furono spostati a Santa Maria delle Grazie. I frati domenicani erano gli interpreti fedeli dell’ortodossia ecclesiastica. E non è un caso che a scrivere due trattati (Lamiarum sive striarum opusculum e Opusculum de striis) che affermavano la realtà dei sabba e del gioco di Diana, in precedenza considerati fantasie eretiche, fu Gerolamo Visconti, provinciale domenicano di Lombardia dal 1465 al 1478, anno della sua morte.

    Alcuni roghi ed esecuzioni erano avvenuti anche prima. Ricordiamo il caso di Guglielma la Boema, morta a Milano in odore di santità nel 1281, il cui corpo venne esumato per essere bruciato per eresia in piazza Vetra. Il 16 settembre 1385 era stato decapitato al Broletto, e non bruciato, in quanto nobile, lo stregone Gaspare Grassi. Nel 1390 fra Beltramino da Cernuscullo in Sant’Eustorgio aveva fatto condannare per stregoneria due donne, Sibilla Zanni e Pierina de Bugatis. La persecuzione contro le streghe fu particolarmente cruenta in Valtellina e in Canton Ticino e si intensificò dopo la Bolla del 1484 in cui papa Innocenzo VIII sollecitava all’azione contro le sette ereticali.

    A Milano nel 1490 venne bruciata in Broletto Antonia da Pallanza e nel 1515 il tribunale di Sant’Eustorgio condannò al rogo la strega Giovannina. A distinguersi nella lotta contro demoni e streghe furono i due Borromeo. Carlo, diventato vescovo di Milano nel 1563, appena insediato fece condannare per stregoneria Domenica De Scappi, detta la Gioggia, da Luino. Nel 1569 lottò contro il senato cittadino - senza riuscirci - per far condannare nove presunte streghe. Federico Borromeo, diventato arcivescovo di Milano l’11 giugno 1595, propose a sua volta di trasformare la Torre dell’Imperatore, in via Crocetta, in un carcere dedicato alle streghe.

    La superstizione stava toccando l’acme. Lo dimostra la lettera che nel 1611 il governatore di Milano, Juan de Velasco, scrisse all’ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, denunciando l’inerzia dell’Inquisizione ambrosiana nella città infestata dalle streghe. Per la verità in tanto fanatismo e determinazione a combattere le eresie, alimentato dal nuovo clima della Controriforma (la bolla di convocazione del Concilio di Trento è del 22 maggio 1542) non mancarono voci illuminate. Per esempio quella del medico e scienziato pavese Gerolamo Cardano, che nel 1550, nel trattato De subtilitate, faceva risalire alle gravi carenze alimentari certe fantasie e disturbi mentali. Per i teologi dell’Inquisizione certe fantasie superstiziose erano invece la prova della presenza reale del demonio. Nel 1579 fu il medico olandese Johan Wier a mettere in dubbio il potere delle streghe, che considerava delle malate illuse di possedere poteri magici. Una teoria contro cui si scagliò il filosofo, giurista e teorico dell’assolutismo Jean Bodin, che contestò apertamente Wier nella Demonomanie des sorcières.

    Intanto i roghi alla Vetra proseguivano: il 4 marzo 1617 fu la volta della fantesca 44enne Caterina Medici, accusata di aver tentato di avvelenare con pozioni magiche il senatore Luigi Melzi. Per la sua esecuzione venne eretto per la prima volta un palco, per dar modo al numeroso pubblico di assistere allo strangolamento che precedeva il rogo. Questo palco era detto «baltresca». Il 9 maggio 1620 venne bruciato Giacomo Guglielmotto e il 10 giugno toccò ad Angela dell’Acqua e a Maria de’ Restelli. Fu il papa bolognese Gregorio XV, poco prima di morire, a mettere un freno, con la bolla Onnipotentis Dei, agli eccessi della lotta alla stregoneria.

    Un richiamo che non servì a frenare i giudici che condannarono il barbiere Gian Giacomo Mora e il suo amico Guglielmo Piazza, che vennero giustiziati in piazza Vetra il 1° agosto 1630. Nel luogo dove il povero Mora, accusato di essere un untore e di diffondere la peste, aveva il negozio di barbiere venne eretta la «Colonna infame». Fu uno degli ultimi anni di fanatismo, cui fece seguito per la verità il rogo alla Vetra delle streghe Anna Maria Pamolea e della sua cameriera Margherita Martignona, il 12 novembre 1641 . E quello in piazza Santo Stefano del 30 luglio 1680, quando venne dato alle fiamme lo stregone Carlo Anna.

    Ai lunghi secoli di oscurantismo pose fine il pensiero illuministico, che ebbe a Milano grandi esponenti. Fu Pietro Verri nel 1760, con le Osservazioni sulla tortura, l’opera che ispirò Cesare Beccaria per Dei delitti e delle pene e Alessandro Manzoni per La colonna infame, ad affermare con forza il passaggio d’epoca. Ma anche l’epoca dei Lumi commise un grave delitto in tema di stregoneria. Perché nel 1788, su disposizione dell’imperatore Giuseppe II, vennero bruciati tutti documenti dell’Inquisizione milanese dal 1314 al 1764, custoditi negli archivi di Santa Maria delle Grazie, provocando un grave vulnus alla futura ricerca storica.

    Queste le date e i nomi. La leggenda comune vuole che si sentano ancora le urla di dolore di chi ha trovato la morte in questo luogo. Da ragazzina, tuttavia, a me venne raccontata un'altra versione: durante il giorno di Ognissanti, camminando nel parco e se si presta attenzione, si può sentire la folla del tempo incitare in un bisbiglio "brucia strega, brucia!" ripetutamente.


     
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