Il Simbolismo della Ruota

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  1. { Cassandra
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    Il Simbolismo della Ruota



    f.75



    Simbolismo antichissimo e onnipresente in tutte le culture, epoche e regioni del mondo, la Ruota fa parte di tutta quella pletora di simboli definibili "del Centro", ovvero schemi simbolici in cui è possibile individuare un punto centrale attorno al quale si sviluppa in modo simmetrico l'intero simbolo: ne sono esempi illustri la Triplice Cinta, il simbolo del Centro Sacro, il Fiore della Vita, il Nodo di Salomone, le varie stelle a cinque, sei punte, ecc.

    Ruota



    Il significato della Ruota è affine al significato del Cerchio: quando il Cerchio assume valenze d’imperfezione, esso diventa una Ruota: la sua rotazione genera i cicli, le riprese, i rinnovamenti.

    Infatti, il significato della Ruota si collega alla creazione in atto, al divenire, alla mutevolezza, alla caducità, alla contingenza, alla ciclicità, alla ripetizione, al rinnovamento, allo spostamento, al trascorrere inesorabile del tempo.

    In molte culture la Ruota è simbolo solare, utilizzato sia durante le feste del Solstizio d’Estate che in quelle del Solstizio d’Inverno.

    Il significato della Ruota come simbolo del Sole è dovuto alla sua forma a raggiera e al suo movimento.

    Molto probabilmente, il significato della Ruota come simbolo lunare è precedente al significato solare. Prima dell’invenzione dei raggi le ruote erano dei dischi pieni, facilmente assimilabili alla Luna piena.

    Come elemento fondamentale del Carro, la Ruota rappresenta il viaggio ciclico del Sole, della Luna, dei Pianeti e degli Astri.

    Un altro significato è quello cosmico di rinnovamento e di trasformazione, rappresentato dalla sua rotazione. Essa in tal caso diventa simbolo dello spazio e del tempo.

    Alcune antiche popolazioni indiane rappresentavano il Cielo e la Terra come due Ruote orizzontali, unite da un Asse passante per i loro Centri e con la Ruota terrestre immobile.
    Il vuoto del mozzo assume il significato del Centro, ovvero del Principio, pertanto è affine al significato dell’Ombelico del Mondo od Omphalos. Esso rappresenta il Cielo, l’Eternità e il Principio immobile ed immutabile da cui pare il movimento e la trasformazione universale.
    I raggi rendono visibile il rapporto che intercorre tra i due elementi precedenti. Essi simboleggiano anche l’Uomo, inteso come mediatore tra il Cielo e la Terra.
    Il numero dei raggi della Ruota ne modifica pertanto il significato:

    La Ruota a Quattro raggi ha il significato dell’Espansione verso le Quattro dimensioni dello spazio; in alcune culture può rappresentare anche le Quattro fasi lunari oppure le Quattro Stagioni.
    La Ruota a Sei raggi è solitamente un simbolo solare. Essa viene utilizzata nell’arte cristiana come simbolo affine alla Croce a Sei bracci, il Crisma.
    La Ruota a Otto raggi, la più diffusa, indica le Otto direzioni nello spazio, con l’ulteriore significato di rinnovamento e rigenerazione.
    La Ruota a Dodici raggi viene usata per rappresentare sia il ciclo solare che lo Zodiaco, specialmente nella tradizione indiana.
    La Ruota a Trenta raggi viene usata nella cultura cinese come simbolo lunare.
    La Ruota Piena è un simbolo lunare e del tempo ciclico; essa rappresentava la Ruota dello Zodiaco, quando questo era legato al ciclo lunare e rappresentava la Ruota della Vita.

    [più in basso un'analisi più approfondita]

    Il significato della Ruota avente movimento alternato è simile al significato della Spirale doppia, ovvero è la rappresentazione del rapporto tra evoluzione e involuzione, dell’equilibrio tra energie contrastanti.

    La Ruota del Vasaio, la Ruota del Mulino, la Ruota dell’Arcolaio e la Ruota della Fortuna rappresentano tutte l’ineludibilità del Destino umano, l’alternanza della sorte, la mutazione incessante e l’instabilità del Mondo.

    Oggi-a-me-domani-a-te


    “La ruota della Fortuna”, miniatura tratta da 'Raccolta di Omelie latine' (Liguria, XV secolo), Bibliothèque nationale de France, Parigi.



    Nella tradizione ebraico-cristiana abbiamo l’utilizzo dei simboli della Ruota infuocata, della Ruota alata e della Ruota costellata d’Occhi. Esse rappresentano l’onnipresenza, l’onniscienza, l’intelligenza e la rivelazione divine.

    Le Ruote e le Ali sono inoltre simboli di spostamento e di mutamento. Esse fanno parte del trono cosmico divino sorretto dai cherubini, rappresentando la rotazione delle costellazioni e le quattro direzioni dello spazio.

    Nel libro di Daniele (7,9-10) viene descritta la seguente visione:

    “Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati dei troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era di fiamme, con ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco sgorgava e scendeva davanti a lui, mille migliaia lo servivano e miriadi di miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti.”

    Nel libro di Ezechiele (1,4-21) troviamo questa descrizione:
    “Io guardavo ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Dal centro traspariva la figura di quattro esseri viventi, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana ma avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e i loro piedi erano come gli zoccoli d’un bue, splendenti come bronzo fuso. Di sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e identiche ali, e queste ali si toccavano l’una con l’altra. Muovendosi, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava di fronte a sé.
    Il loro aspetto era: davanti di uomo, a destra di leone, a sinistra di bue e di aquila per tutti e quattro. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro.
    Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano come un baleno. Ora, guardando quegli esseri, io vidi a fianco di ciascuno dei quattro una ruota che toccava terra.
    Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio: tutt’e quattro avevano la medesima forma e la loro disposizione era come di ruota in mezzo a un’altra ruota. Potevano muoversi in quattro direzioni, senza aver bisogno di voltarsi nei loro movimenti. La loro circonferenza era assai grande e i cerchioni di tutt’e quattro erano pieni di occhi tutt’intorno. Quando gli esseri viventi si muovevano, anche le ruote giravano accanto a loro e, quando gli esseri si elevavano da terra, anche le ruote si alzavano. Dovunque lo spirito le avesse spinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell’essere vivente era nelle ruote. Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell’essere vivente era nelle ruote.”


    Sempre in Ezechiele (10,1-22), troviamo scritto:
    “Io guardavo e sopra il capo dei cherubini vidi come una pietra di zaffiro e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono. Disse all’uomo vestito di lino: “Va’ fra le ruote che sono sotto il cherubino e riempi il cavo delle mani dei carboni accesi che sono fra i cherubini e spargili sulla città”. Egli andò mentre io lo seguivo con lo sguardo.
    Ora i cherubini erano fermi a destra del tempio, quando l’uomo vi andò, e una nube riempiva il cortile interno. La gloria del Signore si alzò sopra il cherubino verso la soglia del tempio, il quale fu riempito dalla nube e il cortile fu pieno dello splendore della gloria del Signore. Il fragore delle ali dei cherubini giungeva fino al cortile esterno, come la voce di Dio onnipotente quando parla.
    Appena ebbe dato all’uomo vestito di lino l’ordine di prendere il fuoco fra le ruote in mezzo ai cherubini, egli avanzò e si fermò vicino alla ruota. Allora un cherubino tese la sua mano per prendere il fuoco che era fra i cherubini; ne prese e lo mise nel cavo delle mani dell’uomo vestito di lino, il quale lo prese e uscì. Io stavo guardando: i cherubini avevano sotto le ali la forma di una mano d’uomo. Guardai ancora ed ecco che al fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino. Quelle ruote avevano l'aspetto del topazio. Sembrava che tutte e quattro le ruote fossero uguali, come se una ruota fosse in mezzo all’altra. Muovendosi verso le quattro direzioni, esse avanzavano senza voltarsi, perché si muovevano verso il lato dove era rivolta la testa, senza voltarsi durante il movimento.
    Tutto il loro corpo, il dorso, le mani, le ali e le ruote erano pieni di occhi tutt’intorno; e ognuno dei quattro aveva la propria ruota. Io sentii che le ruote venivano chiamate “ Galgal”, “Turbine”. Ogni cherubino aveva quattro sembianze: la prima quella di cherubino, la seconda quella di uomo, la terza quella di leone e la quarta quella di aquila. Ora i cherubini si alzarono in alto: essi erano quegli esseri viventi che avevo visto al canale Chebàr. Quando i cherubini si muovevano, anche le ruote avanzavano al loro fianco: quando i cherubini spiegavano le ali per sollevarsi da terra, le ruote non si allontanavano dal loro fianco; quando si fermavano, anche le ruote si fermavano; quando si alzavano, anche le ruote si alzavano con loro perché lo spirito di quegli esseri era in loro.
    La gloria del Signore uscì dalla soglia del tempio e si fermò sui cherubini. I cherubini spiegarono le ali e si sollevarono da terra sotto i miei occhi; anche le ruote si alzarono con loro. Essi si fermarono all’ingresso della porta orientale del tempio, mentre la gloria del Dio d’Israele era in alto su di loro. Erano i medesimi esseri che io avevo visto sotto il Dio d’Israele lungo il canale Chebàr e riconobbi che erano cherubini. Ciascuno aveva quattro aspetti e ciascuno quattro ali, e sotto le ali qualcosa di simile a mani d’uomo. Il loro sembiante era il medesimo che avevo visto lungo il canale Chebàr. Ciascuno di loro procedeva di fronte a sé.”

    Questi passi biblici influenzarono notevolmente il cristianesimo dei primi secoli.

    Un esempio notevole è quello dello Pseudo Dionigi l’Aeropagita che interpreta così il significato delle Ruote:

    “Quanto alle ruote alate che avanzano senza svolta ne declinazione, esse significano il potere di ruotare tutto diritto, in linea retta sulla via diritta e senza svolta, grazie a una rotazione perfetta, che non appartiene a questo mondo.”

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    In un altro passo, egli prende spunto dal termine “galgal” dato alle Ruote, che in ebraico, oltre che turbine, significa anche sia rivoluzione che rivelazione. Egli scrive:
    “Queste ruote infiammate e che ricevono la forma divina hanno il potere di ruotare su se stesse, poiché si muovono perpetuamente attorno all’immutabile Bene; esse hanno anche il potere di rivelare, poiché iniziano ai misteri, poiché elevano spiritualmente le intelligenze dal basso, poiché fanno discendere fino agli umili le illuminazioni più elevate.”

    Per l’esegesi del primo cristianesimo la Ruota assume il significato di immagine della scienza cristiana che si unisce alla santità.
    Trasfigurata in strumento di martirio, la Ruota verrà pertanto associata a santa Caterina d’Alessandria, la dotta martire egiziana, patrona dei filosofi cristiani.
    Un assommarsi di significati cristiani e precristiani si trova nel portale delle chiese romaniche, il quale può presentarsi come un arco di Cerchio di una Ruota, suddivisa in settori e disposta attorno al Centro, rappresentato dal Cristo raffigurato nel timpano.

    Si tratta della Ruota dell’anno, lo Zodiaco, per cui Cristo segna sia i tempi dell’anno liturgico sia i cicli naturali, assimilando le funzioni che aveva il dio Sole nell’antica religione romana.
    In questo caso, la Ruota sottolinea il carattere ciclico dell’anno e perciò la sua imperfezione, consistente nella sua incapacità a fermarsi, nell’essere un perpetuo inizio senza fine e inoltre nell’irregolarità del computo dei giorni e dei mesi.
    In molti casi l’arco del portale romanico è palesemente uno Zodiaco poiché in esso sono scolpiti i dodici segni, a volte accompagnati dalle raffigurazioni dei lavori dei mesi dell’anno.

    cerchio-sole



    Il significato della Ruota dello Zodiaco nel portale romanico si chiarisce confrontandolo con le decorazioni similari presenti in altri manufatti medievali, come miniature, arazzi, arredi liturgici.

    zodmed



    In alcune di queste decorazioni troviamo la presenza di un uomo con una Ruota in mano e solitamente accompagnato dalla scritta “Annus”.
    E’ la rappresentazione dell’anno inteso come tempo ciclico e quindi imperfetto.
    Esso accompagna e si contrappone alla raffigurazione del Cristo, definito come giorno eterno senza fine che arresta la ciclicità dell’anno.
    Una diversa suddivisione del portale romanico, rende visibile ulteriori concetti che si sostituiscono o si uniscono al significato della Ruota dell’anno.
    Solitamente, queste suddivisioni avvengono tramite il ripetersi di medesimi motivi ornamentali.

    Trentasei motivi ripetuti rappresentano le Trentasei decine in cui si divide l’anno, a cui a volte viene aggiunto un mezzo motivo per significare i rimanenti Cinque giorni.
    Cinquantadue motivi ripetuti rappresentano le Cinquantadue settimane dell’anno.
    Dodici o Ventiquattro motivi ripetuti rappresentano le ore del giorno e della notte.
    Trenta o Trentuno motivi ripetuti rappresentano i giorni del mese (in qualche caso troviamo Trenta motivi e mezzo).

    In alcuni di questi portali viene valorizzato il Solstizio d’Estate, rappresentato utilizzando simboli o motivi geometrici di vario tipo.
    Il Solstizio d’Estate era celebrato in molti riti precristiani come l’apogeo della divinità: in quel giorno, infatti, il Sole raggiunge il punto più alto, lo Zenith, per poi ridiscendere.

    Un interessante esempio dell’utilizzo del significato della Ruota legato al Solstizio d’Estate come simbolo cristiano si trova nella finestra meridionale del transetto della chiesa della città francese di Echirè.

    Una serie di Nove Ruote simboleggiano il corso del Sole. La Ruota all’apice dell’arco è più piccola delle altre e simboleggia il Solstizio. La terza Ruota ha Sei raggi e corrisponde all’Equinozio di Primavera. Le altre Ruote hanno Otto raggi.



    Nello specifico...


    La Ruota a Quattro Raggi

    Ruota_4_raggi



    La forma più semplice di ruota è quella che presenta quattro raggi, solitamente disposti a formare una croce retta. È tra i più antichi simboli solari, chiamato anche croce solare, croce di Odino o Croce di Woden. Odino, presso le popolazioni del Nord Europa, e Wotan, o Woden, presso quelle di ceppo teutonico, era l’essere supremo della loro religione. Era il dio dell’arte, della cultura, della guerra e dei morti, rappresentato come un vecchio con un occhio solo, recante al fianco due corvi come suoi messaggeri. Nell’antica Cina lo stesso simbolo era associato al tuono, al potere, all’energia ed al rispetto.

    Guardando all’aspetto grafico vero e proprio, il concetto di ciclicità genericamente espresso dalla Ruota si arricchisce di nuovi significati quando all’interno della stessa compaiono i raggi, il cui numero è indicativo delle diverse suddivisioni in cui il ciclo s’intende ripartito. Ad esempio, riferendo la Ruota alla dimensione terrestre, la quadripartitura può essere associata al ciclo delle stagioni (e quindi, alla dimensione temporale), ai punti cardinali (e perciò, per riflesso, alla dimensione spaziale), ai quattro momenti particolari della giornata (alba, mezzogiorno, tramonto, mezzanotte), alle fasi lunari e, estendendoci anche alle tradizioni orientali o dell’America Centrale, alle quattro ere dell’umanità. Spesso il simbolo è stato utilizzato per indicare la Terra, ed ancora oggi in astrologia questo pianeta è indicato con il simbolo in questione.

    L’avvento del Cristianesimo si appropriò subito del simbolo in questione, ravvedendo nella croce centrale il segno della passione di Cristo, che sulla croce venne giustiziato. In questo ambito è conosciuta anche come croce gammata, croce cattolico-romana, croce d’inaugurazione o di consacrazione. Quest’ultimo epiteto deriva dal fatto che nelle chiese di ogni tempo, ed ancora oggi, troviamo questo simbolo soprattutto nei quattro angoli fondamentali dell’edificio, gli stessi che nel rito fondamentale di consacrazione e dedicazione della chiesa vengono unti e benedetti dal vescovo con l’olio sacro. Troviamo spesso lo stesso emblema usato come aureola sul capo dei Santi, per sottolineare il potere spirituale o l’aura energetica che viene emanata da una persona santa, cioè piena di Spirito; è un’associazione con l’antico senso originale di "segno del potere".

    Simbolo alchemico di Venere (Rame)Durante il Medioevo gli Alchimisti usavano questo simbolo per indicare, generalmente, le leghe di rame, stante la somiglianza col simbolo del pianeta Venere (v. fig. a lato), che indicava anche l’elemento Rame. In altri contesti, lo stesso segno indicava la polvere di stelle, o yliaster; si trattava con tutta probabilità di ferro meteoritico, cioè "caduto dalle stelle".

    La Ruota a Sei Raggi


    Ruota_6_raggi



    La Ruota a Sei Raggi è stata importata dalla tradizione celtica, dove aveva principalmente un significato solare. Gli antichi Galli, in particolare, cioè quelle popolazioni celtiche stabilitesi nei territori dell’attuale Francia, usavano questo segno come attributo di Taranis, il dio del tuono. In seguito, il simbolo si è diffuso in tutto il Medioevo, arricchito da tutti quei sensi che il numero sei apporta simbolicamente: il doppio ternario, attivo e passivo, che rappresenta l’eterna dualità tra le forze cosmiche (affine in questo senso, all’Esagramma, che in effetti si può facilmente ottenere unendo a tre a tre i vertici della circonferenza intersecati dai raggi della Ruota). Gli antichi Alchimisti usavano questo segno per indicare la malachite, un minerale composto del rame utilizzato, tra le altre cose, per produrre pigmenti di tonalità verde.

    Le ruote a sei (ma anche ad otto) raggi sono poi frequentemente stilizzate in forma floreale, come nel caso noto del Fiore della Vita. D’altronde, esiste un collegamento tra il significato della ruota ed il simbolismo floreale. Se si considerano alcuni fiori simbolici come il loto, il giglio o la rosa, il loro sbocciare rappresenta, tra le altre cose, e tenendo conto dei diversi significati associati a tali immagini, una manifestazione del divenire. Lo sbocciare, d’altronde, non è altro che un irradiamento intorno ad un centro, e quindi ben s’inserisce nella connotazione generale della Ruota come "simbolo del centro". Tradizionalmente, il giglio viene raffigurato con sei petali, il loto con otto: le due forme corrispondono dunque alle ruote a sei e otto raggi. Quanto alla rosa, essa viene raffigurata con un numero variabile di petali che assumono significati diversi a seconda del contesto.

    Anche in questo caso la tradizione cristiana ha assimilato il simbolismo della Ruota a Sei Raggi, modificandone leggermente l’aspetto per trasformarlo nel Monogramma di Cristo (ottenuto unendo le prime due lettere del nome greco di Cristo, "chi" e "ro"; il cerchio esterno è opzionale e spesso risulta assente):

    monogramma_Cristo



    L’associazione è stata ottenuta trasferendo l’antico attributo solare all’emblema del Cristo, nuovo sole venuto sulla Terra per illuminare le genti. Non a caso, infatti, la data di nascita del Cristo, storicamente sconosciuta, è stata fissata simbolicamente al 25 Dicembre, cioè intorno al solstizio invernale, data in cui le popolazioni celebravano la festa del Sol Invictus (Sole Invincibile).

    Ruota_del_Mondo



    Nella cultura Tibetana, un simbolo simile è chiamato Ruota del Mondo: si tratta sempre di un cerchio suddiviso in sei parti uguali, con un secondo cerchio al suo interno. L’anello esterno è a sua volta suddiviso in dodici parti, come il Cerchio Zodiacale della tradizione occidentale. La banda intorno all’anello centrale, invece, è colorata alternativamente in bianco e nero, che suggerisce un ulteriore senso di unione o coincidenza degli opposti.

    La Ruota ad Otto Raggi

    Ruota_8_raggi



    Il simbolo della Ruota ad Otto Raggi è, forse, quello che si presenta sotto le forme più numerose, nella tradizione occidentale come in quella orientale, nel presente come nel passato. Per quanto riguarda la tradizione orientale, incontriamo questo simbolo in Caldea e in Assiria; in India, sotto la forma di "Ruota dei Chakra", è considerato un simbolo sacro. In Tibet, e in generale nei paesi dove si professa il Buddismo è denotata anche come "Ruota del Dharma", "Ruota delle Cose" o "Ruota della Vita", e simboleggia l’Ottuplice Via verso la meta, la libertà dalla Reincarnazione.

    Ruota_Dharma



    La Chiesa Cristiana, come nel caso della Ruota a Sei Raggi, ne ha inglobato il simbolismo sotto la forma di una variante più complessa del Monogramma di Cristo.

    Naturalmente, il numero di raggi trascina con sé anche tutti i simbolismi numerologici legati a quel numero, in questo caso, all’Ottoade. La Rosa dei Venti e la Stella Polare non sono altro che derivazioni più elaborate dello stesso schema fondamentale. La prima racchiude nel nome i sensi simbolici, complessi e numerosi, tradizionalmente associati alla Rosa, mentre la seconda si trova spesso associata alla tradizione Mariana.



    IL MITO DELLA RUOTA D'ORO
    DELLA CITTA' DI RAMA


    Un mito arcaico del patrimonio
    dell'antico druidismo del Piemonte



    rama-rod


    La grande "ruota forata" d'oro custodita nella città megalitica di Rama. Il mito vuole che la Shahqt-mar fu realizzata fondendo il carro celeste del dio Fetonte.




    Le leggende di molti Popoli naturali, dai Nativi europei agli aborigeni australiani, parlano della discesa dal cielo di una conoscenza che rivoluzionò la storia del pianeta.
    La cultura giudaico-cristiana parla della caduta dal cielo di uno smeraldo che venne trasformato dagli angeli dell'Eden nella coppa del Graal, affidata ad Adamo ed Eva.
    Secondo l'ermetismo alchemico, a seguito della cacciata dall'Eden la coppa venne ereditata da Osiride e dopo la sua morte, causata da Seth, la coppa andò perduta. In seguito Artù e i cavalieri della Tavola rotonda impegnarono tutta la vita alla sua ricerca per portarla a Camelot allo scopo di rinnovare il perduto Eden.
    L'Alchimia interpretò lo smeraldo caduto dal cielo come una fonte di conoscenza associando la parola Graal all'acronimo: "Gnosis Recepita Ab Antiqua Luce".
    L'Alchimia lo legherà alla simbologia della Tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto e nel concetto di "Lapis exilis", sinonimo della Pieta filosofale alchemica discesa dalle stelle.
    Platone riportò nelle sue opere un mito assimilabile a quello del Graal, il mito greco della caduta di Fetonte, che con il suo carro celeste precipitò in una zona europea dove si incrociano due fiumi.
    Secondo le tradizioni druidiche della Valle di Susa, in Piemonte, Fetonte cadde nell'area subalpina. Esse riportano che sulle pendici del monte sacro "Roc Maol" (il nome celtico del monte Rocciamelone) esisteva una confraternita di mestiere che si riferiva al fuoco come emanazione del sole e con cui fondeva e lavorava i metalli.
    Quando nella valle del Po cadde il dio con il suo carro, essi raccolsero le sue spoglie e le portarono al Tempio del Fuoco sulle pendici del Roc Maol per venerarle e custodirle.
    I resti del carro solare celeste vennero fusi dando forma ad una grande ruota d'oro forata, del diametro di 2 metri.
    Da questo memorabile evento ebbe inizio la Scuola iniziatica del Fuoco che si trasformò in seguito nella Scuola druidica omonima che operò per migliaia di anni sul continente europeo in relazione con la civiltà di Ys del bacino del Mar Nero.
    La Scuola, prendendo a riferimento la sua esperienza di pratica operativa della fusione dei metalli, sviluppò la dottrina alchemica della trasformazione della materia come atto simbolico della possibilità di portare l'Iniziato dal visibile alla qualità invisibile dell'esistenza.
    Per tale motivo questa Scuola divenne capostipite dell'Arte druidica e nei millenni successivi questa Arte, trasmessa nel tempo, divenne l'Arte Regia dell'Alchimia sul continente europeo.
    Intorno a questo antico santuario venne quindi edificata la grande città-fortezza di Rama che si espanse per decine di chilometri nella valle di Susa in direzione del fiume Po. Una città megalitica che fu meta degi antichi Pelasgi in cerca di una nuova terra dopo il diluvio e successivamente, secoli più tardi, da parte di dignitari dell'antico Egitto.

    Dal Libro "Il Mito della Città di Rama"
    a cura di Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero
    Triskel Edizioni, Torino


    IL MITO
    DELLA ROCCIA FORATA


    Un mito arcaico del patrimonio
    dell'antico druidismo europeo



    All’inizio c’era solo l’abisso primordiale che precipitava su se stesso, come una cascata fragorosa di un fiume ribollente e urlante che si rigenerava senza fine là da dove finiva.
    Dalle nebbie dell’abisso ribollente nacque la Terra.
    Quando la Terra fu completa non era ancora abitata dall’uomo. C’erano le piante a coprire l’intera Terra come una grande foresta. I progenitori non erano ancora comparsi. C’erano solo i terribili signori della notte, invincibili e dominatori di tutto ciò che aveva preso a vivere sulla Terra.
    Fu allora che il Drago primordiale vide le loro iniquità e decise di cancellare la loro presenza sulla Terra. Gettò al suolo un grande masso di roccia schiacciandoli e così li cancellò per sempre dalla memoria.
    Il suolo tremò e il cielo si oscurò. Quando la quiete ritornò sulla Terra ammutolita il Drago si mise a creare i progenitori perchè costoro potessero partecipare alla sua forza e al suo potere.
    Creò i progenitori e visse tra di loro ospitandoli nella sua Terra segreta come figli. Quando costoro furono in grado di camminare li condusse al luogo dove c’era la grande roccia. Ai piedi della pietra c’era l’albero che dava vita ai morti e faceva rinascere quelli che già erano nati.
    La pietra era immensa e rotonda. Al centro c’era un grande foro, anch’esso rotondo, che l’attraversava per tutto il suo spessore.
    Dentro al foro non c’era nulla. C’era solo il vento che l’attraversava con lo stesso fragore del fiume ribollente e urlante dell’abisso su cui si trovava appoggiata la Terra.
    Il drago si pose al centro della roccia forata e disse ai progenitori: “Questo vuoto non è qui per caso. Esso rappresenta il riflesso opposto alla solidità della pietra che vedete adesso con i vostri occhi di sempre.
    Ma se saprete guardare meglio, nel vuoto che è mostrato dalla roccia potrete leggere il segreto di tutte le cose e da dove viene e dove va il fiume primordiale su cui si sostiene la Terra. E questo sarà il segno del potere dei progenitori”.
    Il Drago aggiunse ancora: “Il mio posto non è su questa Terra e sto per andare via. Prima però vi faccio dono di questa pietra che lascio per voi. Se imparerete a leggere la roccia lungo il suo bordo troverete i suoi ventidue angoli segreti che riveleranno come guardare questo vuoto e come giungere al centro che gli dà forma”.
    I progenitori ascoltarono e capirono che per poter leggere i segreti angoli della roccia dovevano imparare a tacere e a guardare. Così, dopo che il Drago li lasciò seguendo il cammino dove porta il sentiero dell’arcobaleno, andarono a sedersi all’ombra del grande albero che era nato tra il cielo e la Terra per ottenere il Potere che era stato loro promesso.
    Questa è la storia dei nostri progenitori.
    Questa è la memoria che conserviamo dei tempi antichi.
    Questa è l’inizio che fu dato alle nostre vite e a quelle che seguiranno ancora dopo di noi.

    vikinga


    L'antica "ruota forata"
    della cultura vichinga



    mixteca


    La "ruota forata" dell'antica cultura mixteca
    del Messico



    maya


    La "ruota forata" dei Maya dello Yucatan, in Messico



    precolmb


    La "ruota forata" nell'interpretazione dei Nativi precolombiani del sudamerica



    steppa


    La "ruota forata"
    della cultura dei popoli delle steppe dell'Asia.



    Dal Libro "Miti e Leggende dello sciamanesimo druidico"
    a cura di Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero
    Triskel Edizioni, Torino
     
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  2. a.d.Amo
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    interessante davvero! 😊
     
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  3. )O(.S.)O(
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    la leggenda della CIttà di Rama dice che: Mater Lacrimarum, passò ad Rama.

    CITAZIONE
    La maggiore delle tre è chiamata Mater Lacrimarum, Nostra Signora delle Lacrime. È lei che notte e giorno delira e geme, invocando volti scomparsi. Ella fu a Rama, quando si udì un suono di lamenti: Rachele che piangeva i suoi figli, rifiutando ogni conforto. Ella fu a Betlemme nella notte in cui la spada di Erode spazzò dalle sue case gli Innocenti e si irrigidirono per sempre i piccoli piedi che trotterellando per le stanze svegliavano nel cuore dei familiari palpiti di amore non inosservati in cielo. I suoi occhi sono di volta in volta dolci e astuti, intensi e assonnati; spesso si levano verso le nubi; spesso sfidano il cielo. Porta sul capo un diadema. E dai ricordi dell'infanzia sapevo che ella poteva allontanarsi sui venti quando udiva il singhiozzare delle litanie, o il tuonare degli organi o quando osservava l'adunarsi delle nubi estive. È questa sorella, la maggiore, che porta alla cintura chiavi più che apostoliche che aprono ogni capanna e ogni palazzo. So che ella sedette tutta la scorsa estate al capezzale del mendicante cieco, quello con cui così spesso e volentieri mi fermavo a parlare, e la cui pia figliuola di otto anni, dal volto luminoso, resisteva alle tentazioni dei giochi e dell'allegria del villaggio per camminare tutto il giorno lungo le strade polverose col suo infelice padre. Per questo atto, Dio le inviò una grande ricompensa. Nella primavera dell'anno e quando anche la sua primavera germogliava, Egli la richiamò a sé. Ma il padre cieco la piange in eterno; ancora egli sogna ad alta notte che la piccola mano che lo guidava è stretta nella sua; e ancora si sveglia in una tenebra che è ora avvolta in una seconda tenebra più profonda. La stessa Mater Lacrimarum ha anche trascorso tutto questo inverno 1844-45 nella camera dello Zar a rievocargli l'immagine di una figlia (non meno pia), che salì a Dio non meno improvvisamente e lasciò dietro a sé una tenebra non meno profonda. È grazie al potere di queste chiavi che Nostra Signora delle Lacrime s'insinua, intrusa spettrale, nelle camere degli uomini insonni, delle donne insonni, dei bambini insonni, dal Gange al Nilo, dal Nilo al Mississippi. E lei, perché è la primogenita del suo casato ed ha l'impero più vasto, onoreremo col titolo di «Madonna»."

    Mater Lacrimarum dali libro di de Quincey.
     
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