Specchio

Simbolo,anima..

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  1. Ares
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    2016_07_18_17_01_35_92332929 Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi a noi stessi induce a due differenti comportamenti: ritrarci o restare.
    Così penso abbia fatto anche il primo uomo che si sia imbattuto nell’acqua e vi abbia guardato sopra, scorgendo il proprio volto: paura della visione, con conseguente ritiro del sé; comprensione della visione; seconda occhiata alla visione e superamento della paura iniziale.
    C’è chi si riconosce , accettandosi anche nello specchio, pur nei limiti esteriori e interiori del proprio io; c’è chi, invece, sa anche piacere a se stesso ed indulgerà – in qualche volteggio vezzoso- nel rimirare la propria “imago”riflessa; c’è poi chi non si vuol bene, purtroppo, e non avrà troppi specchi per casa; poi, come sempre, c’è chi di fronte allo specchio… riflette: uno specchio – infatti- si può attraversare, entrando così in un mondo differente, che spazia dalle simmetrie alle favole, dai miti alle metafore.
    C’è uno spazio diverso, sul fondo dello specchio: una superficie che tanto assomiglia all’acqua ed all’anima umana e si risolve in un gioco di riflessi , le cui regole sono quelle del doppio. Così lo specchio diviene strumento di conoscenza o di punizione, oggetto- ponte fra realtà e fantasia, mezzo magico d’indagine nell’oltre e metafora della nostra vita, se è vero che uno specchio in frantumi riflette tra le proprie schegge un’immagine simile a quel che siamo diventati oggi, piccole luci di un insieme perduto, lievi bagliori di arcobaleni immaginati, irrisolti residui di tempi non spesi.
    Un colpo di scopa e lo specchio rotto si elimina: restano…sette anni di guai e, tra i suoi taglienti pezzetti, microscopiche particelle di noi.
    Specchiarsi comunque mette paura, rivelarsi a se stessi anche: sono in gioco, di fronte allo specchio, tutti i timori umani e gli umani difetti, difetti che lo specchio svela indifferente,oggettivamente ed imparzialmente…direi con crudele efferatezza.
    Ordinando dunque le riflessioni ( e mi piace usare la parola “riflessione” in tema di specchi), partirei proprio dall’etimologia della parola specchio , precisando che nel mondo speculare si può anche giocare con le immagini e rovesciarle.
    Qual è la verità?Siamo noi, nello specchio, ove quel che è destra diviene sinistra?O siamo altro da noi, in una simmetria rovesciata?
    Per specchio intendiamo la superficie levigata che riflette i raggi luminosi che la colpiscono e dunque riflette anche l’immagine che essi formano.
    Speculum, dal latino specere (= guardare , osservare) – a sua volta derivato da una radice indoeuropea, spek con il senso specifico di “guardare”, comune anche al sanscrito pacyami (io vedo), nel greco spektomai , nel gotico speha e nel tedesco arcaico spehon, da cui si pensa derivi l’italiano spia- è un termine in stretto rapporto con specie che in latino significa: “ aspetto esterno” e con spettro: “ ciò che appare”.
    Il “come” si realizzino le immagini sullo specchio , quale sia il rapporto fra immagini reali ed immagini riflesse, fra raggi incidenti e raggi riflessi, è stato in tempi antichi oggetto di stupore e di meditazione: da qui le leggende intorno alla sua capacità magica di attrazione .
    La parola speculum ha poi un rapporto con il termine speculare(=esaminare con attenzione,indagare dall’alto) e con speculazione(=indagine filosofica, teoretica ed, in senso negativo, approfittare di ).
    Ma allora lo specchio riflette solo ciò che appare o permette invece di andare oltre, alla ricerca di senso?L’etimologia consentirebbe l’una e l’altra ipotesi…
    E la tradizione?E la letteratura?E l’esoterismo, le religioni, i miti, le civiltà come hanno interpretato la funzione dello specchio?
    Gli specchi, secondo varie tradizioni,sarebbero in grado di imprigionare l’interiorità umana,l’anima.
    Anticamente era infatti in uso, nella stanza in cui veniva composto un defunto,coprire gli specchi, per permettere un trapasso sereno nell’aldilà.
    Da questo deriva certamente anche il tradizionale riconoscimento di “colui che vaga senz’anima”, il vampiro,il non-riflesso per eccellenza ed anche il modo più sicuro per uccidere un basilisco, istantaneamente folgorato dalla propria immagine allo specchio o comunque riflessa.
    I nativi americani avevano un timore riverente per gli specchi, scoperti con l’avvento dell’uomo bianco, un timore esteso anche verso le macchine fotografiche, poiché oggetti in grado di “rubare” la parte sacra dell’uomo, la propria immagine: la saggezza tramandata di padre in padre, riconduceva l’immagine all’intimo ed al profondo dell’essere umano, ritenuto emanazione dello Spirito e quindi da rispettare quale segno divino.
    La specchio è anche legato al senso della vista,strumento umano di indagine del sensibile,ma adatto anche a scrutare l’oltre.
    Ecco che lo sguardo ha una duplice funzione: vedere con gli occhi non è tutto. Gli occhi sono infatti anche “specchio dell’anima” e quindi tramite fra esteriorità ed interiorità.
    La sguardo diviene veritas quando riflette il dentro e vanitas quando diviene contemplazione di sé (Narciso)
    Il caduco (la bellezza) e l’eterno (l’essere ed il vero) rendono quindi duplice la valenza dello specchio,in un riconoscersi e perdersi continuo e, a volte, ambiguo.
    Questa duplicità veniva utilizzata dai Sassoni in modo analogico: lo Specchio Sassone- raccolta normativa di fondamentale importanza per il Medioevo tedesco – si fondava sul principio secondo cui ,così come un essere umano poteva osservare se stesso in uno specchio, allo stesso modo tutta la società potesse nello Specchio rilevare ciò che era lecito e giusto.
    La tematica della specularità è tema ricorrente nelle letterature, legando romanzi come:” Cuore di tenebra” di Conrad oppure:” Uno, nessuno e centomila” di Pirandello al concetto della conoscenza di sé e del doppio, caro alla psicologia ed alla psicanalisi ed anche ad autori quali Borges: “lo specchio è, come noto, una delle più ossessive costanti tematiche del grande scrittore argentino, sempre attratto dal fantastico (ossia da quelle «ombre» che si rendono disponibili alla vista «oltre» o «attraverso» lo specchio) e sostenitore di un’idea di letteratura intesa come menzogna.
    Lo specchio è deformante per definizione: restituisce un’immagine inversa a quella del reale.
    Ma anche per questo è un mefistofelico tentatore: seduce perché soddisfa il nostro faustiano bisogno di conoscere. Ci consente di gettare lo sguardo sul nostro volto (almeno per analogia), quel volto che altrimenti ci sarebbe il più straniero di tutti, e soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo capovolto, il mondo degli opposti.
    Per la cultura popolare, il mondo capovolto coincide sempre con il grottesco, con la carnevalizzazione. Ma per uno scrittore sapienziale come Borges il mondo capovolto apre anche alle possibilità non realizzate, agli universi paralleli della moderna cosmologia, alla verità della filosofia, alla realtà della semantica (o almeno dei segni).
    Anche i segni e le parole difatti sono specchi, riflessi di qualcosa d’altro con il quale pure non coincidono(…) Anche le parole, come le immagini allo specchio, ingannano e seducono. Se per Pasolini la critica era «descrizione di descrizioni», per Borges la letteratura è «falsificazione di falsificazioni». Come Narciso, siamo condannati a pensarci attraverso strumenti deformanti, che ci restituiscono un’immagine di noi stessi nella quale non possiamo mai riconoscerci appieno.
    Ma in questo comune destino Borges non avverte nessun senso di tragedia o di perdita irrimediabile. Nella sua opera, anzi, la condanna diventa motivo di gioia. Perché le parole, come le immagini dello specchio, non esistono solo in quanto riflesso, non sono un nulla, sono a loro volta realtà: un acquisto di realtà, una moltiplicazione inesauribile della realtà.
    Nell’opera di Borges la realtà non è mai qualcosa di dato: una cristallizzazione di eventi che si possono cogliere una volta per tutte in una funeraria e ideologica identità.
    L’identità uccide. Non ha a che fare con la vita, ha a che fare con l’ideologia della morte. Nemmeno con la morte nella sua risolutezza, bensì con la sua ideologia, la sua falsa coscienza: cioè con quello che crediamo che la morte sia, non con ciò che essa è. Nell’opera di Borges, la realtà (la vita) si fa, si moltiplica attraverso le parole e gli specchi.
    Si apre all’infinito, come aprono all’infinito due specchi collocati l’uno di fronte all’altro.
    Non so se qualcuno abbia studiato le strutture temporali (della storia e del racconto) di questo grande scrittore.
    La mia ipotesi è che la sua concezione della letteratura e dell’esistenza lo emancipi tanto dal tempo ciclico delle culture premoderne (riabilitato prima da Vico e poi, alla fine della modernità, da Nietzsche) quanto dal tempo lineare della cultura cristiana ereditato dall’illuminismo e dalle ideologie della borghesia (socialismo compreso). Bisognerebbe verificare. Ma, forse, anche il tempo in Borges è un prodotto delle parole e degli specchi e cioè è qualcosa che non trascorre, qualcosa di non separabile (in contrasto con l’etimologia) oppure di separabile solo arbitrariamente, qualcosa che è sempre disponibile e percorribile a piacere, in avanti e indietro, in un eterno dionisiaco modificare e modificarsi.”(G. Gallo.Lo specchio di Dioniso, Fuorimargine: Borges, Parole allo specchio)
    Anche le fiabe hanno certamente utilizzato gli specchi come varco o porta fra mondo reale e mondo fantastico,ove non valgono le comuni leggi fisiche ,come per Alice, nell’aldilà dello specchio o dove un protagonista si misura con il proprio antagonista, in un gioco di chiaroscuri la cui apparente idoneità alla comprensione dei bambini cela spesso significati ben più complessi:”Dobbiamo dire però che, il più celebre specchio magico, quello universalmente conosciuto, non è quello di Cagliostro, ne alcuno fra tutti quelli che abbiamo precedentemente citati in ambito religioso o misterico, ma quello della Regina cattiva della fiaba di Biancaneve. Quello famoso che viene interpellato con le parole: “Specchio delle mie Brame chi è la più bella del Reame?”
    Esso invia alla Regina Nera la sua immagine speculare, che è ovviamente Biancaneve-bianca, figliastra ma non figlia della donna nera.
    Qui potremmo analizzare il fatto che due potenti elementi femminili si sfidano, dal diritto e dal
    rovescio di uno specchio, come Ecate e Diana e forse qualcosa di più. Solo che la Regina Nera della fiaba, non accetta la condivisione del potere con una Regina Bianca.
    Se volessimo azzardare un’estensione ermetica potremmo dire che c’è un’ opposizione fra plenilunio e novilunio. La vera magia è nel novilunio, la vera luce è nel novilunio. Ma chi è colui che annuncia la luce e precede la Luna-specchio, nel cielo? E’ la stella Lucifero. E costui, che sotto la veste serpentina, indica a Eva la mela da cogliere: il Lucifero l’annunciatore della luce ma anche delle tenebre.
    Ma in questo strano gioco si inserisce una mela stregata. L’antesignana di tutte le mele stregate è appunto la mela di Eva che, come sappiamo dona la conoscenza del Bene e del Male… ma anche il sonno e la separazione dall’intelletto senza speculazione, la separazione dell’anima dall’Uno.
    Ecco che, per il lettore sagace, si chiude il giro: Lucifero (portatore di luce ma anche di
    ego), lo specchio (portatore di verità) e la mela (portatrice di sonno e di parzialità).
    Specchiare se stessi, conoscersi realmente mette paura.
    Per questo una immagine speculare di noi stessi… è sempre inquietante. Si rischia di perdersi… o di trovarsi.”(C. Lanzi,la luna nel pozzo e la magia degli specchi)
    Nel cristianesimo l’intelletto di Dio si riflette come in uno specchio nella manifestazione ,come dire che il creato è specchio del suo creatore; nelle religioni d’oriente Amaterasu è simboleggiato da uno specchio che richiama il sole; nel buddismo del Tibet la vacuità multiforme del mondo sensibile è tutta riflessa in uno specchio.
    Vanitas, Veritas e Prudentia sono quindi e come prima accennato i riflessi etici che uno specchio emana in tutte le credenze religiose.
    Legato a Vanitas, la figura mitologica di Narciso, una figura mitologica greca, figlio di Cefiso, divinità fluviale, e della ninfa Liriope.
    Secondo il mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi Narciso era un bellissimo giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano alla follia. Tuttavia Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando, non curandosi delle e degli spasimanti; tra questi era la ninfa Eco. Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall’amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un’eco lontana.
    Non solo Eco, ma tutte le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti da Eco.
    Resosi conto dell’impossibilità del suo amore Narciso si lasciò morire. Quando le Naiadi e le Driadi cercarono il suo corpo per poterlo collocare sul rogo funebre, trovarono vicino allo specchio d’acqua il fiore omonimo.
    Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell’Oltretomba, si affacciò sulle acque del fiume, sempre sperando di vedersi riflesso. Ma non riuscì a scorgere nulla a causa della natura torbida, limacciosa di quelle acque. In fin dei conti però, Narciso fu contento di non vedere la sua immagine riflessa perché questo veniva a significare che il fanciullo-se stesso che amava, non era morto ancora.
    Questo mito ci riporta al proporsi continuo della figura dell’uomo che guarda se stesso cioè :”all’inclusione nel mondo dell’uomo che guarda se stesso(…)A partire dai territori del mito greco,l’enigma dello specchio sarà infatti l’enigma dell’altro e dello stesso, l’enigma dell’identità e della differenza, della verità e dell’illusione(…)”.
    Lo specchio diviene dunque instrumentum philosophiae dove:” l’oggetto riflettente,dagli inizi greci della riflessione scientifica fino all’ultima stagione del pensiero contemporaneo,diviene la metafora stessa della filosofia .Infatti la figura dell’uomo che si guarda,con la vertiginosa fuga dall’autoreferenza, riassume ,con la potenza che è propria dell’immagine, la ricorrente ambizione della filosofia per un sapere assoluto e senza resti,totalizzante ed autofondato. Ma di fronte a questo sapere l’avventura figurale dello specchio racconta anche la storia simmetrica e speculare di quel soggetto che, alla scuola del riflesso, diviene conoscitore di se stesso e insieme, come suggeriva l’ultima saggezza di Nietzsche,carnefice di se stesso” (presentazione del libro di A.Tagliapietra “la metafora dello specchio”, Bollati Boringhieri, 2008, di Giuseppe Girgenti)
    Esiste poi un significato esoterico che lo specchio assume per l’iniziato , ma che ritengo profondamente valido per ogni persona che intenda ricercare se stessa: mettersi di fronte ad uno specchio è prendere coscienza del sé esteriore ed interiore, così come esso è , nella cruda verità…il che significa accettazione prima e superamento poi della propria povera nudità, fatta di difetti, caducità, debolezze e imperfezioni. Ogni conoscenza , che è un cammino verso e oltre se stessi , reca un dolore insopportabile, per l’essere umano, quello della verità, a cui non è possibile mai sottrarsi , men che meno di fronte alla propria immagine, deformata o rovesciata che sia.
    Lo specchio dunque : piccolo dolore quotidiano del “quae fuerint- quae sint- quae mox ventura trahantur ”

    Fonte:fuocosacro.


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    Nella ricchezza dei simboli in grado di esprimere la mistica, scegliamo l’immagine dello specchio, giacché un tale simbolo, più di ogni altro, si presta a manifestare la natura di questa mistica, ossia il suo carattere essenzialmente “gnostico”, fondato su una percezione diretta. Lo specchio è infatti il simbolo più diretto della visione spirituale, la contemplatio, e in generale della gnosi, giacché attraverso di esso si trova concretizzato l’avvicinamento del soggetto e dell’oggetto. E’ ugualmente possibile dimostrare a partire da questo esempio in qual modo i diversi significati di un simbolo relativi a differenti livelli di realtà, che sembrano talvolta contraddirsi, siano profondamente legati tra di loro e ricongiunti nel significato più alto dell’immagine, che è un significato puramente spirituale. Questa molteplicità di interpretazioni fa parte del carattere del simbolo; è qui che risiede la sua superiorità rispetto alla definizione concettuale. Mentre quest’ultima integra un determinato concetto in un contesto logico e di conseguenza lo determina a un certo livello, il simbolo resta aperto, senza tuttavia essere impreciso; è innanzi tutto una “chiave” che dona l’accesso alle realtà che oltrepassano la ragione. Queste “realtà” che oltrepassano la ragione possono essere ugualmente chiamate “verità”; ed insistiamo su questo fatto, giacché troppo disinvoltamente oggi si accetta che il simbolismo possa avere una spiegazione puramente psicologica. L’interpretazione psicologica di un simbolo non va immediatamente scartata; può corrispondere a una possibilità; è necessario invece rifiutare la tesi secondo cui l’autentica origine di un simbolo andrebbe trovata nel sedicente “inconscio collettivo”, ossia nelle caotiche profondità dell’animo umano. Il contenuto di un simbolo non è irrazionale ma, se così possiamo dire, “sovrarazionale”, ossia puramente spirituale. Non affermiamo con questo una tesi nuova, ci riferiamo piuttosto alla conoscenza del simbolismo così come esso si trova in ogni autentica tradizione, e così come è stata esposta da autori come René Guénon, Ananda Coomaraswamy e Frithjof Schuon.

    Ciò che desideriamo affermare è un principio: la simbologia dello specchio è a questo riguardo particolarmente istruttiva giacché lo specchio è, in un certo senso, il simbolo dei simboli. E in effetti possibile considerare la simbologia come il riflesso figurato delle idee non riducibili o degli archetipi. L’apostolo Paolo dice: “Noi ora vediamo in uno specchio, in enigma, ma verrà un tempo in cui vedremo faccia a faccia. Ora la mia scienza è parziale, ma verrà un tempo in cui io conoscerò per intero, come sono conosciuto” (I Corinti, 13, 12).

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    Qual è lo specchio in cui il simbolo appare come immagine di un archetipo eterno? Innanzi tutto l’immaginazione, qualora si consideri il carattere figurativo, “plastico”, del simbolo, contrariamente alla nozione astratta. Ma, in un senso più ampio, è la ragione che, in quanto capacità di conoscere e di discernere, riflette il puro spirito; e in un senso ancora più ampio, lo spirito stesso è lo specchio dell’Essere assoluto. Plotino dice dello spirito assoluto (nous) che esso contempla l’Uno infinito e che, attraverso questa visione che non è mai in grado di cogliere compiutamente il proprio oggetto, evidenzia il mondo come un’immagine sempre incompleta; è come un ininterrotto riflesso spezzato. Secondo il verbo del profeta Mohammed “Vi è per ogni cosa un mezzo per levigarla e ripulirla dalla ruggine. E ciò che serve a levigare il cuore, è il ricordo (dhikr) di Dio”. Il cuore, il vero centro dell’essere umano, è dunque come uno specchio che deve essere puro per poter ricevere la luce dello spirito divino. Proviamo a stabilire un confronto con il seguente dogma del buddismo T’chan del Nord: “Tutti gli esseri possiedono all’origine l’illuminazione spirituale, nello stesso modo in cui è nella natura dello specchio splendere. Se al contrario le passioni velano lo specchio, esso è allora invisibile, come se fosse ricoperto di polvere. Se i pensieri malvagi sono dominati e distrutti secondo le indicazioni del Maestro, essi cesseranno di manifestarsi. Allora lo spirito sarà rischiarato, secondo la sua stessa natura, e nulla vi resterà nascosto. È come la politura di uno specchio…” (Tsung-mt). Questa frase potrebbe trovarsi altrettanto bene in un testo sufi, ossia in un testo di mistica islamica. Quando il cuore è divenuto un puro specchio, allora il mondo vi si riflette come realmente è, ossia senza le deformazioni derivanti dal pensiero passionale. D’altro canto, il cuore riflette la verità divina in modo più o meno diretto, ossia dapprima sotto forma di simboli (ishârât), poi sotto forma di qualità spirituali (çifât) o di entità (a’yân), che sono la base dei simboli, e infine come verità divine (haqîqah).

    Ricordiamo qui lo specchio sacro che ha una così grande funzione nelle tradizioni Tao e Shinto. Lo specchio sacro della tradizione Shinto, conservato nel tempio di Ise, rappresenta la verità o la veracità. Secondo la leggenda, venne fabbricato dagli dei per indurre la dea del Sole Amaterasu ad uscire dalla grotta in cui si era ritirata, in preda alla collera, e per restituire così la luce a mondo. Quando la dea lanciò uno sguardo all’esterno vide la propria luce nello specchio, la scambiò per un secondo sole e, spinta dalla curiosità, uscì dalla grotta. Questo suggerisce, tra l’altro, che il cuore, per la sua capacità di riflettere – per la sua veracità – attrae la luce divina.

    Tutto quanto concerne la legge della riflessione può essere ugualmente utilizzato per descrivere il processo spirituale corrispondente. Secondo questi termini, l’immagine riflessa si comporta in maniera inversa rispetto all’immagine originaria. Così la Realtà divina, che abbraccia ogni cosa, appare nella sua immagine speculare come un centro ridotto a un punto inafferrabile. La felicità dell’Essere puro appare nel suo riflesso come un rigore che annienta, l’eternità come un momento fuggevole, e così via. Secondo la legge della riflessione l’immagine riflessa è simile all’immagine originaria da un punto di vista qualitativo, pur distinguendosi materialmente da essa; il simbolo è il suo archetipo, nella misura in cui si faccia astrazione dai suoi limiti materiali – o immaginabili – e in cui si consideri solo la natura che gli è propria. In base alla legge della riflessione d’altronde l’immagine originaria appare più o meno completa e precisa, secondo la forma e la posizione dello specchio.

    Ciò è ugualmente valido per la riflessione spirituale, ed è per questo che i maestri del sufismo dicono abitualmente che Dio si manifesta al proprio servitore secondo la disposizione e le attitudini del suo cuore. In un certo senso, Dio sposa la forma spirituale del cuore, esattamente come l’acqua assume il colore del suo recipiente. In questo senso, lo specchio del cuore viene anche paragonato alla luna che riflette la luce del sole in maniera più o meno perfetta secondo la sua posizione nello spazio. La luna è l’anima (nâfs), che è rischiarata dallo spirito puro (rûh), ma ancora prigioniera del temporale essa subisce un mutamento (tal-wîn) al livello della sua ricettività. Il processo della riflessione è forse il simbolo più perfetto per il “processo” della conoscenza che la ragione non riesce ad esaurire completamente quanto al suo significato. Lo specchio è ciò che esso riflette, nella misura esatta in cui lo riflette.

    Finché il cuore – o lo spirito di conoscenza – riflette il mondo molteplice, esso è questo mondo, al modo di questo mondo, ossia con la separazione tra l’oggetto e il soggetto, l’interiore e l’esteriore. Ma nella misura in cui lo specchio del cuore riflette l’Essere divino, esso lo è contemporaneamente, nella maniera totale, indivisa, dell’Essere puro. E in questo senso che l’apostolo Paolo afferma: “Ma ora si riflette in noi tutti la luce del Signore a viso scoperto, e noi siamo illuminati nella stessa immagine da una luce all’altra…”.

    magritte_specchio
    magritte-specchioConsideriamo ora lo stesso simbolo da un altro punto di vista. Hasan al-Basri, uno dei primi mistici dell’Islam, paragona il mondo nel suo rapporto con Dio al riflesso, che il sole proietta su una superficie d’acqua. Tutto ciò che possiamo percepire di questo riflesso proviene dalla sua immagine originaria, ma essa è indipendente dalla propria immagine riflessa e infinitamente superiore ad essa. Per meglio comprendere questo simbolo secondo la dottrina dell'”unità dell’esistenza” (wahdat al-wujûd), che occupa un posto fondamentale nella mistica islamica, è necessario ricordare che la luce rappresenta l’Essere e, di conseguenza, che l’oscurità rappresenta il nulla; che quanto è visibile è la presenza e che quanto non è visibile è l’assenza. Non si vede nello specchio che ciò che vi si riflette. L’esistenza dello specchio è tradita dalla possibilità di questo riflesso. In quanto tale, tuttavia, senza la luce che cade su di lui, lo specchio è invisibile, e ciò significa, secondo il senso del simbolo, che esso non è specchio in quanto tale. Esiste dunque un legame con la teoria indiana della Maya, la forza divina in virtù del cui potere l’infinito si manifesta in modo finito dissimulandosi sotto il velo dell’illusione. Tale illusione consiste precisamente nel fatto che la manifestazione, e ugualmente il riflesso, appare come qualcosa che esiste al di fuori dell’unità infinita. È la Maya che produce questo effetto – essa che, al di fuori dei riflessi che su di lei si proiettano, non è altro che una semplice possibilità o una capacità dell’infinito. Se il mondo in quanto totalità è lo specchio di Dio, allora l’uomo, nella sua natura originaria, che qualitativamente riassume in se stessa il mondo intero, è a maggior ragione lo specchio dell’Uno. A questo proposito, Muhýd-Din Ibn ‘Arabî (XII secolo) scrive: “Dio (al-haqq) volle vedere le essenze (a’yân) dei Suoi Nomi perfettissimi (al-asmâ al-husnâ), che il numero non è in grado di esaurire, – e se preferisci puoi ugualmente dire: Dio volle vedere la Sua essenza (‘ayn) sotto forma di oggetto (kawn) globale che, essendo dotato di esistenza (al-wujûd), riassume tutto l’ordine divino (al-amr), per manifestare in tal modo il Suo mistero (sirr) a Se stesso. Giacché la visione (ru’yâ) che l’essere ha di se stesso in se stesso non è simile a quella che gli offre un’altra realtà di cui si serve come di uno specchio: attraverso di esso egli si manifesta a se stesso nella forma risultante dal “luogo” della visione; quest’ultima non esisterebbe senza il “piano di riflessione” e il raggio che in esso si riflette…”. Questo oggetto, commenta Ibn ‘Arabi, è da una parte la materia originaria (al-qâbil), dall’altra Adamo; la materia originaria è in una certa misura lo specchio ancora oscuro e in cui non è ancora apparsa alcuna luce, ma Adamo al contrario è “la limpidezza stessa di questo specchio e lo spirito di questa forma”… (Fuçûç al- Hikam, capitolo su Adamo). L’uomo è dunque lo specchio di Dio.

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    Da un altro punto di vista, più segreto, Dio è lo specchio dell’uomo. Nella stessa opera (capitolo su Seth) , Ibn ‘ Arabi scrive ancora: ” …il soggetto che riceve la rivelazione essenziale non vedrà che la propria “forma” nello specchio di Dio; non vedrà Dio – è impossibile che Lo veda – , pur sapendo che egli non vede la propria “forma” nello specchio divino.

    Questo è del tutto analogo a ciò che ha luogo in uno specchio corporeo: contemplandovi delle forme, tu non vedi lo specchio, pur sapendo che tu vedi quelle forme – o la tua stessa forma – soltanto in virtù dello specchio. Dio ha reso manifesto questo fenomeno come simbolo particolarmente appropriato alla Sua rivelazione essenziale, affinché colui al quale Egli Si rivela sappia che egli non Lo vede; non esiste simbolo più diretto e più conforme alla contemplazione e alla rivelazione stessa. Cerca dunque tu stesso di vedere il corpo dello specchio guardando la forma che in esso si riflette; non lo vedrai mai contemporaneamente ad essa. E questo è così vero che alcuni, osservando questa legge delle forme riflesse negli specchi [corporei o spirituali], hanno preteso che la forma riflessa s’interponesse tra la vista di colui che contempla e lo specchio stesso; ed è quanto di più alto essi abbiano raggiunto nel dominio della conoscenza spirituale; ma la realtà è quella che abbiamo espressa poc’anzi (ossia che la forma riflessa non nasconde essenzialmente lo specchio, ma che questo la manifesta).

    Se tu assapori ciò, assapori l’estremo limite che la creatura in quanto tale possa raggiungere (nella sua conoscenza “oggettiva”); non aspirare dunque a nulla al di là di questo e non affaticare la tua anima ma nel tentativo di superare tale grado, giacché vi troveresti, in principio e definitivamente, soltanto pura non-esistenza (l’Essenza essendo non- manifestata)…”.
    Su questo tema, Mastro Eckhart ha scritto: “L’anima contempla se stessa nello specchio della divinità. Dio stesso è lo specchio che egli svela e che egli vela a chi vuole… Nell’esatta misura in cui l’anima è in grado di oltrepassare ogni, parola, in questa misura essa si avvicina allo specchio. E nello specchio che si compie l’unione come un’uguaglianza pura e indifferenziata”. Il sufi Sohrawardì d’Alep (XII secolo) scrive che l’uomo sul cammino del proprio se, scopre dapprima che il mondo intero è contenuto in se stesso, essendo un soggetto conoscente; egli si vede come lo specchio in cui tutti gli archetipi eterni appaiono come forme effimere. Ma in seguito prende coscienza di non possedere alcuna esistenza propria; il suo Io in quanto soggetto gli sfugge e altro non gli resta che Dio come soggetto di ogni conoscenza. E Muhýd-Din Ibn ‘Arabî scrive: “Dio è dunque lo specchio in cui tu vedi te stesso, poiché tu sei il Suo specchio, e in esso Egli contempla i Suoi Nomi. Ed essi non sono altro che Lui stesso, in modo tale che la realtà si rovescia e diviene ambigua…”. In un caso come nell’altro, che Dio sia lo specchio dell’uomo o che l’uomo sia lo specchio di Dio, lo specchio ha sempre il significato di soggetto conoscente che, in quanto tale, non può contemporaneamente essere l’oggetto della conoscenza. Ma questo è valido senza alcuna riserva solo per il soggetto divino, il “testimone” eterno (shahîd) di tutti gli esseri manifestati; è lo specchio infinito, la cui “sostanza” non può essere colta in alcun modo, ma che tuttavia si può in un certo senso conoscere, giacche è possibile sapere che tutti gli esseri possono venir conosciuti soltanto in lui. Tutto ciò ugualmente chiarisce le parole che Dante fa dire ad Adamo, e sulle quali hanno avuto modo di confrontarsi molteplici interpretazioni. Adamo dice del desiderio di Dante:

    perch’io la veggio nel verace speglio
    che fa di se pareglio all’altre cose,
    e nulla face lui di se pareglio.
    (Paradiso, XXVI, w. 106-8).

    E Fârid-ud-Dîn ‘Attar dice:

    Venite, atomi erranti, ritornate verso il vostro centro e divenite lo specchio eterno che avete visto…

    Fonte: centrostudilaruna

    Edited by Ares - 18/7/2016, 17:24
     
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    CITAZIONE (Ares @ 18/7/2016, 17:03) 
    Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi a noi stessi induce a due differenti comportamenti: ritrarci o restare.
    .....
    c’è chi di fronte allo specchio… riflette.....

    ....uno specchio in frantumi riflette tra le proprie schegge un’immagine simile a quel che siamo diventati oggi, piccole luci di un insieme perduto, lievi bagliori di arcobaleni immaginati, irrisolti residui di tempi non spesi.
    ...
    Qual è la verità?Siamo noi, nello specchio, ove quel che è destra diviene sinistra?O siamo altro da noi, in una simmetria rovesciata?
    ...
    in latino significa: “ aspetto esterno” e con spettro: “ ciò che appare”.
    ....
    Gli specchi, secondo varie tradizioni,sarebbero in grado di imprigionare l’interiorità umana,l’anima.
    Anticamente era infatti in uso, nella stanza in cui veniva composto un defunto,coprire gli specchi, per permettere un trapasso sereno nell’aldilà.
    .....
    I nativi americani avevano un timore riverente per gli specchi, scoperti con l’avvento dell’uomo bianco, un timore esteso anche verso le macchine fotografiche, poiché oggetti in grado di “rubare” la parte sacra dell’uomo, la propria immagine: la saggezza tramandata di padre in padre, riconduceva l’immagine all’intimo ed al profondo dell’essere umano, ritenuto emanazione dello Spirito e quindi da rispettare quale segno divino.
    ....

    .....

    E Fârid-ud-Dîn ‘Attar dice:

    Venite, atomi erranti, ritornate verso il vostro centro e divenite lo specchio eterno che avete visto…

    :crying2-onion-head-emoticon:
    Allora Ares, premesso che da quando ho iniziato a leggere il tuo post bellissimo, mi hanno interrotta almeno 10 volte :bad-atmosphere-onion-head-emoti ...le frasi che mi hanno colpito di più sono quelle che son riuscita a comprendere (ossia a sentir più mie) e sono quelle sopra.
    Ho letto anche il resto :ahaaah-onion-head-emoticon: , ma sul divino io sono un pò stranita in genere; almeno non credo che Dio o le divinità, che siano, Dea e divinità in genere, siano argomenti che riesco a "comprendere" soprattutto se c'è di base una dottrina con dogmi e regole ....ma questo fa parte di un altro discorso che non amo neanche fare

    Grazie per il post :bye1-onion-head-emoticon:

    Argomento su cui riflettere :lol1-onion-head-emoticon:
     
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  3. Ares
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    Grazie..direi proprio di si argomento da riflessione...
    Sei troppo gentile,contento vi piaccia il post :bye2-onion-head-emoticon: :-)
     
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    Bravo Ares mi è piaciuto da:

    Tutto..
    A
    ..visto.

    Dunque a chi non sá noi chiediamo di riflettere quando in realtà sta riflettendo in modo inconscio
    Ma riflettere, a tal proposito, un dubbio mi posa tra una meninge e l'altra: chi rifletto te o me stesso, e se siamo divisi comunque siamo due facce.
    "Perciò rifletti e basta, ora sai"

    Un'ultima cosa,
    Se rompi uno specchio sono sette anni di disgrazie, comunque pulisci il disastro.. e prendi un altro riflesso
     
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  5. Ares
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    Prossima volta allora posterò solo una piccola parte :evil-smile-onion-head-emoticon:

    Nah..scherzo è bello ciò che piace e ciò che sentiamo nostro e ci fa sentire qualcosa o comunque ci può far pensare...poi che dire ognuno ha la sua....
    Per il resto "bisogna fare ciò che ci rende felici" e questo porta anche ricollegandomi a ciò ,se quello ti piace ben venga io sono contento:-)

    Però non avete detto perché non vi piace il resto....:-)

    O se comunque vi porta a una riflessione ,perché,perché no..Cosa è come..,è curioso...:-)

    P.S. Come giusto che sia libertà..
    Modificando le mie ultime parole direi "il cosa e come" è curioso,altresì comunque è curioso anche perché quello vi è piaciuto..:-)

    Comunque sia grazie:-)
     
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    Non so come ringraziarti per questo post :wow2-onion-head-emoticon:
    Hai chiarito una delle cose che non riuscivo a cogliere di ciò che lessi in un libro, e gli argomenti che proponi sono davvero descritti bene, complimenti.
     
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  7. Iaryas
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    Grazie del post molto interessante Ares!

    Ricordo anni fa (quando vagavo nel forum come fantasma e leggevo qua e la) che mi contatto un utente del forum,delle mie zone e parlando mi consiglio una specie di meditazione da fare davanti allo specchio, in una sala illuminata solo da una candela nera e aspettare e vedere ciò che rifletteva. Per guardarti dentro, diceva.
    Magari lo farò, non ho mai sentito il bisogno di farlo ma adesso,semmai, per curiosità!
     
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  8. Ares
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    "non ho mai sentito il bisogno di farlo ma adesso,semmai, per curiosità!"

    Tante volte sono le cose che cercano noi,quando ne abbiamo bisogno...A livello spirituale "l'universo sà" tramite il nostro subconscio...Le cose possono arrivare al momento giusto...:-)
     
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  9. Iaryas
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    Eh eh.. ;)
     
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  10. Ares
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    CITAZIONE (Iaryas @ 8/9/2016, 12:56) 
    Eh eh.. ;)

    .....Tutto....guarda le pietre perché quando vai in un negozio e ti attrae quella più di un'altra..E ti Sinti spinto a prenderla... (partendo dal presupposto che ti metti a osservare e ascoltare..Non solo perché è bella)..Mai successo?..E poi quando leggi le caratteristiche,informando... dici "ma cavolo" sembra proprio giusta...o guarda in questo periodo si mi può servire...

    Così per molte altre cose...

    "Qualcuno ha detto che magia è sensibilità..." nel senso più ampio della cosa^^

    Poi magari si può sempre fare dei test pare...Per riscontri,ma basta ascoltare...:-)
     
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  11. Iaryas
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    CITAZIONE (Ares @ 8/9/2016, 13:03) 
    .....Tutto....guarda le pietre perché quando vai in un negozio e ti attrae quella più di un'altra..E ti Sinti spinto a prenderla... (partendo dal presupposto che ti metti a osservare e ascoltare..Non solo perché è bella)..Mai successo?..E poi quando leggi le caratteristiche,informando... dici "ma cavolo" sembra proprio giusta...o guarda in questo periodo si mi può servire...

    Così per molte altre cose...

    "Qualcuno ha detto che magia è sensibilità..." nel senso più ampio della cosa^^

    Poi magari si può sempre fare dei test pare...Per riscontri,ma basta ascoltare...:-)

    Sì concordo pienamente. Con le pietre mi capita spesso. Proprio ultimamente con la fluorite arcobaleno ho avvertito proprio una scossa emotiva! Eh già, la magia è sensibilità :)
     
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  12. angelwitch
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    in molti testi, film, leggende e racconti si vede e si legge che sugli specchi o ai contorni degli specchi si incidono/disegnano delle rune per ottenere una determinata cosa.. faccio dei banali esempio .. in castelvania si vede che incidono delle rune per poter vedere dove si trova il castello di dracula mentre dracula le disegna per poter attraversare lo specchio.. in alcuni libri invece ho letto che si usavano per prevedere e o parlare con i defunti anzi perfino vederli... mia nonna invece mi raccontava che nei tempi antichi si usava non solo per riflettere il male che gettavano sulla casa le altre persone ma si potevano intrappolare spiriti maligni ma bisognava fare attenzione a non romperlo o lo spirito si sarebbe liberato.. sapete dirmi qualcosa a riguardo? cosa c é di vero?
     
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11 replies since 18/7/2016, 16:03   3189 views
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